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Le mie estati a Spotorno! Bambino negli anni ’60. Il romanzo ‘Alba dei miracoli’ di Teresio Asola


Teresio Asola, autore torinese di origine albese, laureato in lingue, 33 anni di lavoro in aziende, è in libreria con l’undicesimo romanzo. ‘Alba dei miracoli’, per Araba Fenice di Cuneo.

Asola: “Quante estati a Spotorno, bambino negli anni ’60! Ne ho parlato nel romanzo “Alba dei miracoli”. Ero un bambino albeseche ogni estate andava in villeggiatura qualche settimana a Spotorno. Ecco vorrei proporre un brevissimo estratto spotornese”.

“(…) Arrivò l’estate, sulle note facili del Luglio di Riccardo del Turco, che a me piaceva solo per non darla vinta a Liuba che prediligeva Antoine e Mal dei Primitives. 

A luglio tornammo a Spotorno, di nuovo in casa d’affitto perché un mese costava meno di due settimane della pensione Lina dov’eravamo andati la prima estate, quando non avevo ancora un anno. Come gli anni precedenti, l’alloggetto ce l’aveva proposto l’agente immobiliare Giongo: secondo me e Liuba un agente segreto come James Bond, convinzione inculcata da papà che per farci ridere si metteva sull’attenti in boxer bianchi tipo calciatore della Juve, e militarmente salutava «agente Giongo a rapporto».

L’appartamento si trovava vicino a un ristorante dove la domenica compravamo due cartocci di frittura di pesce da asporto. A metà della via principale vendevano sempre i krapfen grandi, e in fondo – vicino alla chiesa – la pizzetta che avevo creduto capace di resuscitare i morti. La sera, una volta la settimana, ci si sedeva al dehors del bar Colombo per un gelato; tra i tavoli passavano gatti cui tiravo la coda per trarli a me, da seduto: «Come se tirassi su le reti», mi sgridavano papà e mamma.

In quei giorni al televisore del bar Sirio di Spotorno apprendemmo della condanna all’ergastolo di tre componenti della banda Cavallero e a dodici anni e sette mesi per il quarto, e che alla lettura della sentenza i condannati avevano cantato Figli dell’officina. Non feci domande a papà, velato da una nube di fumo di sigaretta.”

Teresio Asola è nato ad Alba e risiede a Torino. Laureato in Lingue, tre figli, trentatrè anni di lavoro in aziende. Ha pubblicato 11 romanzi

Il testo da cui trae origine questo libro è il mio precedente L’Alba dei miracoli, pubblicato da Araba Fenice nel 2016 e esaurito pochi mesi dopo grazie all’affetto dei lettori e a buoni giudizi (Roberto Piumini, Margherita Oggero, Marisa Fenoglio tra gli altri).

Quando due anni fa l’editore mi diede notizia di volerlo ripubblicare, proposi di lavorare sul testo: quando si è invitati a una festa ci si dà un’aggiustata. Senza fretta – in compagnia dei personaggi del romanzo – l’ho ripensato, arricchito di spunti, semplificato, smontato, riordinato e riassemblato; l’ho riscritto rinfrescandone il lessico, espungendo spiegazioni dal narrato e ricollocando parti descrittive per offrire alla storia maggior nitidezza e fluidità, nel rispetto dell’impianto originario e delle vicende che lo avevano informato: un nuovo vestito per rendere miglior servizio al lettore, sia che scopra ora questa storia, sia che lo voglia rileggere come nuovo romanzo.

ALBA DEI MIRACOLI fa rivivere quelle storie semiserie intrise di memorie, sensazioni, umori, profumi, coraggio, speranze, nuove albe degli anni formidabili del miracolo economico della nostra infanzia e di quella dei nostri genitori e nonni, momenti in cui non ci si piangeva addosso e che hanno cambiato il nostro mondo e ci appartengono.

Con questo romanzo di formazione – tratto da storie vere di famiglia e di cronaca – vengono riproposti, in forma più fresca, il clima, l’allegria, la vivacità e le fatiche di quel formidabile periodo in cui si rideva, si credeva alle favole e si lavorava per realizzare i miracoli di cui eravamo figli, attraverso le vicende di un bambino e una famiglia nella città miracolosa per eccellenza, Alba, tra 1960 e 1975: il boom, il travolgente sviluppo economico e industriale che dal ’53 riplasmò usi, sconvolse abitudini, fece spostare persone dal Sud al Nord e impennare la curva delle nascite e ridisegnò paesaggi agresti e urbani (non sempre in meglio).

Ritroveremo noi stessi – sguardi, gioie, debolezze,  paure, speranze – nella famiglia piccolo borghese di Alba, città emblema dell’euforia vitale e della ripresa post-bellica, che vive opportunità e contraddizioni al pari di grandi agglomerati urbani come Torino, ma con minori affanni. Un dolce microcosmo in trasformazione, che osserva (dalle pagine della «Stampa» e da sempre più numerosi televisori) un mondo che corre persino più di loro, sullo sfondo di avvenimenti del presente e del passato vissuti nel divenire o nei racconti, e che punta alla Luna e allo spazio mentre si addensano le prime nubi all’orizzonte.

Un “mondo piccolo”, avrebbe detto Guareschi, osservato nel colmo del suo crescere, ricco di storie, sogni e imprese, affacciato a un panorama via via più ampio che si manifesta da radio, giornali e tivù. Un’isola felice di qua da Langhe e Tanaro dove tutto abbonda in un profluvio di novità, in cui però germogliano anche semi di malora, come testimoniano gli articoli letti dai genitori del protagonista a proposito di un altro ragazzo, sfortunato ma desideroso di rivalsa – parentesi agra in un mondo apparentemente perfetto – che parlano di coraggio e tenacia, doti necessarie ad abbracciare future sfide, successive all’interruzione del programma lunare, alla crisi energetica e alla stagione del terrorismo di destra e di sinistra. Ma come i miracoli non piovono per caso e devono essere sostenuti dall’impegno quotidiano senza aspettare tesori e controverse fortune, così ci si può risollevare da una malora – povertà o terrorismo che sia – dopo essersi rialzati da una guerra. Basta volerlo, e lavorare a tal fine.

***

SINOSSI- Crispino, bambino figlio del miracolo economico, negli anni ‘60 e primi ‘70 vive ad Alba, città speciale per visioni e capacità di realizzarle, dove si vola come razzi nello spazio. La frontiera è lo sviluppo industriale, da conquistare come la Luna grazie all’inventiva, al lavoro e alla capacità di guardare lontano con radici al suolo, in barba alle chiacchiere di osteria che favoleggiano di fortuna, tesori e miracoli. Partorito accanto a un piatto d’insalata russa con una levatrice dalla bocca buona, Crispino, scriminatura perfetta e farfallini a elastico, è allergico al calcio, al teatro e all’aritmetica ma ha tre fidanzate a loro insaputa e vuol fare l’astronauta.

Con lui la madre, caduta in pentola da bambina, il padre geometra impegnato ad arginare la piena urbanistica, la sorella maggiore rivelatrice di segreti, l’amico Alex che a nove anni in cortile manovra la 1100 e costruisce barche, la madrina sarda con accento di Langa, un parentado variopinto. Attorno, industrie e una commedia umana di guardie burlone, barbieri chitarristi, maestri partigiani, morti che evaporano, eroi, fanfaroni che trasformano acqua in benzina e tartufi in elisir d’amore. Intanto, vagoni ferroviari sfilano per le strade a portare il cacao alla fabbrica del cioccolato, la cui titolare regala rose e distribuisce ricchezze.

Persino in quell’isola felice in cui i problemi paiono lontani e tutto sembra abbondare in un profluvio di novità, si addensano nuvole. Quando Crispino trova la sua Luna, nel mondo qualcosa s’inceppa. Ci si potrà risollevare da malora e terrorismo? Si potrà ripartire, come nel dopoguerra?

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PREFAZIONE DI ROBERTO PIUMINI- Ci sono romanzi che si leggono con sospetto, o almeno con spirito di sorveglianza, perché nel ritmo, nel tono, nella qualità della parola, ti lasciano avvertire la distanza tra il loro spazio/tempo e il tuo, tra il loro “senso” e il tuo: insomma permettono uno straniamento, che è anche un filtro giudicante e una (parziale) sospensione dell’emozione.

Non è davvero il caso di questo romanzo che fin dall’inizio, con amorosa prepotenza, porta via lo sguardo e l’io, lo intriga d’abbondanza e varianza: lo trascina via come la corda della campana suonata, ex-lege o trasgressivamente, nel racconto, trascinava Crispino in quella vertigine verticale che toglie il fiato, e diventa spasimo, in attesa che la corda, dopo il serpentino aggrovigliamento in basso, riprenda a guizzare in su, e ci si possa aggrappare di nuovo, rabbrividendo: una sola, fra le molte, delle esperienze infantili che la lettura di questo libro mi ha  rinnovato.

Inutile dire che dell’abbondanza (d’immagini, persone, fatti, scene) non bisogna mai lamentarsi, quand’anche fosse sola, quand’anche fosse a volte, come qui, una sfida alla concentrazione. Utile dire, invece, come, nel romanzo di Crispino, l’abbondanza è elargita con l’equilibrio di una pratica zen: il flusso continuo e pieno del ricordo ritmato da un respiro teatrale sempre arguto, sempre ben descritto nei dettagli, sempre goduto in conversazione. Tipica la lunga sequenza in cui, dialogando a bassa voce, in un quieto tempo d’attesa, madre e padre del nascituro svariano su storia pubblica e privata. O quella in cui, attorno al tavolo della festa, mentre il neo-eucarizzato Crispino compie la sua moralistica orgia di cappelletti, il gruppo dei conviviali snocciola un’enciclopedia teatrale popolare, con tutti gli umori e umorismi, i colpi d’occhio “di carattere”, i vezzi fisici e verbali: tutto di grande tradizione letteraria. E sempre il filo, sapientemente ossessivo, del linguaggio, della nominazione antropologicamente annotata, del parlato/dialetto mostrato, commentato, degustato, chiosato, ironizzato: un’ermeneutica tutta d’amore.

Un’abbondanza siffatta di contenuto e forma, oltre al pregio letterario, e nella chiara intenzione di “canto” della memoria, dell’esperienza/esistenziale, dell’universalità/località, è un bel dono.

Di racconti così amichevoli, civici, anti-narcisistici, ce ne fossero.

***

NOTA BIOGRAFICA- Teresio Asola, nato ad Alba (1960), ex direttore di aziende, vive a Torino. Ha pubblicato poesie (Diario in frammenti, 1987), firmato un capitolo per Woodrow Clark (Sustainable Communities, 2009), scritto racconti per riviste e raccolte, tradotto narrativa. I romanzi: Volevo vedere l’Africa (2010), All’orizzonte cantano le cascate (2013), L’alba dei miracoli (2016), Mùnscià (2017), Spegnere il buio (2019), Raccontare troppo (2019), Tu, Bianca e Johnny (2020), Zuruni (2021), Che ne pensate di Las Vegas? (2021), As Time goes by. In the Name of a Father (2021, in inglese), Alba dei miracoli (2024). Ha tradotto Amore e guerra in Alta Langa (2024) di Suzanne Hoffman.


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