Le bombe colpirono la città di Savona ed il suo circondario, a causa di attacchi terroristici, commessi tra l’aprile 1974 ed il maggio 1975.
di Gianfranco Barcella
Questi attentati di matrice ancora ignota provocarono un morto, venti feriti oltre ad ingenti danni ad edifici pubblici e privati. In questo contesto almeno due stragi, furono evitate per pura casualità e per la pronta reazione dei cittadini presenti in loco.
Il 30 Aprile 1974, alla vigilia dei festeggiamenti per il primo maggio, una bomba al plastico esplose nel centro di Savona, a poca distanza da una sala cinematografica dove veniva proiettato il film di Lizzani: “MUSSOLINI, ULTIMO ATTO”. L’ordigno, collocato nell’ingresso dell’edificio dove abitava il senatore democristiano dr. Franco Varaldo, provocò ingenti danni allo stabile ma nessun ferito.
All’iniziale sconcerto fece seguito la reazione indignata delle forze democratiche ed antifasciste cittadine e pochi giorni dopo l’attentato si individua la responsabilità dell’organizzazione terroristica di estrema destra Ordine Nero.
Il 9 agosto due bombe al plastico esplodono vicino alla centrale elettrica dell’ Enel di Vado Ligure, a poca distanza da un trasformatore di tensione e soltanto per poco viene sfiorata la tragedia.
Il 9 Novembre dieci chili di esplosivo vengono fatte esplodere nel locale caldaie di Palazzo Nervi, sede della provincia di Savona. L’unico ferito è stato il custode dell’edificio che viene ricoverato all’ospedale in stato di shock, ma i danni subiti dall’edificio furono notevoli e le dimensioni dello scoppio allarmarono l’intera popolazione che si riversò nelle strade cittadine. Nel mattino dello stesso giorno era stato inaugurato un cippo partigiano in memoria di una strage nazifascista e le prime dichiarazioni collegano i due eventi. La cittadinanza risponde convocando una manifestazione di protesta per il giorno seguente.
Tre giorni dopo, nel tardo pomeriggio del 12 novembre, cinque chili di tritolo scoppiano nell’atrio della Scuola Media Bartolomeo Guidobono, vicino alla locale Camera del Lavoro. La sera stessa, una imponente manifestazione si snoda per le strade della città, richiamando partecipanti da tutta le provincia.
Il 16 Novembre altre due bombe vengono fatte esplodere a poche ore, una dall’altra. La prima, a sei chilometri dal centro del capoluogo, in località Santuario, dove un ordigno divelle due metri di binario sopra un viadotto della ferrovia, poco prima della stazione locale; le conseguenze avrebbero potuto essere drammatiche perché poco dopo lo scoppio transitò in quel tratto, il treno proveniente da Alessandria e la tragedia venne evitate soltanto grazie alla prontezza di Quinto Quirini, che si trovava nelle vicinanze e capita la pericolosità della situazione, corse incontro alla locomotiva, chiedendo al macchinista di bloccare la corsa.
Due ore più tardi in città scoppia una seconda bomba davanti alla porta di uno stabile in via dello Sperone. Nel corso della stessa serata alcuni cittadini organizzano spontaneamente la vigilanza popolare in città. L’iniziativa viene in seguito allargata ai Consigli di Quartiere e riceve l’appoggio di partiti, sindacati e istituzioni. Lelio Speranza (FIVL) e il senatore Giovanni Battista Urbani (ANPI) presiedono il comitato della provincia di Savona (comprendente tutti i partiti, le organizzazioni sindacali, le associazioni partigiane, la curia vescovile, l’ amministrazione provinciale) che coordina l’azione di difesa durante gli attentati dinamitardi.
Il 20 novembre una bomba esplode nell’atrio del portone di via Giacchero 22, provocando enormi crolli interni e 13 feriti, tra cui Fanny Dallari, una donna di 92 anni che viene ricoverata in condizioni gravi per essere caduta dal primo piano in seguito al crollo del pavimento, morirà il giorno dopo in ospedale.
Il 23 novembre a Varazze un’autobomba esplode a pochi metri dalla caserma dei Carabinieri ed a Quiliano , in località Cadibona, un ordigno ad alto potenziale esplode sull’autostrada Savona-Torino a poca distanza dalla sede stradale, proiettando ovunque frammenti di guard -rail distrutto.
Il giorno 24 una bomba esplode in prossimità della Prefettura causando otto feriti ed il pomeriggio successivo un altro ordigno esplosivo abbatte completamente un traliccio dell’alta tensione in località Madonna degli Angeli. La rivendicazione, captata dalle frequenze televisive cittadine è: “Qui Ordine Nero. Vi faremo a pezzi”.
Il 26 maggio, l’ultimo attentato: una bomba esplode presso la storica Fortezza di Monte Ciuto, senza causare ulteriori vittime. Le indagini sui fatti, come riportano le cronache locali, subirono pesanti ritardi, e dopo quattro anni furono aperte nel 1979. La loro conclusione risale al 7 luglio 1991 con il decreto di archiviazione sebbene gli elementi raccolti in precedenza, e sviluppati dall’indagine del magistrato Fracantonio Granero e dal successore Maurizio Picozzi, confermassero i legami dei fatti criminosi con logge coperte e contatti internazionali. Rimanevano quindi senza nome i responsabili dei crimini. Delle ‘Bombe di Savona’ non molti lo sanno si occuparono ben 12 magistrati. Oltre al Consiglio Superiore della Magistratura che convocò, tra gli altri, il giornalista di giudiziaria Luciano Corrado a proposito del comportamento di un Procuratore della Repubblica che evitò di coordinare le indagini in un unico ‘fascicolo’ e per questo trasferito a Torino.
Nel marzo 2006 l’inchiesta è stata riaperta dopo un esposto di un avvocato del foro di Bologna; a settembre 2008 avvenne l’audizione, da parte del procuratore di Savona, Vincenzo Scolastico, di esponenti di movimenti politici di Estrema Destra negli Anni Settanta che avrebbero potuto sapere qualcosa sui fatti savonesi. L’aspetto più <apprezzabile> di quell’attacco alla vita democratica savonese e stato espresso dalla partecipazione popolare, come fermento di democrazia dal basso, che ha respinto con grande dignità, compostezza e senso di partecipazione responsabile. Ancora una volta dal basso è scaturito un insegnamento che avrebbe meritato di raggiungere le alte sfere del potere! Si sono formate delle ronde spontanee che vigilavano i quartieri soprattutto di notte.
Mi ricordo che anche noi in famiglia ci sentimmo tutti coinvolti. Si affermò anche l’autorevolezza e la capacità di mobilitazione delle istituzioni e del sindacato. L’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea della Provincia di Savona ha sottolineato quella esemplare vicenda di mobilitazione, di lotta, di vigilanza popolare, ricordando che nel 1978 il presidente della Camera dei Deputati, Pietro Ingrao, alla consegna della Medaglia d’Oro al valor militare per la Resistenza a Savona, volle citare la profonda coscienza antifascista, democratica, civile che ha caratterizzato la storia contemporanea di Savona e la grande capacità organizzativa di un tessuto democratico e di partecipazione fatta di consigli di quartiere, di organizzazioni sindacali di base, delle sezioni dei partiti, delle Associazioni della Resistenza, di Società di Mutuo Soccorso, di parrocchie, di Associazioni culturali, dello sport e del tempo libero.
Il 23 marzo 2006 nasce il <Comitato per la verità sulle stragi e tentate stragi nel savonese nel 1974-1975> con lo scopo di collaborare alla tutela legale delle persone offese e dei parenti delle vittime nei procedimenti giudiziari, di cui promuove la riapertura, e per salvaguardare la memoria storica e la ricerca della verità sugli eventi accaduti in quel periodo. Nel Novembre dello stesso anno la Giunta Comunale di Savona ha deliberato l’adesione al Comitato. Il 12 dicembre 2009, in occasione del quarantesimo anniversario della strage di Piazza Fontana a Milano, il giudice Fiorenza Giorgi, intervistata dal quotidiano on line Savonanews.it, rivela gli aspetti controversi che caratterizzarono le indagini sulle Bombe di Savona.
Alcuni dietrologi hanno sostenuto che le Bombe di Savona furono collocate dai servizi segreti statunitensi per distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica dalla base militare USA di Pian dei Corsi, situata nel comune di Calice Ligure, su una delle sommità del Colle del Melogno, nell’entroterra di Finale Ligure. Questa era, secondo i giornalisti dell’epoca, una base missilistica ed una base militare statunitense che controllava il territorio per prevenire ed evitare l’avvento politico di estremisti alla guida del paese.
Imperava anche una pista iberica e si presumeva anche la mano di Gladio (5 savonesi risultarono iscritti) dietro a quei misfatti.” “C’è la sicurezza di depistaggi nelle indagini- ha affermato Picozzi-”, Nel corso degli anni sono stati due gli indagati, entrambi ormai morti che però non sono mai stati condannati e neppure sono arrivati a processo. Uno era un personaggio molto conosciuto a Savona per le sue simpatie fasciste; il secondo era un estremista. E tra gli inquirenti un sottufficiale risulta aver telefonato proprio a uno dei sospettati.
“Questa non è una vicenda normale e non assomiglia quasi in nessun modo alle tante storie maledette dello stragismo italiano”, ha scritto Massimo Macciò nel suo libro :”Una storia di paese- Le bombe di Savona 1974-75”
Ad oggi la città savonese conserva ancora l’amaro ricordo di quel biennio che ha funestato la sua esistenza tra il 1974 ed 1975. I fatti di quei mesi sono stati indagati e ricostruiti anche nel film- documentario:< Maccaja-Le bombe di Savona>, nato da un progetto interdisciplinare dal Liceo Scientifico O. Grassi di Savona. Maccaja è un film che vuole riflettere sulla memoria collettiva e condivisa. Focus del progetto è la ricostruzione della storia della Bombe di Savona, mai passata nel dimenticatoio, una serie di eventi drammatici. legati al periodo della Strategia della Tensione, durante i quali, tra il 1974 ed il 1975 esplosero dodici ordigni sul territorio urbano savonese. Da tutte queste sciagurate vicende, abbiamo desunto un’unica certezza.
E’ trascorso mezzo secolo ed è ancora da svelare il mistero che ha avvolto tanti attentati, provocati con bombe nere (e strategia della tensione), che fecero un morto e diversi feriti. Ci restano centinaia di pagine di giornali, ore di programmi televisivi con milioni di Italiani, incollati davanti alla TV o alla ricerca del podcast più popolare per cercare di capirne di più ma resta la nebbia anche su molti altri eventi mostruosi irrisolti. Ricordiamo tra tutti, la strage di Piazza della Loggia a Brescia compiuta il 28 Maggio sempre del 1974.
Sarà solo una coincidenza? Lì furono riconosciuti colpevoli e condannati alcuni membri del gruppo neofascista Ordine Nuovo e come mandante fu condannato in appello, il dirigente ordinovista Carlo Maria Maggi. Ma forse si doveva fare maggiore luce sul coinvolgimento dei Servizi Segreti Deviati e negli antri oscuri dello Stato dove si annidavano servitori infedeli. Mi ricordo che fu presentata una legge di iniziativa popolare, proposta dall <Unione Familiari delle Vittime per Stragi> così titolata :”ABOLIZIONE DEL SEGRETO DI STATO PER DELITTI DI STRAGE E DI TERRORISMO” ma il suo iter parlamentare è stato lungo e tortuoso e….infruttuoso.
A mio avviso il Segreto di Stato si rifà ad una concezione fascista dello Stato stesso che non è espressione della somma degli individui-persone che lo costituiscono (come riconosciuto dalla Costituzioni Repubblicana) bensì è la manifestazione di un potere in grado di volere ed agire autonomamente per il conseguimento dei suoi obiettivi.
In particolare con riferimento al nostro Stato di Diritto, si deve sottolineare come la Costituzione Italiana non dà alcuna definizione del concetto di <segreto>, che viene comunque in rilievo in alcune disposizioni costituzionali quali la segretezza della corrispondenza (art.15 Cost.), il divieto di associazione segrete (art.18 Cost.) e di stampa clandestina. La loro limitazione può avvenire soltanto per atto motivato sall’autorità giudiziaria (art111 Cost.). Speriamo nella continua mobilitazione della base democratica!
Gianfranco Barcella
NOTA DI TRUCIOLI.IT – A Savona è vivente un anziano personaggio che, a livello ligure, ha ricoperto importanti ruoli nella Democrazia Cristiana ed ha partecipato ad una riunione nella casa di Bavari del più volte ministro, docente universitario e scrittore, Paolo Emilio Taviani. L’esponente savonese che si è ripromesso di ‘lasciare una testimonianza alla sua morte‘, avrebbe appreso un forte sospetto, pare qualcosa di più, di Taviani a proposito di mandanti. A Savona c’era chi era in rapporti con i Servizi segreti.