Il dottor Massimo Conio, primario ospedaliero al Santa Corona, relatore in importanti convegni scientifici, realizzatore di una nuova tecnica non invasiva per rimuovere polipi del colon, denuncia come per le carenze di personale vengano mandati nei reparti giovani medici che ancora frequentano i corsi di specializzazione o appena specializzati. Tutto questo impedisce loro l’acquisizione di un sufficiente bagaglio formativo e richiede anni per completare la formazione.
di Massimo Conio
E’ ormai la regola che i mezzi d’informazione (giornali, televisioni, siti web di ospedali ed Università) utilizzino, in modo inappropriato, il termine “eccellenza”.
Ma qual è il significato che tale termine sottende? Che tutti i medici che lavorano in quel centro sono professionalmente validi? Che la maggior parte dei pazienti trattati ne traggono un beneficio (guarigione o comunque un miglioramento del loro stato di salute)? Che in quel centro si svolge un’attività di ricerca clinica che, oltre alla pubblicazione su riviste scientifiche di livello, possa avere una ricaduta positiva sull’attività offerta ai pazienti?
Nella maggior parte degli articoli pubblicati da molti quotidiani e settimanali non vengono affrontati temi delicati e che il pubblico dovrebbe conoscere.
La cronica carenza di personale fa si che vengano arruolati nelle corsie/reparti giovani medici che stanno ancora frequentando le scuole di specializzazione (o appena specializzati) e medici pensionati. Tuttavia un giovane medico non ha un bagaglio formativo sufficiente ed occorreranno alcuni anni affinché possa completare la sua formazione.
Negli anni ’90 la prestigiosa rivista di gastroenterologia Gut, organo della Società Britannica di Gastroenterologia, analizzò le scuole di specializzazione di gastroenterologia nei vari Paesi dell’Unione Europea. Da questa analisi emerse che i giovani specialisti italiani avrebbero necessitato di un ulteriore periodo formativo di circa 3 anni per raggiungere il livello dei loro colleghi europei.
L’apprendimento dell’endoscopia operativa è complesso e richiede, come altre specialità chirurgiche, un tirocinio dedicato che non può essere disgiunto dalla predisposizione “manuale”del giovane medico. Quindi la formazione endoscopica ricade, nella stragrande maggioranza dei casi, sui medici ospedalieri (non universitari) che devono dedicare una parte cospicua del loro tempo a questo scopo (ovviamente non riconosciuta). Devo aggiungere che alcuni dei giovani medici che ho avuto l’opportunità di incontrare si sono rivelati persone brillanti, desiderose di imparare e soprattutto disposte a fare grandi sacrifici.
Le ASL dovrebbero dare a questi giovani più tempo e più mezzi per completare in modo organico la loro formazione.
Purtroppo questo non accade per almeno un paio di motivi. Il primo è che il sovraccarico di lavoro ospedaliero impedisce ai giovani di studiare in modo adeguato, di avere un tempo protetto da dedicare all’approfondimento scientifico (riunioni periodiche, discussione di casi clinici, preparare progetti per eventualmente pubblicare lavori scientifici che hanno lo scopo di ripensare a lavoro svolto e sviluppare nuove idee).
Il secondo è che gli amministratori, siano essi politici e/o aziendali, non comprendono tale necessità in quanto spingono tutti noi a produrre di più per, ad esempio, ridurre i tempi d’attesa (con rimborsi modesti sia per i medici che per gli infermieri); è difficile comprendere quando non si ha alcuna idea, anche superficiale, di cosa sia la ricerca scientifica ed una attività clinica di elevato livello. In questo modo si rischia di erogare una bassa qualità e di bloccare lo sviluppo armonico di un giovane medico.
Formazione e qualità richiedono strutture moderne, ridotti tempi d’attesa per acquisire le strumentazioni necessarie che spesso arrivano dopo troppi mesi dalle richieste (quando arrivano).
Questa breve scritto è rivolto a tutti gli utenti affinché possano capire che senza risorse adeguate, i medici non possono fare di più.
Massimo Conio
NOTA di Trucioli.it. Sul prossimo numero “Formazione avanzata in endoscopia dei tumori gastrointestinati”. Corsi e seminari (1-4-2024/4-4-2024)-European School of Oncology. Moderatori: Massimo Conio e Peter D. Siersema
2/LA STAMPA DEL 3 OTTOBRE 2022
E’possibile rimuovere polipi del colon, anche di grosse dimensioni, in fase precancerosa o già cancerosa senza ricorrere alla chirurgia tradizionale o laparoscopica, grazie a quella «soft» endoscopica.
Lo dimostra lo studio randomizzato del metodo ideato dal dottor Massimo Conio, sanremese, a capo della struttura complessa di gastroenterologia dell’Asl 2 Savonese, con base al «Santa Corona» di Pietra Ligure, dopo aver diretto la gastroenterologia del «Borea», ora declassata a struttura semplice dell’Asl 1. I risultati di quest’innovativa tecnica hanno meritato la massima visibilità nella comunità scientifica di settore, con la pubblicazione sulla prestigiosa rivista internazionale«Gastrointestinal Endoscopy», organo ufficiale della Società statunitense di endoscopia digestiva. Un motivo di soddisfazione per l’Asl 2, guidata da Marco Damonte Prioli (ex dg dell’Asl 1).
«In precedenza – spiega Conio – la metodica in questione veniva utilizzata esclusivamente per la resezione delle neoplasie superficiali dell’esofago e dello stomaco. Il nostro studio, iniziato anni fa a Sanremo e arrivato poi a coinvolgere anche Perugia e Siena, ne ha dimostrato l’efficacia pure nel colon».