Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

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Potenziamento della rete logistica in provincia di Savona. Raccontiamoci il passato ma la festa è ormai finita


Tempo fa, forse ieri, magari ieri l’altro. Pensi ad un problema e ti accorgi di essere circondato da opinabilità incontrollabili data la loro complessità, concomitanti decisioni di altrui competenza, cui fanno eco incostanza, incoerenza e tanto, troppo opportunismo.

di Sergio Ravera

Per non sottacere in questa Italia di una società smarrita. Di cittadini, di imprese in una provincia il cui grande peccato si identifica nella ricchezza di idee, ma laddove  le prospettive si consumano in un contesto essenziale, la logistica: con le sue strade, autostrade, ferrovie, funivie, aeroporto. In un mix di inutili scappatoie propinate in questa periferia d’Italia dagli anni sessanta del secolo scorso.

E se in principio collegamenti lungo l’arco costiero e di penetrazione verso l’ormai mitica Padania furono tracciati, il quadro attuale, frutto di antiche peculiarità, ha finito per diventare l’ostacolo insormontabile a disegni di rilancio di tutta la provincia, contribuendo a deteriorarne la stessa immagine: dal turismo all’industria, all’agricoltura.

D’altronde, consumati gli spazi in (una) terraferma – sopratutto nel Levante sebbene sia tutta la Riviera soffocata dalla cupidigia dell’uomo – dimentichi di un mercato che velocemente andava internazionalizzandosi, oltre tutto penalizzati dall’assenza di un disegno organico che aprisse le porte alle imprese e di concerto all’occupazione che stava contraendosi. Trovandoci in tal guisa, oggi, soffocati dalla svendita di una posizione privilegiata nei confronti di regioni di frontiera del Nord Ovest italiano e di nazioni del Centro Europa.

Il precipizio, cui stiamo ai margini, riporta oggi a progettualità che non possono trovare interesse nel capitale privato, tanto meno aperture nello  spaventoso deficit pubblico italiano. Idee trite e ritrite che hanno perso anche in originalità; ambizioni di una svolta concreta che lasciamo ai politici, che entrano in scena sull’onda dell’intasamento di autostrade e di disservizi urbani ed extraurbani che ostacolano la stessa quotidianità.

Vaneglorie riesumate ancora recentemente che hanno trovato sponda in quest’ultime settimane sul tavolo di amministrazioni locali del comprensorio savonese,  in quel lembo di territorio in cui si incuneano il porto antico multipurpose e pochi chilometri oltre, ad occidente, gli scali per contenitori e frutta. Con Genova-Voltri a guardarci dall’alto di grandiose dighe foranee accompagnate sulla terraferma da nuova viabilità,  oltre che da spazi ex-industriali dismessi.

Nel frattempo, illudendoci, si continua a pensare a grandi traguardi. A redigere i soliti documenti che – si ripete – ci riportano a 60 e più anni addietro. Mai quanto oggi con un elenco di infrastrutture “che non possono aspettare poiché  c’è una economia in ballo e la sopravvivenza stessa del territorio”. L’obiettivo è di schierare i 69 Comuni della provincia per “dare forza” ad una mozione dal variegato elenco di cinquantacinque (dicesi 55) infrastrutture con il classico metodo italiano di accontentare un po’ tutti. Ovvero, un po’ tutto del nulla.

Quel tutto fondamentale nella classica logica di paese. Meglio pertanto approfondire l’essenziale che giocare sul niente. Tappezzate A/10 e A/6, rivolgiamo l’attenzione alle esigenze di settori che hanno possibilità di produrre ricchezza diretta: i due scali marittimi, le aree per insediamenti produttivi e l’Aurelia bis; quest’ultima non può non rientrare con forza tra le priorità, laddove accadesse il rovinoso crollo di ponti sulla Genova-Confine francese. E di questi tempi di attriti a valenza internazionale in ogni direzione, tutto è possibile: per il ponente ligure sarebbe un’autentica catastrofe economica.

Orbene, l’auspicio è il veloce superamento dei livelli di confronto tra Amministrazioni, entrando in una fase riflessiva-operativa. Quella di una progettualità che assicuri ricchezza, nuovo valore aggiunto e con esso i finanziamenti necessari nei diversi ambiti terrestri e marittimi.

Ritornando ai tavoli di confronto tra amministrazioni pubbliche territoriali locali, oggi limitate ad una rappresentanza di circa 90mila abitanti nell’intento precipuo di estenderla progressivamente ai 267mila dell’intera provincia: con obiettivi tendenzialmente riproposti. Al di fuori di vaghe indicazioni di progettualità per singola operazione, di ogni lume e disegno  di priorità. Fosse mai che i nostri amministratori rivolgessero il pensiero al ponte di Scilla e Cariddi, all’ampia arcata che negli anni venturi unirebbe la Sicilia al Continente. Savona deve stringere nei tempi, presentando un disegno fondante, complessivo e organico, con priorità che trovino aperture in cospicui finanziamenti. Avvalendosi di tecnici esterni e di casa esperti conoscitori del territorio.

La festa, quella propiziatoria di decenni or sono, da tempo è finita. Nondimeno manchi oculatezza e risolutezza. Il bianco fumo che scaturisce dagli incontri non sia vano auspicio, bensì apporto concreto della nostra terra all’area nord-occidentale italiana per nuovi significativi contributi nell’ordinamento futuro dell’economia.

Sergio Ravera


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