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Liguria e Basso Piemonte

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Savona, l’ambiente e il turismo. Quanti modi per rovinare un territorio a vocazione turistica? Il rigassificatore. La città e il suo patrimonio verde


Quanti sono i modi per rovinare un territorio a vocazione turistica? Savona ed il suo comprensorio ne ha già sperimentati un buon numero. Riprendiamo tre capitoli dal libro Véi åncö, dumàn’. I volumi sono reperibili per ora dalla libreria Paoline di Savona.

di Alessandro Venturelli

È impossibile non citare la devastazione dei primi stabilimenti balneari italiani, nella zona di Miramare, serviti peraltro da un grande albergo, a scapito della costruzione delle funivie per il trasporto del carbone Savona – San Giuseppe (curiosamente, quell’impianto che ha avuto un impatto ambientale così importante è oggi fermo a causa del crollo di un pilastro mai riparato a partire dal 2019 e le strade cittadine sono invase da camion).

Era davvero l’unico spazio ove realizzare l’impianto?

Dal 2010 la stazione a mare, sostituita da un sistema sotterraneo che parte dagli Alti Fondali non è più funzionante: perché dopo 14 anni l’area non è stata ancora riqualificata?

La vicina Vado Ligure ha pagato negli anni un grande prezzo, soprattutto in termini di salute, a causa della centrale elettrica, i cui effetti negativi sono ahimè, ben noti.

Basterebbero questi due esempi per spiegare che il nostro capoluogo ha ampiamente pagato il dazio all’industrializzazione ed alla logistica! Nonostante la svolta turistica con la quale Savona ha reinventato posti di lavoro, dopo la deindustrializzazione degli anni ’90, svolta che vede la città visitata da centinaia di migliaia di turisti e croceristi, periodicamente qualcuno prova a progettare, proporre ed imporre iniziative dal carattere potenzialmente devastante.

Stiamo parlando del progetto per la costruzione di nove depositi di bitume di altezza tra gli 8 ed i 19 metri a pochi metri dalle attività ricettive della darsena di Savona, avvallato nel 2013 dalla Regione Liguria (Giunta Burlando) e di quello per l’installazione del rigassificatore Golar Tundra ad una distanza di meno di 2 chilometri dalle spiagge di Savona, come da volontà del Commissario Straordinario Toti, esattamente dieci anni più tardi.

Il rigassificatore a Vado Ligure-

Le irragionevoli politiche energetiche seguite dal nostro paese, all’interno di decisioni comuni dell’Unione Europea, hanno previsto di diminuire drasticamente l’utilizzo di gas naturale, specie quello russo, che giunge nel nostro Belpaese attraverso pratici gasdotti con ridottissimo impatto sul trasporto, in favore di gas liquefatto.

È doveroso ricordare che il processo di liquefazione del gas consiste nel portarlo ad una temperatura di -160° per ridurne il suo volume e consentirne uno spostamento via nave. Al termine del trasporto è necessario un processo di rigassificazione, ottenibile con il riscaldamento del gas, prima che lo stesso venga immesso nella rete di distribuzione.

Notiamo che, in termini di raffreddamento, trasporto e riscaldamento, il processo ha un’impronta ambientale nettamente superiore rispetto al trasporto via metanodotto dal paese d’origine, così come superiori sono, inevitabilmente, i costi, che vanno ad incidere sulle bollette dei consumatori.

Acquistata nel 2022 da SNAM, la nave Golar Tundra, a partire da marzo 2023 è attraccata ad una banchina del porto di Piombino, dove riporta in condizioni gassose il GNL proveniente principalmente da USA, Qatar, Algeria e Russia. Sempre in tema ambientale, è bene sottolineare che importiamo dagli USA anche il famigerato gas di scisto, ottenuto dalla fratturazione idraulica, procedura pericolosa e devastante dal punto di vista ambientale. Ne siamo tutti consapevoli?

Tornando al rigassificatore, la decisione di spostarlo da Piombino a Vado Ligure è puramente di stampo politico, fortemente voluta dal Presidente della Regione e Commissario Straordinario Giovanni Toti che contrasta con le elementari norme di sicurezza (decine le segnalazioni dei Vigili del Fuoco e di altri enti su aspetti di pericolosità del progetto che hanno costretto Snam a ritirare il rapporto preliminare di sicurezza), ambientali, sia a livello di mare che di entroterra (la piana di Valleggia, con le sue preziose albicocche, vigne di granaccia ed ulivi verrebbe irrimediabilmente colpita) e – non ultimo – economico, visto che secondo l’autorevole parere di ENI, questo trasferimento comporterà un aumento del costo del gas spalmato sulle bollette degli utenti.

I vantaggi? Ad oggi sconosciuti.

Sconosciuti sono anche gli effetti che le recentissime vicende giudiziarie del Commissario Straordinario e il ritiro del rapporto sulla sicurezza di SNAM potranno avere sul ricollocamento dell’impianto, a partire dalle tempistiche e, speriamo, sull’intera attuabilità del progetto.

Savona e il suo patrimonio verde-

Come noto e ampiamente divulgato, la presenza di essenze arboree nel contesto urbano registra una serie di benefici, quali, tra gli altri, il miglioramento della qualità dell’aria, la mitigazione delle isole di calore create da asfalto e cemento, l’assorbimento delle onde acustiche, il contributo positivo alla permeabilità del suolo. Non trascurabili infine i benefici per la salute fisica e morale con l’offerta di spazi dedicati al relax ed all’attività all’aria aperta.

Quale, allora, la situazione del verde pubblico nel nostro capoluogo?

Abbracciata da colline ad ampia densità boschiva che garantiscono una buona qualità dell’aria, è sotto gli occhi di tutti che Savona potrebbe fare di più dal punto di vista del verde urbano.

Negli ultimi anni sono stati fatti alcuni passi avanti, come la piantumazione di essenze in Piazza del Popolo ed in Corso Italia al posto di alberi seccati, la realizzazione ex novo di un filare di mirto crespo in via Giacchero e il rifacimento della parte di ponente dei giardini del Prolungamento ma molto resta ancora da fare.

Sempre parlando del Prolungamento a mare, occorre un intervento radicale per riempire i molti “buchi” nei filari, a partire da Viale Alighieri, sino ad arrivare al monumento a Garibaldi, dove oramai le aiuole sono coperte da asfalto con molti spazi vuoti attorno alla vasca e nella parte sotto il Priamar.

Guardando Corso Mazzini, non si può fare a meno di notare l’assenza del filare a sinistra (in direzione mare), i cui ultimi esemplari sono stati tagliati all’inizio degli anni 2000.

Molti sono i vuoti da colmare, anche in zone ad alto pregio architettonico e ad altissima frequentazione: le aiuole di piazza Sisto, che mal si conciliano con il nuovo verde in Via Manzoni, Piazza Giulio II, il cui lato opposto rispetto al San Paolo conta solo tre alberi sui dieci originari, Corso Italia e Piazza del Popolo, oltre ai numerosi giardini pubblici, specialmente quelli in prossimità di scuole, che dovrebbero fungere anche da esempio educativo sulla cura del verde.

Impossibile elencare tutti i luoghi dai quali le piante sono scomparse (Piazza Brennero ed il tratto di Corso Mazzini di fronte al Priamar sono solo due esempi), ma un’azione attenta ed efficace dovrebbe riportare il verde in modo armonico e preciso laddove manca.

E, perché no, progettare nuovi spazi laddove i contesti di vie e piazze lo permettano.

Alessandro Venturelli


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