Il mio primo ricordo con lo sport risale a quando avevo cinque anni ed era destino che fosse legato al ciclismo.
di Willy (Guglielmo) Olivero
Nitidamente sento mio padre Mario prima urlare e poi piangere per la vittoria di Felice Gimondi al Tour de France.
Io e lui a fissare un televisore in bianco e nero e ascoltare il commento di Adriano De Zan. Dunque, al contrario di tanti bambini nati nei primi anni 60, il mio primo approccio con lo sport è stato legato ad un evento lieto e non infausto come la disfatta della Nazionale di calcio contro la Corea.
E il ciclismo, per passione di padre, mi ha poi accompagnato nel crescere fino a conoscere Vittorio Adorni, il rivale di Gimondi, quando avevo sette anni.
A nove invece ero in un angolino, nascosto dalle inquadrature, quando la principessa Grace diede il via alla prima Montecarlo-Alassio.
E a casa dei miei genitori venivano i grandi campioni come Gianni Motta e giornalisti monumento come Beppe Conti.
Sono ricordi ai quali sono legato e che si accomunano a quello della visita di Gino Bartali all’istituto Bartalini di Alassio, e con quel gioco di cognomi sai come andava a nozze il Ginetaccio. Quel Gino Bartali che ritroverò poi una sera in occasione della presentazione del Trofeo Strazzi organizzato dal Pedale Albenganese: era diverso, sorridente, ma con la voce sempre più roca e la voglia di sputare qualcosa di grande che solo per il clima della festa esporrà alcuni giorni dopo, svelando il suo ruolo nella Seconda Guerra Mondiale, salvatore di tanti ebrei e poi nominato Giusto tra le Nazioni.
La mia nostalgia canaglia mi porta a ricordare anche una serata a Savona con Alessandra De Stefano, amante del ciclismo e che venne a presentare lo splendido libro che raccontava il legame tra Coppi e la Dama Bianca. Grande Alessandra una giornalista troppo innovativa per reggere, nominata alla guida di Raisport, a chi non vuole mai mollare la poltrona. Costretta a lasciare e ora corrispondente a Parigi, dove prenderà il posto di Giovanna Botteri.
Avrei voluto conoscere Pantani, del quale come tutti conservo la domenica di Oropa , la doppietta Giro e Tour e del quale ho sempre condiviso quella sua fatica, quella tristezza che leggevi nel suo volto. Ho invece conosciuto Fabio Casartelli, splendido vincitore di due Montecarlo-Alassio e oro olimpico a Barcellona.
Ero al mare quel maledetto mercoledì di luglio del 1995, pronto per poi andare a casa a vedere le fasi finali della tappa. Ricordo il viso pieno di lacrime di mio padre quando mi apri la porta e la TV che trasmetteva muta, senza commento. Fabio era morto picchiando la testa su una maledetta discesa. Aveva firmato il contratto con la Motorola, la squadra di Lance Armstrong. Il giorno dopo tutta la squadra venne lasciata andare via all’ultimo chilometro, per alzare le mani al cielo cercando disperatamente una risposta. Finito il Tour Fabio sarebbe venuto ad Alassio per qualche giorno con il suo amore Annalisa. E io avevo tante domande da fargli, compresa quella di un mio sospetto personale su Armstrong. Quelle domande ĺe ricordo ancora e presto, rivedendo Fabio, avrò finalmente una risposta.
Willy (Guglielmo) Olivero