Caso Ilva: manca un occhio clinico?
di Antonio Rossello
La questione dell’Ilva in questi anni si è rivelata un pasticcio all’italiana, tanto si è detto, quasi nulla si è fatto. Politica, imprenditoria, sindacati. Nazionalizzazione e privatizzazione a fasi alterne. Ambiente in degrado, disoccupazione latente, sperpero di denaro pubblico, uno scempio.
Ci fosse stato “un occhio clinico” in grado di risolvere la situazione; invece, no tanti buoni a nulla e profittatori riguardo le sorti di una impresa nata negli anni sessanta per dare ricchezza da una terra del sud ed ora divenuta il tallone d’Achille della industria nazionale.
Gli “occhi clinici“, quelli che spacciano titoli e esperienze incredibili, curricula da mille e una notte, come gli intellettuali prezzolati, girano alla larga da questi problemi, vivono nei salotti buoni a discettare di facezie, offrono le loro dotte lezioni dietro più o meno lauto compenso e si innervosiscono se qualcuno, sebbene non titolato come loro, seppur a livello di denuncia sociale, per orgoglio civico si indigna e conduce battaglie sociali per l’ambiente o i posti di lavoro, mettendoci la faccia e gratuitamente.
La cancrena è a tal punto avanzata come si evince dalle ultime notizie: Taranto Ex Ilva, trattativa non stop per evitare lo scontro con Mittal. Una soluzione bonaria è auspicata ma si teme l’amministrazione straordinaria.
Una trattativa serrata, condotta nel massimo riserbo, perché la posta in gioco è altissima. Il futuro dello stabilimento di Taranto è nelle mani dei consulenti legali di Invitalia e Arcelor Mittal. L’agenzia governativa, pronta a diventare azionista di maggioranza, sta provando a definire l’estromissione del gruppo franco-indiano senza strascichi legali. Le cifre della buonuscita ballano tra i 250 e i 400 milioni di euro. L’obiettivo è una risoluzione pacifica che possa consentire subito la ricerca di un nuovo socio privato.
Dalle ultime dichiarazioni, il termine ultimo è la pressoché scaduto, e in caso di fumata nera Acciaierie d’Italia, già chiamata a scongiurare il taglio della fornitura di gas, rischierebbe l’amministrazione straordinaria. Un’ipotesi che preoccupa non poco le imprese creditrici.
La tensione resta alta, nel piazzale di accesso dei camion continua la protesta degli autotrasportatori, senza pagamenti si va verso il blocco delle attività. Il governo punta ad annunciare novità positive nella riunioni programmate con i sindacati. Al consiglio dei ministri si farà informalmente il punto della situazione. Contemporaneamente a Taranto è in atto il presidio delle associazioni ambientaliste per chiedere, al di là della vertenza, la tutela del territorio e della salute dei cittadini.
Questa situazione è la dimostrazione lampante di come la mancanza di un approccio realistico e pragmatico alla questione dell’Ilva abbia portato a un impasse che rischia di compromettere definitivamente il futuro dello stabilimento e di Taranto.
Da un lato, la politica ha tentato di risolvere la questione attraverso la nazionalizzazione, ma senza un piano industriale chiaro e una visione strategica a lungo termine, questa soluzione si è rivelata un fallimento.
Dall’altro, l’imprenditore Arcelor Mittal, pur investendo ingenti somme di denaro nello stabilimento, non è stato in grado di risolvere i problemi ambientali e di sicurezza che da anni affliggono Taranto.
In questo contesto, è necessario un intervento deciso da parte del governo, che metta al centro della questione la tutela dell’ambiente e dei lavoratori.
Un intervento che dovrà essere accompagnato da un piano industriale serio e sostenibile, che possa garantire la continuità produttiva dello stabilimento e la creazione di posti di lavoro.
Solo così sarà possibile trovare una soluzione che possa soddisfare le esigenze di tutti gli attori coinvolti, e che possa garantire un futuro migliore per Taranto.
Antonio Rossello