Quando a Noli salivo a scuola c’erano due percorsi. Se mi accompagnava mio nonno si saliva per la nuovissima Via Defferrari, si ammirava il panorama, si aspettava il treno delle otto e un quarto e infine mi congedava con un sorriso.
di Massimo Germano
Se andavo da solo preferivo passare per Piazzetta Chiappella, lı incontravo qualche amico, si davan due calci a qualche latta, e poi correndo e ridendo si saliva a scuola per una stradina delimitata da alte mura. Dietro quelle mura si nascondeva un orto tra i più preziosi di Noli.
Allora non avrei mai immaginato che la mia nuova casa, la vera nuova casa della mia famiglia sarebbe sorta lì. Sono stato fortunato. La casa è amministrata bene, è abitata da persone che ci abitano tutto l’anno, le mie figlie e i miei nipoti la amano e la curano e ci vanno appena possono. La casa è del 1959 e in tempi come questi sembra sia passata un’eternità.
Tuttavia quando la guardo da Piazzetta Chiappella non posso non pensare a quell’orto e a quella stradina. Noi allora vivevamo nei vicoli, in casa si stava stretti e si viveva molto per strada. Oggi si critica molto quello che avvenne negli anni cinquanta del secolo scorso, la trasformazione edilizia che spesso ha snaturato i luoghi per dare spazio alla residenza turistica. Si dirà che queste sono lacrime di coccodrillo, ma si poteva fare altrimenti?
Una piccola consolazione la trovo pensando che nulla muore, ma che tutto si perpetua per vie spesso nascoste. Rivedo una scena del passato, con mio padre ed un nostro conoscente che osserviamo da Piazzetta Chiappella il primo attacco delle ruspe a quei magnifici orti. Per noi era la nostra nuova Noli che nasceva, per lui la sua vecchia Noli che moriva, ci sentivamo quasi
colpevoli. Ad un certo punto la ruspa stava per attaccare un vecchio ceppo d’olivo, dal quale spuntava rigoglioso e tenero un giovane getto. Vedemmo allora il nostro amico farsi avanti e bloccare l’avanzamento della distruzione: Quello lo prendo io, disse. Con l’aiuto degli operai liberammo ceppo e germoglio dalla terra e li caricammo su di un carretto. La salita al suo podere
verso Voze fu faticosa ma gratificante, come se adesso la nostra nuova casa ce la fossimo un poco guadagnata.
Massimo Germano