Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

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Genova, Collegio San Giovanni Battista Opera dei putti. Dopo 482 anni patrimonio immobiliare all’asta. Chi ha comprato. La battaglia legale e giudiziaria di un presidente di Fondazione. Due esposti di un pentastellato. Ruolo della Regione con Biasotti, Burlando e Toti


Cominciamo dalla fine: il 14 novembre del 2019, dopo 482 anni, il “Collegio San Giovanni Battista Opera dei putti” è stato ufficialmente sciolto dal tribunale di Genova e un immobile acquistato dalla SAIA S.p.A. del marchese Marcello Cattaneo Adorno per la cifra, davvero concorrenziale, di 1 milione e mezzo di € o poco più, mentre il valore di perizia sfiorava 6 milioni. Tutto regolare, e tutto per colpa di una rete metallica.

di Massimo Macciò e Luciano Corrado

Ora riavvolgiamo il nastro. Il Collegio di cui parliamo è un organismo istituito dalla Serenissima Repubblica di Genova nel lontano 1537 per soccorrere vedove e orfani ed è passato indenne tra guerre, rivoluzioni e altri sconquassi per arrivare ai giorni nostri.

Nel 2003 l’opera pia, nel frattempo divenuta I.P.A.B. (Istituzione Pubblica di Assistenza e Beneficenza) delibera di trasformarsi in una fondazione e la Regione gli riconosce la personalità giuridica pubblica di diritto privato, con autonomia statutaria e gestionale e una cospicua dotazione di beni. La gestione rimane affidata a una “protettoria” ossia a un consiglio di amministrazione composto da 5 persone: 4 nominate dal sindaco di Genova e uno dal presidente della Provincia, così da assicurare il “bilanciamento“.

La verifica dei bilanci e dell’attività spetta alla Regione Liguria. La ricchezza della fondazione è costituita dai lasciti di privati (non pochi, e di ragguardevole entità) ma soprattutto dal suo patrimonio immobiliare, che è la fonte di reddito, attraverso gli affitti, per svolgere l’attività sociale (dal sito del Comune di Genova: la Fondazione “provvede gratuitamente, nei limiti delle possibilità, all’educazione morale e fisica e all’istruzione dei giovani con particolare attenzione ai minori e orfani; offre inoltre servizi di pensionato per studenti di scuole di ogni ordine e grado, assistenza alle ragazze madri. Nei limiti delle disponibilità di bilancio, conferisce borse di studio”): da un inventario del 2003 risulta che i beni di cui dispone la fondazione sarebbero 43, per un valore di bilancio di 3 milioni 300 mila euro (7 miliardi di lire al cambio).

Tra il 2004 e il 2009 il cda della Fondazione, sotto la presidenza di Claudio Basso, comincia a vendere – senza informare la Regione, cosa che peraltro sembra non fosse obbligata a fare – gran parte del patrimonio immobiliare “a cifre – si leggerà molti anni dopo in un pezzo di Time News – fuori mercato, ben al di sotto di quelle stabilite dalle perizie”. Quello che rimane, peraltro, non è di poco conto (come si vede nella planimetria a pagina 20 del documento del tribunale di Genova): nell’ordine, due locali ospitanti gli uffici della Fondazione e la Residenza Collettiva (nella quale vi sono una cinquantina di posti-letto e che era vuota), un campo da tennis, 11 box in buona parte sotterranei (in un’area in cui non esistono parcheggi liberi), lo stabile che ospita la succursale del liceo “Cassini” ed in parte occupata da Isforcoop.  Una palazzina di 700 mq. su via Peschiera occupata anch’essa dall’Isforcoop. Un’ulteriore palazzina composta da 4 appartamenti vuoti all’interno dell’area della Fondazione. Ulteriori 2 appartamenti nel palazzo di via Serra 7 ed un appartamento in Sampierdarena. Tutti affittati. Il tutto in pieno centro (via Serra è la strada che collega piazza Corvetto e la stazione ferroviaria), a pochi passi da Brignole e da via XX settembre.

Francesco De Simone viene nominato presidente – a titolo gratuito – della Fondazione dall’allora sindaca Marta Vincenzi nell’ottobre del 2009. Classe 1942, De Simone, dopo una solida carriera come dirigente nella SME e in altre realtà industriali, è entrato in politica ed è stato vicepresidente del Consiglio regionale ligure dal 1995 al 2000 in quota Italia dei Valori. Nove anni dopo è assessore all’Istruzione alla Provincia di Genova ed è in questa veste che viene chiamato a presiedere l’istituto e può vedere i primi bilanci.

L’ultimo rendiconto riguarda il periodo gennaio-agosto 2009 e presenta un attivo di poche migliaia di euro, mentre la previsione finanziaria è relativa all’ultimo trimestre dell’anno. De Simone chiede dove siano finiti i dati del mese di settembre; dopo qualche tergiversare saltano fuori una serie di fatture di cui una della CEMIP S.r.l. per la bella cifra di 467.000 euro “per opere di restauro e risanamento conservativo”. Il buon De Simone ci pensa un po’, poi revoca l’incarico al general contractor Francesco Sarchi (affermato immobiliarista genovese, che ha anche in essere due regolari contratti con la Fondazione per i quali riceve 217 mila euro all’anno per la gestione delle pulizie degli immobili e 50 mila € per consulenze). Il primo contratto a 25 mila euro per consulenze, in seguito aggiornato. Mette sotto mutuo molti appartamenti della struttura e stipula contratti con l’Università per dare alloggio agli studenti fuori sede; in altre parole, comincia a indirizzare l’ente verso lo scopo cui lo stesso è preposto.

Pochi mesi dopo De Simone nomina un advisor esterno Ma nel 2012 sorge un  dissidio tra De Simone e il vicepresidente Emilio Robotti proprio in tema di presunte svendite immobiliari; poco dopo Il Secolo XIX pubblica un articolo con titolo eloquente (“Scandalo case, il Comune sapeva tutto”) e una dichiarazione significativa della sindaca Vincenzi: “Mi avevano informata di uno scollamento tra la “mission” della fondazione e l’operato della gestione precedente a quella nominata da noi: se avessimo immaginato un giro di appartamenti svenduti ci saremmo subito rivolti alla magistratura. Lo stesso Claudio Burlando, allora presidente della Regione, deve promuovere un approfondimento sulla legittimità dell’ente al controllo delle operazioni.

Tra  2000 e il 2003 i 15 impiegati della ex Ipab vengono dirottati in Regione, alla Provincia o al Comune: la Fondazione rimane con un solo dipendente. Nel 2012 Marta Vincenzi scivola sulla vicenda dell’alluvione e viene sostituita nella carica di primo cittadino da Marco Doria, che – dopo una proroga – nel 2014 riconferma De Simone nella carica di presidente ma non nomina il nuovo consiglio di amministrazione.

Situazione complicata: il vecchio cda in prorogatio non ha la possibilità, né tantomeno l’autorità morale di prendere decisioni straordinarie in un momento in cui la situazione contabile aggiornata vede uno sbilancio di oltre 800 mila euro. Per l’anno 2009, nell’anno 2010, il bilancio rientra in positivo per 70 mila euro e negli anni 2011 – 2012 – 2013 ritorna in negativo. De Simone aspetta e sollecita, spiega che con i soli introiti di 400 mila euro derivanti dall’affitto dei beni rimasti non si può far fronte alle spese di gestione e soprattutto agli oneri per la ristrutturazione degli immobili, mostra documenti e bilanci (approvati), poi nel 2016 si rivolge alla Guardia di Finanza a cui sollecita, senza esito parrebbe, un intervento annunciando nuovi documenti. Il nostro decide allora di presentarsi ai carabinieri del Ros di Milano: accurata relazione firmata da ten. colonnello comandante gli stessi Ros e controfirmata da De Simone; trasmissione per competenza territoriale alla Procura della Repubblica di Genova. Anche di questa se ne perderebbero le tracce.

Alla fine – siamo sempre nel 2016 – Marco Doria provvede a rinnovare il consiglio. Del bilanciamento non vi è più traccia sostanziale: la Provincia è stata sostituita dalla Città Metropolitana al cui “sindaco metropolitano” – che è il sindaco del Comune capoluogo, spetta il compito di indicare il quinto protettore. Marco Doria, quindi, nomina 4 membri del CdA in qualità di sindaco e l’ultimo quale capo nuovo ente territoriale. I nuovi consiglieri si dimettono quasi immediatamente dopo la nomina e l’operatività del Collegio rimane bloccata prima nella sostanza e poi anche nella forma (vi sono solo 3 membri su 5 e dunque manca la maggioranza).

La Fondazione sprofonda e la situazione contabile diventa estremamente debitoria. De Simone chiede invano la nomina di un commissario, ma la vicenda ha ormai attirato l’attenzione del consiglio comunale, che convoca il presidente in audizione prima nel 2017 e poi il 26 aprile 2018, in prossimità della fine del suo secondo mandato. Emergerebbe, tra l’altro, che un  nominato vice presidente della protettoria (nel 2009) risulterebbe tra i legali di IsforCoop in affitto nei locali della Fondazione.

Stefano Giordano, un combattivo vigile del fuoco eletto in consiglio comunale tra i ranghi del M5S. presenta un ordine del giorno (votato all’unanimità) “per avviare un percorso di approfondimento con i soggetti ed enti coinvolti” e “per rendere trasparente la vicenda della Fondazione e salvaguardare il futuro dei due dipendenti” senza stipendio da mesi.

Il consiglio di amministrazione è vacante da quasi due anni (siamo a febbraio 2018) e vi sono “innumerevoli dubbi sulla gestione di un bene pubblico depauperato”. Poco dopo il consigliere comunale manda in Procura le carte sull’asserito buco da 7 milioni di Euro e sul patrimonio spolpato. “Colpisce– si legge nell’esposto del consigliere pentastellato – il numero degli immobili venduti, il relativo prezzo e il fatto che sulla scorta di quanto dichiarato da Francesco De Simone, il presidente della San Giovanni, le operazioni di vendita di immobili antecedenti al 2010 del patrimonio erano divenuti una sorta di prassi per coprire le perdite”. “In questi anni – sostiene De Simonesono stati venduti ventuno beni immobili e abbiamo perso il 50% del patrimonio.

De Simone non ha venduto nulla dal 2009, data del suo insediamento, al 2018 data della sua uscita dalla Fondazione perchè ha sempre ritenuto che senza il patrimonio immobiliare la Fondazione sarebbe stata in breve tempo destinata alla liquidazione per impossibilità del raggiungimento dello scopo sociale.

Siamo quasi alla fine. Nel 2018. De Simone, esasperato, si rivolge a Francesco Pinto, il procuratore aggiunto competente per i reati contro la pubblica amministrazione, al quale illustra la situazione. Pinto ascolta attentamente la relazione del presidente. Intanto, vista l’impossibilità di gestire la Fondazione per mancanza di consiglieri il tribunale di Genova provvede a pignorare i beni del collegio, li affida in custodia alla dottoressa  Carla Ricci la quale procede regolarmente alla vendita. La prima vendita è stata relativa all’immobile del Cassini il cui valore di perizia come già detto, sfiorava i 6 milioni e per l’acquisto del quale la società società Saia del Marchese Marcello Cattaneo Adorno sborsò poco meno di 2 milioni di euro. Dopo alcune aste andate deserte. Con quella vendita sono venute meno alla Fondazione le risorse dell’affitto dei locali al liceo per 230 mila euro l’anno.

Torniamo al 2018. Un mese prima della scadenza del mandato, la Regione Liguria comunica la messa in liquidazione coatta amministrativa dell’associazione al presidente che quindi prepara, come da normativa, la relazione che invia all’ente regionale (al cui vertice siede ormai Giovanni Toti).  Ma poco dopo la Regione cambia idea: niente più liquidazione e nomina Emanuele Mattiello quale commissario straordinario e Marco Sinesi quale aggiunto.

I due contratti di locazione stipulati con le cooperative di accoglienza dei profughi da De Simone e dall’allora assessore regionale ai Servizi sociali dr. Lorena Rambaudi (un altro doloroso capitolo, di cui parleremo prossimamente) che erano attivi fino al 2018 scadono e non vengono più rinnovati. Sono dunque i due commissari a non averli rinnovati. Viene così a mancare un ulteriore introito per i circa  70 ospiti della Residenza e della palazzina. “In seguito alla liberazione dell’immobile dai conduttori – citiamo dall’Aggiornamento della perizia di stima del tribunale di Genova – l’immobile è stato oggetto di un’occupazione abusiva, nonostante ripetuti interventi della forza pubblica”, fino allo sgombero definitivo del settembre 2020.

Intanto, è ancora Giordano a presentare un secondo esposto-denuncia alla procura della Repubblica in cui allega la registrazione delle due audizione del ben informato e ottimamente documentato De Simone. La pratica è in corso: si attendono sviluppi. A fine 2019 intanto, la “Fondazione Collegio San Giovanni Battista” viene ufficialmente sciolta dalla settima sezione Civile-Fallimentare del Tribunale di Genova, e il 14 novembre dello stesso anno il dottor Giovanni Battista Poggi viene designato commissario liquidatore.

Gli edifici di Via Serra sono definitivamente acquistati dalla SAIA di Giacomo Cattaneo Adorno. Gli immobili sono beni culturali con un vincolo architettonico, e sono equiparati a beni pubblici, avendo più di 70 anni. Sono quindi inalienabili, almeno fino a quando non vengono sottoposti al Procedimento di verifica dell’interesse culturale previsto dalla Soprintendenza “che – si legge sempre nel documento sopracitato – ha dato esito negativo”.

Qualche tempo prima, una piccola parte del cortile sud era stato cintato dal nuovo proprietario (la Saia) con la famosa rete metallica. Sembra cosa da poco, ma in caso di incendio o altre disgrazie il cortile non può più funzionare come “area di calma” della Residenza Collettiva e, quindi, l’immobile perde la certificazione di agibilità e il certificato protezione incendi.

Il prezzo della residenza precipita e Cattaneo Adorno (acquista la Residenza a meno di due milioni di euro?) Una volta completato l’acquisto “in relazione alla non possibilità di utilizzare il cortile sud quale area di calma per l’eventuale evacuazione, prevista dalla certificazione della Residenza Collettiva, è stato studiato un nuovo piano per l’ottenimento del C.P.I”: la proprietà viene riunificata, la rete scompare e lo stabile recupera il suo valore originario. Dal punto di vista giuridico-legale è tutto perfettamente in regola. Poco dopo la Fondazione venderà sempre alla Saia anche la palazzina di via Peschiera. E gli appartamenti citati nel patrimonio a privati. Ma in realtà, un ultimo dubbio legittimo, chi ha comprato la Residenza ? 

https://fdocumenti.com/document/esecuzione-immobiliare-n-1352017-2019-6-6-relazione-tecnica-di-stima-per.html

Massimo Macciò e Luciano Corrado


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