Sono andato a rivedermi l’Indicatore Ufficiale delle Strade Ferrate del Regno, edizione del settembre 1898, un libretto che trovai per caso su una bancarella ad Ascoli Piceno.
di Massimo Ferrari*
Ebbene 125 anni fa, al tempo delle locomotive a vapore, c’era un treno diretto che partiva alle 12.32 da Genova Principe ed arrivava a Cannes alle 19.38, in tempo per la cena. Dispongo anche di una copia dell’orario Pozzo del maggio 1934. Si era nel pieno del regime fascista, nazionalista ed autarchico, quando per varcare il confine occorreva il passaporto e non a tutti veniva rilasciato. Eppure erano in servizio carrozze dirette da Marsiglia a Venezia e Budapest; altre viaggiavano da Varsavia e da Monaco di Baviera fino a Cannes.
Adesso bisogna sempre cambiare a Ventimiglia perché di convogli diretti non ce ne sono più. E poco c’è mancato che persino tra Genova e Sanremo ci fossero rotture di carico per problemi di alimentazione elettrica. Pare che i nuovi Vivalto possano evitare almeno questa ennesima vessazione.
Si dirà che a fine Ottocento ed anche negli anni Trenta la ferrovia non aveva concorrenti. L’aviazione commerciale era di là da venire, le auto ancora poco diffuse e il tracciato dell’Aurelia non era molto diverso da quello glorioso, tracciato dalle legioni di Roma. Ovviamente i miei ricordi non risalgono così indietro. Ma il maggio del 1975 lo rammento bene: ero un ragazzo e per la prima volta presi il Trans Europe Express “Ligure” che proveniva da Avignone. Salii a Nizza alle 19.00 e verso mezzanotte arrivai a Milano. L’Autostrada dei Fiori era già stata completata (ed era molto più scorrevole di oggi), quasi tutte le famiglie ormai disponevano di un’auto, eppure i treni internazionali erano discretamente frequentati, anche se per salire sul TEE occorreva il biglietto di prima classe. Ma c’erano diverse altre corse a prezzi minori per chi voleva risparmiare.
Oggi non ci sono più treni diretti tra Italia e Francia. A Ventimiglia, come ho detto, bisogna sempre cambiare e salire su un regionale francese anche solo per arrivare a Mentone o a Nizza.
Intanto al valico del Fréjus, dallo scorso agosto, il transito per Parigi di TGV e Frecciarossa (che aveva riscosso un discreto successo) è sospeso a causa di una frana nella vallata della Maurienne. Un tempo si sarebbe lavorato giorno e notte per ripristinare quanto prima un valico importante. Adesso i cugini d’oltralpe se la prendono comoda: si parla di una possibile riapertura dopo l’estate del 2024. Evidentemente a Parigi hanno altre priorità, visto che anche al di qua delle Alpi nessuno si muove.
Per la verità qualche voce stizzita si è levata. Quella degli spedizionieri che avevano creduto nella conversione di una parte del traffico sulla rotaia, raccogliendo gli inviti a ridurre le emissioni nocive e combattere il cambiamento climatico. Adesso, volenti o nolenti, devono affidarsi unicamente alla gomma. Ma nemmeno le strade sono messe tanto bene. Il traforo del Monte Bianco è chiuso fino a Natale per manutenzione straordinaria e lo sarà ad ogni stagione autunnale anche nei prossimi anni. L’Autostrada dei Fiori è lardellata di cantieri e talvolta chiude di notte. Così i Tir devono uscire e finiscono incastrati nelle strettoie dei borghi liguri, bloccando anche il traffico locale. Infatti, per risparmiare, hanno montato navigatori per auto che traggono i conducenti in inganno.
Il valico tra Riviera di Ponente e Costa Azzurra era stato protagonista delle cronache mondane dalla Belle Epoque fino ai tempi del boom economico. C’è una vasta letteratura che ci racconta di nobildonne decadute, di playboy in cerca di avventure, di frequentatori dei casinò sparsi tra Sanremo e Montecarlo, ma anche di normali turisti attirati dalla Provenza, dalla Camargue o dalla Costa Brava. Persino la malavita di rango è passata da lì. A pochi giorni dalla Liberazione il traffico ferroviario era già stato ripristinato e proprio su un treno diretto a Marsiglia Luciano Luberti, il truce “boia di Albenga”, venne arrestato mentre cercava di arruolarsi nella Legione Straniera.
E, sempre a Ventimiglia, si costituì agli agenti di frontiera Silvano Larini, il faccendiere della “Milano da bere” che era fuggito in Polinesia per sottrarsi al pool di Mani Pulite. “Avevo nostalgia di una buona pizza”, si giustificò. Adesso la Gendarmerie deve inseguire tra i binari i migranti derelitti che, sbarcati a Lampedusa, tentano di raggiungere parenti o conoscenti nell’Esagono.
Come sia stato possibile un simile declino di una delle grandi vie di comunicazione d’Europa è qualcosa difficile da spiegare. Non a caso la via Aurelia, tracciata dal console Gaio Aurelio Cotta tra il Campidoglio ed Acquae Sextiae – l’attuale Aix-en-Provence – era la statale n°1 della rete Anas e dava il proprio nome ad una delle più prestigiose spider del dopoguerra, quella immortalata nel film “Il sorpasso”. Eppure mai come oggi il Ponente ligure è lontano da Roma. Non ci sono treni diretti verso la capitale. La rete ad Alta Velocità si ferma a Torino. Forse un giorno arriverà fino a Genova, se verrà completato il Terzo Valico. Opera che sembrava alle viste, ma adesso si è arenata sotto gli Appennini per problemi geologici che non avevano turbato gli ingegneri ottocenteschi, quando realizzarono la prima linea dei Giovi tra la capitale sabauda e la Lanterna. O forse, più probabilmente, per i soliti inghippi finanziari e burocratici, tra rischi di fallimenti e necessità di procedere a nuove gare d’appalto con i tempi e le contestazioni che ciò comporterebbe. E così, per l’attivazione, adesso si parla del 2030. Il miracolo del ponte Morandi è difficile da replicare.
Quando nel 2014, nel corso di un convegno cui partecipavano esponenti di varie nazioni europee, chiesi ad un funzionario del Gruppo Fs cosa si aspettasse a ripristinare treni internazionali da poco cessati al valico di Ventimiglia, restai allibito dalla risposta: “Lì non ci sono prospettive di mercato”. Come? Non ci sarebbero clienti a sufficienza lungo un itinerario largamente urbanizzato che intercetta, nell’arco di 400 chilometri (dove, quindi, l’aereo è fuori gioco e l’autostrada è spesso intasata), città del calibro di Genova, Nizza, Marsiglia e località turistiche come Alassio, Sanremo, Mentone, Montecarlo, Antibes, Cannes? Una affermazione surreale.
La cruda verità è che né i francesi, né gli italiani vogliono sobbarcarsi il rischio di dover sovvenzionare almeno in parte collegamenti che esulano dai propri confini nazionali. Mentre l’Unione Europea, che pure finanzia progetti faraonici, come la Rail Baltica – una linea ad alta velocità da Varsavia a Tallinn, attraverso i paesi baltici, per sottrarli all’influenza russa – di spendere un solo euro per sostenere collegamenti storici già esistenti non ci pensa nemmeno. Non a caso, qualche tempo dopo quel convegno venne costituita una società di diritto privato, la Thello, che ripristinò con un discreto ritorno di pubblico un paio di corse da Nizza ed un’altra da Marsiglia fino a Milano. Poi cessate a seguito della Pandemia di Covid 19 ed in seguito non più ripristinate. I governi di Parigi e di Roma hanno speso parecchio per sostenere treni ed aerei vuoti durante il lockdown. Ma il valico di Ventimiglia non rientra evidentemente nel loro campo di interesse.
Nel Ponente ligure avanza a ritmi da lumaca il raddoppio a monte dei binari pensato a suo tempo per velocizzare il traffico internazionale, risultato tutto da verificare, con questi chiari di luna, mentre è facile pronosticare la perdita di clienti determinata dall’allontanamento di chilometri dal centro abitato per stazioni importanti come Albenga. E, per non farsi mancare nulla, si interrompe nei fine settimana la circolazione dei treni (guai a lavorare in pendenza di esercizio!) tra Genova e Savona, facendo imbestialire i pendolari costretti a servirsi di bus sostitutivi intasati nel traffico.
Se Italia e Francia continuano ad ignorarsi, il divario tra una parte e l’altra del confine diventa sempre più evidente. Non che i cugini siano messi molto bene, tra banlieu in perenne fibrillazione e tensioni tra etnie diverse. Ma, perlomeno, al loro interno, possono contare su collegamenti decenti. Tra Nizza e la capitale – quasi mille chilometri di distanza – i Tgv impiegano poco più di cinque ore. Da Sanremo fino a Roma i chilometri sono meno di 700. Ma bisogna cambiare a Genova o a Milano ed in pratica se ne va un’intera giornata. A Nizza (come in altre 30 città dell’Esagono) c’è una rete tranviaria eccellente, moderna, protetta, in parte in sotterranea che collega in una manciata di minuti il centro all’aeroporto. A Sanremo, intanto, si lascia andare alla malora lo storico impianto di filobus elettrici che si spingeva fino a Ventimiglia e a Taggia. Alla faccia della tutela ambientale.
Massimo Ferrari*
Presidente di UTP/Assoutenti