Niente, neanche stavolta. Non sono bastati 130 anni perché vicino alla porta del Comune di Aigues-Mortes, piccolo borgo della Camargue, si riuscisse a porre una lapide con i nomi degli operai italiani trucidati da trimards e aiguesmortini nel “véritable massacre” del 17 agosto 1893.
di Massimo Macciò
Ci sono delle ragioni: la malattia del sindaco Pierre Maumejean, innanzitutto. E certo agli abitanti di Aigues-Mortes, nel frattempo divenuto rinomato centro turistico del Midi francese, potrebbe dare qualche fastidio mostrare urbi et orbi, e per di più in nella stagione più intensa per la loro attività, che i loro antenati alla fine dell’Ottocento hanno ucciso a randellate, a martellate e, nel migliore dei casi, a fucilate, una dozzina di macaronis italiani impegnati a spalar sale a cottimo negli stagni attorno alla città: che ne direbbero i cittadini di Rosarno di vedere sulla porta del loro Comune un cippo che ricorda la vergognosa “caccia al nero” del sette gennaio 2010?
Ma tutto ciò non riesce a cancellare la sgradevole sensazione che in questa storia rimanga qualcosa d’incompiuto, il “complemento a uno” per mettere un punto fermo, finalmente, su una vicenda in cui alcuni punti non sono ancora definitivamente chiariti (e dove, nella piccola targa affissa nel 2017 a fianco del municipio appaiono paradossalmente solo nomi di francesi, nessuno dei quali fu direttamente toccato dall’evento).
Il che è tanto più grave perché la ricorrenza permetterebbe d’inquadrare finalmente nella giusta dimensione anche la storia della “tuerie” di Aigues-Mortes. Una vicendo dimenticata per cent’anni e riscoperta grazie quasi soltanto al lavoro di Enzo Barnabà, lo storico e francesista italiano imbattutosi quasi per caso nei silenzi degli abitanti del piccolo paese occitano e che, al termine di un lungo e accurato lavoro di ricerca negli archivi dell’una e dell’altra parte delle Alpi, ha saputo inquadrare l’episodio nell’ottica corretta. Che è esattamente il contrario di chi ieri, da una parte e dall’altra, si faceva forte di un campanilismo bellicoso (“La Francia ai francesi!” è il titolo di un fortunato libro di Maurice Barres, mentre Edoardo Scarfoglio dalle colonne de “Il Mattino” di Napoli voleva dichiarare guerra ai transalpini) o compassionevole a seconda dei casi e delle nazionalità, e che oggi rispolvera quanto accaduto nelle saline della Camargue per rivendicare nazionalismi più o meno aggressivi in difesa o all’attacco.
Aigues-Mortes dimostra, infatti, che una perversa concorrenza sul mercato del lavoro, richiesta da una parte (gli operai italiani, che avevano espressamente accettato il cottimo) e veicolata e fomentata dai mezzi d’informazione della controparte (che sui giornali descrivevano gli italiani come christos dal coltello facile e come voleurs di salari e di donne a danno dei francesi) non può che produrre, nel pieno della Grande Depressione di fine secolo, il tragico epilogo dei “polli di Renzo” di manzoniana memoria. Ossia, quello di operai che stanno dalla stessa parte della barricata – la barricata degli sfruttati -ma che si massacrano l’un l’altro a tutto vantaggio dei “padroni del vapore”: ossia, nel caso qui in esame, di quel rampante capitalismo francese impersonato innanzitutto dalla Compagnia delle Saline del Midi.
Una “tragedia del lavoro” che oggi rischia di ripetersi e che coinvolse anche Lorenzo Rolando, il giornaliere nato ad Altare e finito trentun anni più tardi a manganellate davanti alle porte della petite ville della Camargue. Una storia, quella di Rolando, inaspettate e oltremodo interessante, che racconta plasticamente come la rivoluzione agricola di fine Ottocento che prepara e pianifica il démarrage industriale del decennio successivo abbia prodotto le sue vittime anche nel nostro territorio e che offre lo spunto per chiarire parecchi misteri, grandi e piccoli, finora insoluti: dall’esistenza di una peculiare società cooperativa a Cadibona vent’anni prima di quella “ufficiale”, al nome e cognome di colui che diede il colpo di grazia a Rolando davanti al cancello di casa Granier, alle porte di Aigues-Mortes, e ancora alle reali ragioni dello “stupefacente verdetto” (sono parole del cronista di Le Figaro) con il quale le Kroumir e tutti gli altri accusati furono assolti da un tribunale francese. E, ancora, il mistero dell’Africa, in cui il giornaliere di Altare andò sicuramente prima di sbarcare a Marsiglia (penultima tappa del suo viaggio verso la morte) e molto altro ancora. Il tutto, lo ripetiamo, sullo sfondo di profondi sconvolgimenti del paesaggio economico e sociale di Savona, della Valbormida e dell’Europa sud-occidentale allo spirare del secolo.
L’edizione e-book del libro “Vetro carbone e sale: vita e morte del ‘giornaliere’ Lorenzo Rolando da Altare al massacro di Aigues-Mortes”, con un ampio corredo fotografico (oltre duecento immagini) e con una nuova impaginazione, sarà presentato sabato 23 settembre 2023, con inizio alle ore 15.30, nella sede dell’Archivio di Stato di Savona (che ha curato l’evento nell’ambito delle Giornate Europee del Patrimonio e di “L’Archivio InVita”), in via Valletta San Cristoforo 15R (nei pressi dello stadio “Valerio Bacigalupo”). Introdurrà Maurizio Biagini, docente di Lingue e cultore della materia.
Nella stessa occasione verrà inaugurata l’esposizione documentaria (molti sono gli atti, essenziali per la vicenda, presenti nell’archivio savonese) che proseguirà domenica dalle 8 alle 12. L’ingresso è libero.
Massimo Macciò