Sanità ligure: tra promesse e realtà, il cittadino attende.
di Antonio Rossello
Recenti rassicurazioni dell’assessore Gratarola sulla sanità ligure, con il 92% di prestazioni erogate in regime pubblico e il taglio alle liste d’attesa promesso per l’estate 2024, offrono uno spunto di riflessione. Da un lato, è positivo che la Regione si impegni a migliorare un servizio fondamentale per il benessere dei cittadini. Dall’altro, la storia recente ci insegna a prendere con cautela le promesse, soprattutto in un campo complesso come la sanità.
Promesse e voli pindarici- Negli ultimi anni, la sanità ligure ha attraversato un periodo turbolento, con tagli al personale, aumento delle liste d’attesa e privatizzazioni che hanno portato a un peggioramento della qualità del servizio. Le promesse di miglioramento, dunque, non possono che suonare come voli pindarici, finché non saranno accompagnate da fatti concreti.
La spending review e il depotenziamento del sistema pubblico- Il sistema sanitario della prima Repubblica, pur con i suoi difetti, garantiva servizi gratuiti a tutti i cittadini. Con la spending review e il coinvolgimento dei privati, il sistema è stato depotenziato, con tagli al personale e ai servizi. I privati, a loro volta, non hanno escluso il pericolo di “mangiatoie”, e in alcuni casi hanno tagliato la qualità e la quantità dei servizi, aumentandone il costo.
Un sistema da Biafra a prezzi da Lussemburgo?-Il pericolo è un sistema sanitario che si avvicina ai costi di un sistema privato, con un servizio da terzo mondo. Una “sanità da Biafra a prezzi da Lussemburgo”, come la definirebbero alcuni critici, forse un po’ burloni.
Liste d’attesa e carenza di personale- Le criticità evidenziate da gran parte dell’opinione pubblica, come le liste d’attesa interminabili e la carenza di personale, sono purtroppo reali e non possono essere ignorate. La promessa di tagliare le liste d’attesa in estate è un obiettivo ambizioso, ma la sua realizzazione dipenderà da azioni concrete e da un impegno serio da parte della Regione.
Conclusione-I cittadini liguri hanno bisogno di una sanità efficiente e accessibile. Le promesse non bastano: servono fatti concreti per migliorare la qualità del servizio e tutelare il diritto alla salute di tutti. La speranza è che la Regione, nel perseguire questo obiettivo, mantenga la rotta e non si perda in voli pindarici.
In attesa di vedere se le promesse saranno mantenute, i cittadini dovrebbero continuare a monitorare la situazione e a far sentire la propria voce.
Antonio Rossello
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2/Critica d’arte tra gesto e segno, quando la Sociatria non c’entra nulla
Il convegno “Sociurgia: dall’opera d’arte all’opera sociale”, tenutosi a Savona il 17 febbraio scorso, di cui è stata data notizia nella scorsa edizione, ha acceso un acceso dibattito sul ruolo della critica d’arte. Di seguito alcune conclusioni.
1. La Sociatria e l’arte: un connubio pericoloso.
Negli ultimi anni, si è talora assistito a tentativi di accostare la Sociatria (cura della società) all’arte, creando una sorta di “Sociatria dell’arte”. Tale disciplina si prefiggerebbe di analizzare gli artisti e le opere d’arte in chiave socio-terapeutica, rischiando però di “medicalizzare” un campo già di per sé complesso e sfuggente a definizioni univoche.
L’arte non è un oggetto sistematico e non va tantomeno ridotta a mero obiettivo di analisi con strumenti di natura sociologica. Il suo valore risiede nella sua capacità di esprimere l’interiorità dell’artista, la sua relazione con il mondo e la sua visione della realtà. La critica d’arte, a sua volta, ha il compito di cogliere questa complessità e di restituirla al pubblico, non di ingabbiare l’opera d’arte in schemi predefiniti e riduttivi.
2. Il narcisismo della “critica militante”.
C’è tuttavia chi, per ostentare una presunta erudizione, utilizza termini come “Sociatria” in maniera prolissa e narcisistica, dando vita a una “critica militante” che non ha nulla a che vedere con la critica d’arte seria e rigorosa.
È un fenomeno che talora ruota attorno ad individui, spesso provenienti da altri campi disciplinari, i quali tentano di riciclarsi nell’arte usando un linguaggio oscuro e complicato, che non fa altro che confondere e allontanare il pubblico. La “Sociatria dell’arte”, nelle loro mani, diventa una iattura, una sterile etichetta che mortifica la vitalità e la complessità dell’arte stessa.
3. La denuncia sociale come unica possibilità.
L’unica accezione in cui il termine “Sociatria” potrebbe avere una qualche legittimità in ambito artistico è quella relativa alla denuncia sociale. L’artista, in quanto individuo sensibile e consapevole, può infatti utilizzare il proprio lavoro per denunciare le ingiustizie e le disparità della società in cui vive.
Comunque, la denuncia sociale non deve mai coincidere con la mera rappresentazione della realtà sociale. L’opera d’arte, per essere efficace, deve saper trasmettere un messaggio di speranza e di cambiamento, e non deve limitarsi a fotografare una realtà negativa.
4. Denuncia sociale in arte: il caso di Alexandre Mora Sverzut.
L’arte può assumere diverse forme e linguaggi, ma uno dei suoi scopi più nobili rimane la denuncia sociale. L’artista, attraverso la sua sensibilità e il suo talento, può portare all’attenzione del pubblico questioni urgenti e ingiustizie che affliggono la società. Un esempio emblematico è Alexandre Mora Sverzut, artista brasiliano che ha fatto della denuncia sociale il fulcro della sua poetica.
Nelle sue opere, Alexandre Mora Sverzut utilizza materiali di riciclo per creare pitture, installazioni, foto e sculture che affrontano tematiche come la metropoli caotica, l’oppressione politica, la discriminazione e le disparità sociali. La sua cifra stilistica si contraddistingue per la centralità dell’inconscio, l’astrattismo figurativo e la forza cromatica.
Le sue opere, pur trattando temi drammatici, assumono spesso un tono ironico e dissacrante, quasi a voler sdrammatizzare la realtà e renderla più accettabile. I tratti e le forme semplici, volutamente infantili, accentuano il contrasto con la gravità dei contenuti, creando un effetto di straniamento che scuote la coscienza del pubblico.
Conclusione- L’arte è un linguaggio universale che non ha bisogno di pseudo-scienze per essere compreso. La critica d’arte deve concentrarsi sul gesto e sul segno, sull’analisi estetica e simbolica dell’opera d’arte, senza scadere in facili riduzionismi o in inutili tecnicismi. La denuncia sociale, quando presente, è un valore aggiunto, non il fulcro dell’arte.
L’artista, con la sua sensibilità e il suo talento, può dare voce a chi non ha voce e scuotere le coscienze di fronte alle ingiustizie del mondo. La critica d’arte, a sua volta, ha il compito di accompagnare il pubblico in questo viaggio, svelando la bellezza e la complessità dell’arte e il suo potere di cambiare il mondo. (Sito ufficiale dell’artista: Alexandre Mora Sverzut – Art Gallery Mora)