E, dunque, tutto rinviato. Il PD della capitale si è intimidito dopo la martellante campagna di stampa che da mesi, quasi quotidianamente, il Messaggero sta conducendo contro il programma di rilancio del sistema tranviario nella capitale, proposto dalla giunta Gualtieri, ed ha deciso di posporlo ad un futuro non precisato.
di Massimo Ferrari*
Non è chiaro se a farne le spese sarà solo la contestatissima TVA, una linea su rotaia che dovrebbe collegare la stazione Termini al Vaticano ed al quartiere Aurelio, oppure verranno messe in discussione anche le tratte periferiche, ossia la semicircolare lungo la Palmiro Togliatti, il breve prolungamento oltre la stazione Tiburtina ed anche la ricostruzione a scartamento ordinario del tronco urbano superstite della linea metrica per Fiuggi.
Resta il fatto che, a Roma in particolare, ma anche nelle altre città italiane, il tram non ha vita facile ed i suoi avversari sono più che mai agguerriti. Naturalmente nessuno osa sostenere che tutto va bene così. E ci mancherebbe altro, visto che ci lamentiamo ogni giorno del traffico invivibile, dell’inquinamento alle stelle e dell’inefficienza dei mezzi pubblici. Neppure esiste un “partito degli automobilisti” in grado di porre il veto innanzi ad ogni ipotesi di restrizione del traffico veicolare. I più, anzi, sembrano convinti dell’ineluttabilità di ridurre la circolazione motorizzata. Purché non si sacrifichi la possibilità di parcheggiare (gratuitamente e, spesso, persino abusivamente) sotto casa oppure davanti all’ufficio o al bar preferito. Questo no; questo è davvero intollerabile.
E, siccome posare i binari per una nuova linea tranviaria impone necessariamente certe scelte, allora chi non prende un mezzo pubblico da anni – e non ha nessuna intenzione di provarci proprio adesso – si inventa tutte le possibili alternative, anche quando palesemente impraticabili, e trova puntualmente dei media disposti a fare da gran cassa e dei politici inclini a cedere ai desideri dei (presunti) elettori, nel timore di perdere qualche prezioso voto.
Certo, meglio sarebbe puntare su una linea metropolitana, che non interferisce con la viabilità di superficie e corre più speditamente. Peccato che di soldi non ce ne siano. Un tempo si facevano i paragoni con Parigi o Londra (400 km di linee contro i 60 di Roma), poi ci hanno surclassato anche Madrid, Barcellona e Berlino. Adesso persino Lisbona può dare qualche lezione alla capitale italiana in fatto di funzionalità ed affidabilità dei trasporti. Per non parlare, ovviamente, delle megalopoli dell’Estremo Oriente da Pechino a Shanghai, passando per Seul e Tokyo – e senza trascurare Hong Kong e Canton – dove i sistemi metropolitani si avvicinano ai mille chilometri di estensione. Ma quest’anno devono incassare lo smacco di assistere all’inaugurazione di una seconda circolare orbitale di ben 70 km, con 31 stazioni, a Mosca, realizzata nell’arco di pochi anni. E meno male che l’economia russa dovrebbe essere alle corde, stremata dalle spese belliche e dalle sanzioni. Figuriamoci se fosse in salute!
Visto che i metrò non ce li possiamo permettere, si pensa che la soluzione possa venire dagli autobus a batterie, certamente meno inquinanti, ma anche meno capienti. E che, soprattutto, per circolare regolarmente dovrebbero disporre di corsie rigorosamente separate dal traffico privato. Non certo con semplici strisce gialle, ma con cordoli rigidi sorvegliati da telecamere. Ossia sistemi che abbisognano di spazi superiori a quelli di un tram (perché il bus non dispone di una guida rigida) ed impongono le stesse limitazioni alla circolazione ed alla sosta. Anche quando si basano su guide a banda ottica, tecnologie già tentate e regolarmente fallite da Trieste a Bologna.
Allora, si fa ricorso alla fantasia. E si ipotizzano funivie urbane, manco fossimo a La Paz o a Medellin. Ci aveva provato la sindaca Virginia Raggi qualche anno fa con un progetto ovviamente rimasto nei cassetti. Ma, pur di evitare la costruzione di una linea tranviaria nel centro di Roma, si arriva ad evocare persino le monorotaie, che in Italia non si sa cosa siano e, quindi, riescono ad affascinare i più sprovveduti. Sistemi che normalmente funzionano in sopraelevata: ve lo immaginate un viadotto sopra via Nazionale o corso Vittorio? Ma non scherziamo.
In un contesto urbanistico certamente meno pregiato, come quello della val Bisagno, a Genova, ci sta provando il sindaco Bucci, con il cosiddetto Skymetro, che dovrebbe passare sopra l’alveo del fiume, per evitare il prolungamento della metropolitana in sotterranea (troppo costoso) o la realizzazione di un tram a raso (troppo impattante). Ma, comunque, i residenti si oppongono e minacciano ricorsi. Da quando, alla fine degli anni Sessanta, sotto la Lanterna si decise di abbandonare la storica rete tranviaria anziché provare ad ammodernarla, ci si è dovuti accontentare di un moncone di metropolitana, costato moltissimo, ma che copre a malapena il centro storico.
Certo il tram è una soluzione che ovunque ha fatto discutere, perché presuppone scelte non facili da accettare in una società fortemente motorizzata. Mezzo secolo fa lo si incontrava solo nelle città dell’Est (ma lì erano condizionati dalla pianificazione socialista). Oppure nei contesti di cultura germanica (ma, si sa, tedeschi, svizzeri e olandesi amano gli schemi rigidi). In Occidente il tram si era estinto quasi ovunque, a cominciare dagli Usa, con conurbazioni plasmate in funzione dell’auto.
Poi, constatati i limiti e i costi di una scelta basata esclusivamente sulla mobilità individuale, si è cercato di invertire la rotta. Cosa non facile in presenza di una mentalità profondamente radicata. In Francia c’erano sindaci, come Chaban Delmas a Bordeaux, pronti alle barricate pur di non subire il ritorno delle rotaie in città. Oggi ci sono oltre 30 città francesi dotate di una moderna rete tranviaria, che ne ha consentito il ridisegno urbanistico ed il recupero dei centri storici. Inclusa Bordeaux, dove i tram, privi di linea aerea, adesso arrivano fino all’aeroporto, mentre la statua del vecchio sindaco è voltata dall’altra parte, forse per non assistere all’affronto postumo subito.
Lo stesso in Spagna, da Bilbao ad Alicante, passando per Saragozza e Valencia. Nelle isole Britanniche, da Croydon (periferia di Londra) a Dublino ed Edinburgo. Ed anche negli Usa, dove il trasporto su rotaia in superficie ha consentito di recuperare i centri urbani da cui i residenti si erano allontanati per sfuggire al degrado. E proprio le città più avveniristiche vantano adesso le migliori soluzioni tranviarie, da Dallas a Denver, da Seattle a Phoenix, senza contare la capitale federale, Washington. E poi le iconiche Sydney o Rio de Janeiro: anche loro hanno riabilitato i tram.
Però nell’Urbe bisogna fare attenzione ad un patrimonio archeologico unico al Mondo. Lo stesso che ha frenato lo sviluppo delle metropolitane (anche se ad Atene proprio lo scavo delle linee sotterranee, in occasione delle Olimpiadi del 2004, ha consentito di portare alla luce tesori dell’arte antica, altrimenti sepolti per sempre). E come se a Roma i danni ai monumenti li avessero provocati i tram, che avevano circolato in gran numero fino agli anni Cinquanta, e non i colpi di “piccone risanatore”, inferti per sveltire il traffico veicolare che adesso bisogna comunque limitare, come ai Fori Imperiali di cui è prevista l’integrale pedonalizzazione.
E allora ci si confronti con le città cariche di secoli e di gloria, che possono confrontarsi con quella che era (una volta) la “caput Mundi”. A cominciare da Istanbul – non a caso la “seconda Roma” – la quale, per attenuare gli ingorghi che parevano inestricabili, ha investito sul serio nel trasporto pubblico vincolato: metropolitane, funicolari sotterranee, e naturalmente tram, oggi presenti sul ponte di Galata, a fianco di Santa Sofia e della Moschea Azzurra. Oppure da Gerusalemme, dove, a dispetto dello stato d’assedio per l’incombente terrorismo, i moderni tram circolano regolarmente appena oltre le mura della città santa. O dalla più prossima Firenze, dove una delle poche amministrazioni stabili e coerenti ha reintrodotto il tram con successo dopo decenni d’assenza.
Sarà mai possibile che proprio nella nostra capitale argomenti da magliari, disinformati di quanto accade nel Mondo, ma ferocemente faziosi nella difesa dello status quo, riescano a far breccia ed a condizionare una giunta che rischia di apparire, come al solito, indecisa a tutto?
*Massimo Ferrari
(Presidente UTP/Assoutenti)