Con un Atto dirigenziale lo scorso 12 aprile 2024 la Provincia di Savona ha autorizzato la ripresa dei tagli nella Riserva Naturale Regionale dell’Adelasia.
di Franco Zunino*
Ad essere interessata sarà un’area di circa 80 ettari. L’Associazione Wilderness ha subito inviato una nota di protesta a tutte le autorità competenti, ed integrato l’esposto già presentato alla Procura della Repubblica di Savona.
Premessa. Un miniera d’oro di legname creatasi grazie ad oltre trent’anni e più di non taglio, anche grazie ad una difesa garantita spontaneamente e filantropicamente da una società privata, il cui ricavato dell’estrazione andrà solo per il 5,5% alle casse comunali!
La scrivente Associazione, presa conoscenza dell’Atto dirigenziale con il quale la Provincia di Savona autorizza “Interventi selvicolturali su terreni boscati rientranti nella Z.S.C. IT 322304 ‘Rocca dell’Adelasia’ e nella Riserva Naturale regionale dell’Adelasia“, per l’ennesima volta protesta per la modalità gestionale con la quale un’area dedicata alla CONSERVAZIONE DELLA NATURA (terminologia che ovunque nel mondo indica aree dove la mano dell’uomo non dovrebbe mai interferire sul processi naturali) viene surrettiziamente utilizzata per un’indiretta finalità economica, con interventi selvicolturali tipici di aziende forestali aventi finalità di sfruttamento commerciale dei boschi e non già di preservazione della sua comunità biologica come dovrebbe essere per una Riserva Naturale.
Esprime ancora una volta la propria NETTA opposizione a quanto è stato autorizzato di operare su ben 79,09 ettari della Riserva, dove al taglio degli alberi si assommerà l’apertura e movimenti di terra per la realizzazione e/o sistemazione di strade per l’esbosco.
Tiene a precisare l’incongruenza di quanto col suddetto Atto autorizzativo dirigenziale si consente su un’area non solo in TOTALE proprietà pubblica, ma anche a suo tempo acquistata a tale proprietà per una precisa finalità di conservazione; finalità di “conservazione” cessata con il trasferimento della gestione di questo patrimonio al Comune di Cairo Montenotte. E questo nonostante la sua appartenenza ad una Zona Speciale di Conservazione europea, il cui controllo spetta sia alla Regione che al Governo nazionale, garanti verso l’Unione Europea.
Pur consci della terminologia utilizzata per poter giustificare la suddetta forma di intervento, ma non condivisibile, adottata dall’Atto dirigenziale per poter consentire quanto qui si contesta (“Riserva orientata alla gestione del patrimonio boschivo” e “Aree di sviluppo e finalizzato al miglioramento dei castagneti abbandonati e della struttura delle cenosi boschive presenti“), si ritiene che ciò sia in contrasto con l’etica e la finalità di OGNI Riserva Naturale al mondo, ma che soprattutto violi almeno lo spirito della Legge regionale istitutiva della Riserva Naturale n. 65/2009 le cui finalità stabiliscono.
Articolo 2 (Finalità della riserva naturale regionale dell’Adelasia).
1. Nell’ambito delle finalità generali definite dalla l.r. 12/1995 e successive modifiche ed integrazioni, la riserva naturale regionale dell’Adelasia ha in particolare i seguenti scopi:
a) conservare e valorizzare il patrimonio naturale costituito, in particolare, dalle risorse forestali, dalle risorse idriche, dalle formazioni geologiche, dagli habitat, dalle specie vegetali ed animali rare, endemiche, vulnerabili e dalle relative connessioni con la rete ecologica regionale, in adempimento degli impegni assunti a livello comunitario, così come previsto dalla direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche e dalla direttiva 79/409/CEE del Consiglio, del 2 aprile 1979, concernente la conservazione degli uccelli selvatici;
b) conservare e valorizzare il paesaggio agrario presente nella riserva, quale ecosistema complesso nato dalla equilibrata integrazione fra le risorse degli ambienti naturali ed il loro uso tradizionale da parte della comunità locale;
c) promuovere lo studio, la divulgazione, la fruizione pubblica dei valori e delle peculiarità naturali e culturali dell’area.
Destano non pochi dubbi gli interventi previsti su una tale dimensione spaziale (circa 80 ettari), sebbene intuitivamente spalmabile su diversi anni, in quanto rappresentano un vero e proprio sfruttamento forestale con trazione di legname sia da opera (palificazione e travi da lavoro), sia per trasformazione in truciolato per la produzione di pellet. Questo, tanto più che l’Atto dirigenziale non cita preliminarmente ALCUNO scopo di necessario intervento gestionale per finalità biologiche e e/naturalistiche! Bensì si parla solamente di “interventi selvicolturali su terreni boscati” senza dare alcuna motivazione, salvo il riferimento ad una “richiesta prot. 16921 dell’08/04/2024“. Ma non è questa una VALIDA motivazione per intervenire né in una Zona Speciale di Conservazione né in una Riserva Naturale! Si spera solo che almeno in detta “richiesta” le ragioni siano specificate e che siano attinenti alla finalità è della ZSC e della Riserva Naturale.
Una decisione che, si ripete, sembrerebbe nascondere un PALESE surrettizio interesse produttivo! Cosa che non dovrebbe esistere nella gestione di una Riserva Naturale e di una ZSC (cfr. Risposta ad interrogazione parlamentare europea: “La legislazione nazionale pertinente, ad esempio, in materia di riserve naturali, può applicare criteri più rigorosi
e persino escludere la produzione di legname“)!
Si fa presente che un conto è l’orientamento di una componente naturale, quale potrebbe essere l’eliminazione dell’invasiva e non autoctona quercia rossa o del pino nero, un conto è il voler, non già eliminare l’altrettanto non autoctono castagno, bensì trasformare un ceduo invecchiato in ceduo produttivo per ovvi ed intuibili futuri tagli a ceduo nuovamente “maturo” (quali sono le operazioni selvicolturali per tali forme boschive: le quali, però, non hanno né senso né giustificazione in una Riserva Naturale)! Infatti, l’attuale stato di ceduo invecchiato – peraltro prossimo a divenire “bosco vetusto” per la lunghezza di anni di mancato taglio * –, anziché consentire la lenta moria del castagno e, come sta avvenendo, sua spontanea e naturale sostituzione con la vegetazione forestale originaria, operando il suo taglio si spingerà le antiche ceppaie del castagno a rigettare nuovi polloni, che tra venti o trent’anni riporteranno le ceppaie alla situazione attale di ceduo invecchiato e non già il ritorno della vegetazione naturale originaria!
Prova di ciò sta nel fatto che l’Atto dirigenziale non stabilisce ed autorizza il taglio del solo castagno, come sembrerebbe, ma anche molte altre piante di specie diverse che invece andrebbero preservate in quanto non giustificate da un taglio di riconversione del ceduo di castagno invecchiato! Nella vasta area autorizzata per gli interventi, infatti non sono poche gli alberi di faggio, aceri, carpini, roveri, ontani, ecc. (come attestato dalla stessa Autorizzazione: “cenosi forestale rappresentate da cedui di castagno invecchiati, con presenza secondaria di altre specie (in prevalenza faggio e latifoglie mesofile, compreso ontano nero“) i quali andrebbero TUTTI preservati, visto che lo scopo è la trattazione del ceduo di castagno; mentre l’Atto stabilisce solo che “dovranno essere condotte indagini preliminari all’avvio dei cantieri al fine di salvaguardare gli individui arborei con presenza di fori, fessure o nidi di picchio nero o di altre specie di interesse (es. martora quale specie target di Piano di gestione integrato) e preferibilmente, ove tecnicamente possibile, ricomprendere tali individui all’interno delle isole di biodiversità“. Anche in questo caso è evidente l’intento di ridurre il più possibile la necessità di preservare alberi di faggio e altre specie non di castagno, le quali sono sparse ovunque e non già in “isole”; ma non solo, l’obbligo di creare “isole di non taglio” nasce perlopiù dalle direttiva Habitat per garantire i diritti sui suoli privati e non già per una pubblica proprietà destinata per legge a riserva naturale, per cui tutta la Riserva dovrebbe essere considerata un “isola di non taglio”! (cfr. Risposta ad interrogazione parlamentare europea: “La legislazione nazionale pertinente, ad esempio, in materia di riserve naturali, può applicare criteri più rigorosi e persino escludere la produzione di legname“).
Ora si deve sapere che il picchio e altre specie forestali non utilizzano il “ceduo invecchiato” per nidificare, ma solo alberi di altre specie autoctone. E che, caso mai, solo in residui vecchi castagni da frutto possono essere utilizzati dagli animali, per cui non si può fare ameno di sottintendere che il taglio interesserà non pochi alberi di altre specie. Ma nell’Atto autorizzativo non si fa alcun cenno ad un dichiarato DIVIETO di tagliare gli alberi di castagni da frutto inselvatichiti, né di specie diverse dal castagno, se non per gli “arbusti”!
Ma non solo, per la sopravvivenza del picchio nero o dell’altra fauna forestale, non serve solo preservare alberi di ogni altra specie con “presenza di fori, fessure o nidi di picchio nero o di altre specie di interesse”, ma anche alberi oggi sani o apparentemente tali che solo dopo il loro taglio presentano prove di senescenza o deperimento interno; ovvero, quando non sarà più possibile salvarli dal taglio! Ecco perché NESSUN albero di specie diversa dal Castagno, se proprio si vuole operare solo sul ceduo invecchiato di castagno, si dovrebbe tagliare! Il fatto che si voglia invece intervenire anche su altre essenze, desta molti dubbi sulla VERA FINALITÀ DI QUESTA OPETRAZIONE DI TAGLIO FORESTALE!
L’Autorizzazione dirigenziale stabilisce invece solo che “dovrà essere mantenuta ove possibile, la lettiera del bosco e gli arbusti del sottobosco, preservando le specie legnose sporadiche“; una definizione vaga (“ove possibile”: un termine che si presta ad interpretazione ampiamente permissiva!), che avrebbe dovuto più precisamente stabilire: le specie legnose di ogni altra specie che non sia il castagno. Solo così si preserverebbe l’habitat della fauna forestale e si consentirebbe almeno la preservazione delle specie forestali originarie.
Poco credibile è pertanto che, come sta scritto nell’Atto autorizzativo, siano “compiute le opportune verifiche in ordine alle possibili interferenze con le finalità di conservazione e valorizzazione del patrimonio naturale e del paesaggio agrario presente“, o che, quanto meno, esse siano state fatte con un occhio di riguardo al concetto di una Riserva Naturale e non già di un’azienda forestale!
Assurdo, almeno per ogni serio naturalista, che si possa sostenere che dette operazioni non siano “in contrasto rispetto alle finalità istitutive della Riserva Naturale regionale e dei valori conservazionistici tutelati all’interno della Z.S.C. ‘Rocca dell’Adelasia’“. Si interroghino in merito i tanti accademici delle Facoltà naturalistiche delle nostre università!
Assurdo che tali interventi autorizzativi non “comportino interferenze o alterazioni dell’habitat forestale, limitate temporalmente e mitigabili“. Mitigabili con il ritorno del ceduo di castagno, che tra qualche decennio ricreerà la stessa situazione? Allora, che senso ha intervenire oggi? A meno che… lo scopo sia trarre legname oggi, e poi ancora tra qualche decennio. Ma questo è lo scopo di un’azienda forestale a fini economici! Ma non è lo scopo di una Riserva Naturale!
Assurdo che tutto ciò “non comporta interferenze con le componenti biotiche rappresentate da specie animali e vegetali di interesse conservazionistico, tutelate dalle Direttive ‘Habitat’ e ‘ Uccelli“: si ripete, siamo in una Riserva Naturale dove le componenti biotiche si preservano NON INTERVENENDO con prelievi e asportazioni di materiale biologico! Ma non solo, le norme europee non dovrebbero valere in senso permissivo per la Riserva Naturale di PUBBLICA PROPRIETÀ, essendo state previste per il rispetto dei diritti dei proprietari privati. Ma non già della pubblica proprietà acquista per farne una Riserva Naturale! (Cfr. Risposta ad interrogazione parlamentare europea: “La legislazione nazionale pertinente, ad esempio, in materia di riserve naturali, può applicare criteri più rigorosi e persino escludere la produzione di legname“) .
* Si noti come durante la stesura del Piano di gestione non si sia provveduto ad un’analisi territoriale, documentale e informativa locale, sull’esistenza o meno di tratti di boschi vetusti o prossimi a divenirlo ai sensi del Decreto ministeriale 18.11.201 “Approvazione delle linee guida per l’identificazione delle aree definibili come boschi vetusti”.
Riserva Regionale dell’Adelasia (Savona)
In verde i limiti della Riserva. In rosso l’area che sarà sottoposta a taglio selvicolturale.
Murialdo, 24 Aprile 2024 , Franco Zunino
Segretario Generale Associazione Italiana Wilderness