Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

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Alpi Liguri è tornato il lupo! Come 150 anni fa. Con 200 persone sbranate nelle nostre vallate. Persino penitenze e processioni invocando Dio


In questi ultimi anni aumentano le vibranti proteste per i danni causati alle campagne dai cinghiali, sempre più numerosi. Queste bestie, costrette a scendere a fondovalle, devono fronteggiare anche i lupi, che li attaccano costantemente.

di Sandro Oddo

Stessa sorte tocca ai greggi ed alle mandrie, fra la disperazione dei pastori. Si è tornati indietro di 150 anni, quando fu segnalata la presenza dell’ultimo lupo, con la speranza che non tornassero mai più… Ecco quanto accadeva in passato nelle nostre vallate. 

CACCIA AI LUPI! L’inverno del 1814-1815 fu veramente tragico, non a causa del gelo o di abbondanti nevicate bensì per l’invasione della valle Argentina da parte di branchi di lupi. Queste bestie, inferocite a causa della fame, sbranarono molte persone, costringendo gli abitanti ad armarsi e a dare la caccia ai lupi. I pastori erano disperati e costretti a tenere le proprie bestie nelle stalle, pronti a sparare in caso di attacco. Le donne che si recavano a raccogliere la legna nei boschi furono sempre scortate da gruppi armati[1].

Molti furono coloro che si impegnarono per por fine ai continui massacri, invogliati anche dai premi loro destinati. Il capitolo 83 degli Statuti comunali di Triora assegnava infatti un premio per ogni lupo adulto e per ogni cucciolo; in origine ammontava rispettivamente a dodici e tre lire. Chi catturava l’animale era tenuto a presentare la bestia od anche solo la pelle, entro due giorni, dichiarando di averlo catturato sul territorio comunale. Tale dichiarazione veniva affissa, assieme alla testa ed alla zampa del lupo, sulla porta della chiesa matrice di San Pietro. Due erano i metodi venatori praticati, a seconda che la caccia avvenisse d’estate oppure d’inverno. Nella stagione calda si batteva il bosco alla ricerca delle tane prelevandone i cuccioli ancora incapaci di nuocere; nei mesi freddi invece si organizzavano vere e proprie battute per uccidere con armi da tiro i capi adulti, stanate dalla neve dagli abituali rifugi[2].

Il 21 luglio anno 1819 si presentarono alla tesoreria comunale due persone, il molinese Allaria Vincenzo e Bianco Giuseppe di Gio Batta di Aigovo per ritirare il premio per la cattura di quattro lupicini, avvenuta verso la metà del mese di giugno. Altre tre bestie erano state uccise da Gio Maria Allaria fu Luca e da Bianco Antonio Maria fu Luca di Molini. Negli anni precedenti altri si erano distinti nella caccia, come Lanteri Luca Maria, che uccise un lupo il 2 novembre 1817, un certo Taggiasco di Bajardo e tale Osenda di Montalto[3].

Destinato a diventare leggendario, nella seconda metà dell’Ottocento, fu il triorese Bacì dî luvi, così chiamato per la straordinaria capacità di scovare cuccioli di lupi. Incurante del pericolo che correva, armato soltanto di un coltellaccio. ne prese una settantina in diversi boschi, soprattutto in quello immenso di Rezzo, meritandosi encomi e riconoscenza da parte dei cittadini[4].

Un giorno non fece più ritorno alla sua abitazione; pensarono fosse stato divorato dalle belve. Diverse squadre, prontamente organizzate, effettuarono battute nei luoghi dov’era solito dirigersi, fino a quando lo trovarono, più morto che vivo, in un rivolo nella località Foresto. A causa di una ferita, alcuni giorni prima era rimasto ferito alla testa, senza più trovare la forza di rialzarsi. Portato a casa, medicato, rifocillato, riuscì miracolosamente a sopravvivere, continuando la sua caccia. Era solito portare i cesti di lupacchiotti in un casun in via Sant’Agostino. Un gruppo di curiosi volle rendersi conto dell’abbondante caccia; nel corso dei commenti, il fragile soffitto crollò e sia le persone che gli animaletti precipitarono nel locale sottostante, fortunatamente senza danni[5].

I pastori e gli abitanti dei villaggi, soprattutto di quelli immersi nei boschi, avevano imparato a difendersi. Non appena vedevano i lupi avventarsi contro la porta della stalla o del recinto lanciavano loro contro schegge resinose di pino, le cosiddette tee, un tempo utilizzate per illuminare le abitazioni.

Pare che l’ultimo avvistamento di lupi dalle nostre parti sia da far risalire agli anni 1870-1875, quando gli ultimi esemplari, disturbati dal taglio dei faggi nella valle di Rezzo, furono visti fuggire da un certo Peru ru Pözzu[6].

I lupi sono però tornati nell’alta valle Argentina. Nel 1997 le capre del pastore Giuanin Lanteri furono attaccate da un lupo e poco tempo dopo fu ritrovato un cucciolo femmina di tale animale nei pressi del colle del Garezzo. Gli avvistamenti da allora si sono susseguiti, sia sulle rocce di Realdo che ai confini con la Francia, in particolare nel maestoso bosco di Sanson-Collardente. Per ora si tratta di pochi esemplari, ma sono destinati ad aumentare[7].

[1] Mons. Ferdinando NOVELLA, arciprete di Molini di Triora, Molini di Triora e il suo Santuario di N.S. della Montà, Genova 1967. Secondo il sacerdote, in valle Argentina furono duecento le persone sbranate da questi animali feroci.

[2] Gianni DE MORO, La valle di Rezzo, Volume primo. I tempi del quotidiano. Dominici Editore, Imperia 1988. Il Comune di Rezzo aveva imposto sui lupi una vera e propria taglia in denaro: una lira per i cuccioli e sei lire per i capi adulti, con variazioni in più o in meno a seconda della misura della bestia abbattuta.

[3] Registro della Corrispondenza della Commissione di Triora dal 13 luglio 1818 al 20 febbraio 1820, seconda sezione del Régistre des Déliberations de l’Administration des Hospices, Bureaux de Charité et Bienfaisance de la Commune di Triora-1807”, appartenente all’Archivio privato Lanteri, pagina 132, atto n. 261, lettera del 21 luglio 1819.

Anche nel territorio sanremese si verificarono fatti inquietanti: il 18 maggio 1815 due povere sorelle furono orribilmente mutilate nel bosco di San Romolo. Molte persone si dotarono di armi, mentre i vari Comuni promettevano premi agli uccisori di qualche bestia. Dopo aver girovagato lungo i boschi e le campagne, i lupi penetrarono nottetempo nella città di Sanremo. Le morti e le mutilazioni si susseguirono, tanto che si formò un vero e proprio esercito per fronteggiare la calamità, esponendo anche vivande avvelenate.

Si fecero penitenze, processioni, invocando Dio, ma soltanto nel mese di gennaio 1816, dopo che l’anno era iniziato con l’ennesimo massacro, i lupi abbandonarono il territorio. (Girolamo ROSSI, Storia della città di Sanremo per Girolamo Rossi, Editore Giuliano Gandolfo Libraio, Sanremo 1867, pagg. 286-287).

Molto interessante quanto scritto nel Manoscritto Borea, Cronache di Sanremo e della Liguria Occidentale, Istituto di Studi Liguri, Bordighera 1970. A pagina 153 sono descritti con dovizia di particolari, anche raccapriccianti, avvenimenti inerenti l’uccisione di lupi in diverse località. Purtroppo vi si narrano anche numerose terribili morti di persone di ogni età.

[4] A Bacì dî luvi dedicò un racconto (un po’ storia un po’ fantasia) Rinaldo BOSCETTO nel suo godibilissimo libro Osteria del cacciatore, Grafiche Amadeo, Imperia 1998, pagine 55-56. La storia termina così: “Oggi nei boschi della Liguria i lupi sono scomparsi forse anche un po’ per merito del povero Baccì, che fu anche lui uno dei tanti oscuri eroi di quelle contrade dove la vita umana ed il patrimonio di poco o tanto bestiame hanno lo stesso valore; e lui alla salvezza delle une e dell’altro dedicò tutta la sua vita col solo compenso di essere ricordato nel racconto delle nonnine e dei vecchi guardaboschi”.

[5] Micros, Rocce e foreste nei pressi di Triora, raccolto da P. Francesco FERRAIRONI in Scorci di vita triorese, Tipografia Editrice Sallustiana, Roma 1944.

[6] Gianni DE MORO, La valle di Rezzo, Volume primo. I tempi del quotidiano. Dominici Editore, Imperia 1988, pagina 28.

[7] Le stagioni di Triora, anno VI, n. 1 (Inverno 97), pag. 15 (Era proprio un lupo!).

Sandro Oddo


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