Per un “Parco Archeologico del Finalese” , in collaborazione tra i Comuni di Finale Ligure e Borgio Verezzi, in un contesto di grande valore ambientale. Opportunità turistico-culturale.
di Gabriello Castellazzi*
Grazie al recente Convegno sul “Castellaro di Verezzi”, organizzato sabato scorso dal Comune di Borgio Verezzi nell’ambito delle “Giornate Europee dell’Archeologia”, è riemersa con forza l’esigenza dell’istituzione di un “Parco Archeologico del Finalese” capace di valorizzare un patrimonio culturale di interesse europeo. Un tema importante, che guarda al futuro, e sul quale “Europa Verde” auspica il coinvolgimento degli studenti di “Archeologia Preistorica e Protostorica” della Facoltà di Archeologia dell’ Università di Genova.
L’area del promontorio Caprazoppa, nel ponente savonese, ha un grande valore preistorico- ambientale (Area SIC – Sito di Interesse Comunitario) e l’incontro presso il “Teatro Gassman” ha dato a tutti la possibilità di valutare un progetto che senz’altro favorirebbe, anche nel comprensorio Finalese, quel turismo culturale oggi in crescita ovunque dopo il rallentamento dovuto alla crisi pandemica.
L’Archeologia è la scienza che studia le civiltà del passato e le loro relazioni con l’ambiente, raccogliendo quelle tracce materiali necessarie a comprenderne l’evoluzione.
Quindi i “Parchi Archeologici” diventeranno sempre più, in Italia e nel mondo, centri di attrazione per la legittima curiosità di scoprire le origini della nostra civiltà. Proprio l’area geografica del “Finalese” consente di visitare luoghi di grande interesse: culture preistoriche che non lasciarono fonti scritte, ma solo dati materiali. Indagini recenti indicano come il futuro dell’economia turistica andrà in direzione di una integrazione tra le grandi città d’arte e i piccoli centri (numerosi in Italia), in particolare se inseriti in contesti ambientali di valore.
Dall’incontro sul “Castellaro di Verezzi” si sono appresi i moderni e sofisticati sistemi di rilevamento delle abitazioni rurali e dei possenti sistemi di difesa realizzati in Liguria, nell’ Età del Bronzo e del Ferro, per il controllo territoriale. I materiali recuperati durante precedenti scavi archeologici hanno già consentito di studiare le ceramiche (scodelle e contenitori per la conservazione di derrate alimentari) con la possibilità di inquadrare l’origine delle costruzioni in un periodo tra il VI e il III sec. a.C. Le indagini “archeobotaniche” hanno inoltre messo in evidenza la presenza dei tipi di piante utilizzate per produrre cibo (farro, nocciole, uva selvatica, ecc) e per costruire le coperture delle abitazioni.
Le Guide Turistiche specializzate avranno modo di inquadrare l’importanza di altri insediamenti simili, realizzati sulla sommità delle colline affacciate sul mare: il “Villaggio delle Anime” sulla “Rocca di Perti” e il “castellaro” del “Monte Trabocchetto” a Pietra Ligure. Quest’ultimo dato ci fa capire quanto sia necessaria una organizzazione territoriale in grado di programmare “visite guidate” sulla vasta rete di sentieri del comprensorio Finalese.
Il turismo culturale si sta ampliando ovunque e tutti i Comuni possono inserirsi in questo settore dell’economia, raggiungendo un duplice obiettivo: godere di un paesaggio e una natura unici, facendo maturare nei cittadini la conoscenza scientifica e garantire nuove fonti di reddito per coloro che lavoreranno nel settore. Ecco quindi l’opportunità di un “Parco Archeologico Finalese” capace di far “rete” tra tutti gli Enti e le Associazioni presenti su di un vasto territorio, e la possibilità di attingere ai finanziamenti europei come avviene per gli altri “Parchi” presenti in Italia.
Il coinvolgimento del Comune di Finale Ligure è ovvio, perchè sul promontorio della Caprazoppa si trova un altro sito di straordinario interessa archeologico: la “Caverna delle Arene Candide” (santuario della Preistoria europea). Questo luogo è considerato uno tra i più grandi complessi funerari paleolitici del mondo perchè ha rivelato la presenza di 20 sepolture databili tra 12.500 e 11.500 anni fa. Qui. nel maggio del 1942, avvenne la scoperta del “Giovane Principe” (individuo vissuto 25.000 anni fa, fornito di un ricco abbigliamento), oggi ospitato nel “Museo Archeologico di Genova Pegli”.
Il patrimonio finalese può vantare la presenza di luoghi che hanno conservato testimonianze umane dal Paleolitico fino all’età romana, magistralmente esposte e spiegate nel “Museo Archeologico del Finale”, all’interno del complesso monumentale di “Santa Caterina” in Finalborgo; un allestimento in grado di far comprendere la lunga fase dell’evoluzione umana dal Paleolitico alla grande rivoluzione Neolitica fino all’ “Età dei metalli” (la testimonianza dei “Castellari”). Il Museo del Borgo ospita tanti altri reperti di enorme importanza, scoperti in siti finalesi che è obbligatorio qui citare:
La “Caverna delle Fate” sull’altopiano delle Manie (uno dei luoghi più rappresentativi del Paleolitico inferiore) dove l’ ”Homo Heidelbergensis” ha lasciato la caratteristica pietra scheggiata (bifacciale in quarzite) che testimonia la sua inconfondibile presenza già 350 mila anni fa, e ha restituito i resti dell’uomo di Neanderthal (circa 35 mila anni fa).
Non lontano dalla “Caverna delle Fate” si trova l’ “Arma delle Manie” dove sono stati rinvenuti reperti materiali risalenti al Paleolitico Medio e Superiore : coltelli denticolati, strumenti lavorati in osso, resti faunistici legati alle variazioni climatiche (cervo, capriolo, cinghiale, stambecco, marmotta, orso, rinoceronte, lupo, gatto selvatico, ecc.). L’”Arma delle Manie” è la più grande del Finalese, inserita in paesaggi di rara bellezza. Non lontano da questa enorme grotta, verso Val Ponci (con i suoi 5 ponti romani), si incontra il “Riparo di Pian del Ciliegio” (prime fasi del Neolitico medio – 5000 a.C.), ricco di reperti ( i particolari “Vasi a bocca quadrata”).
A Perti, nel punto di contatto tra le valli fossili di Montesordo e Pianmarino, si trova il sentiero che conduce alla “Grotta Pollera”. Il suo grande interesse deriva dall’aver conservato al suo interno un gran numero di sepolture riferibili al neolitico antico e una statuina femminile in terracotta, oltre a vasi in ceramica e strumenti in pietra scheggiata. Dalla valle di Montesordo si può risalire sulla “Rocca di Perti”, dove si trovano il “Villaggio delle Anime” (gemello del “Castellaro di Verezzi”) con antichi muri e resti di abitazioni dell’ “Età del Ferro”.
Le “incisioni rupestri”, localizzate sul “Ciappo delle Conche” e il “Ciappo dei Ceci”, tra l’altopiano di S.Bernardino e Monte Cucco. I “graffiti” ancestrali incisi sui “ciappi” risalgono ad epoche molto antiche e con questi l’uomo ha rappresentato, fino ad epoche recenti, figure simboliche e realtà della vita quotidiana. Le visite di interesse archeologico dovrebbero essere sempre abbinate ad escursioni di interesse naturalistico, dati i valori ambientali del contesto. Quanto descritto è solo una estrema sintesi di quanto si potrebbe dire per rendere comprensibile tutto il vasto patrimonio culturale del Finalese.
In conclusione bisogna dire che un tentativo progettuale di “Parco Archeologico” venne già compreso, anni fa, nel piano urbanistico di recupero delle ex-cave di pietra calcarea, ma il progetto svanì nel nulla. A questo punto si deve auspicare che le idee emerse durante il convegno dedicato al “castellaro di Verezzi” facciano maturare nuove proposte convincenti per un rilancio eco-sostenibile, a fini turistico culturali, del comprensorio finalese.
*Gabriello Castellazzi (Europa Verde – Verdi del Finalese)