In questi mesi di costruzione di una nuova città, che guardi al futuro, la Giunta Russo e l’assessora Nicoletta Negro hanno presentato recentemente il complesso progetto di spostamento della Biblioteca Civica da Monturbano a Palazzo Santa Chiara.
di Danilo Bruno
Io credo che occorra fare alcune proposte, segnalando che proprio su questo punto sta pure procedendo l’associazione “Il Rosso non è il Nero”, di cui faccio parte.
Io credo che la biblioteca non sia una semplice libreria ove si depositano libri e lì ci si rechi solo per approfittare del prestito librario o per consultazione di testi, che non si trovano da altre parti.
La Biblioteca infatti ha una funzione determinante, che è quella di conservare e favorire la circolazione di testi oltreché di essere un luogo di promozione della lettura e soprattutto di portare le proprie iniziative pure in città, favorendo anche la crescita personale di cittadine e cittadini cercando di promuoverne lo spirito critico.
Vorrei qui fare alcune proposte non definitive ma di carattere promozionale rispetto all’importanza di una biblioteca finalmente collocata in centro ed in un edificio di grande valore storico.
In primo luogo la biblioteca deve essere vista come diffusa su tutto il territorio in modo da poter creare un unico catalogo anche virtuale , tenendo presente che la smaterializzazione del documento scritto costituirà probabilmente il futuro delle biblioteche.
La definizione di un unico catalogo vuole dire unire in una unica sede di catalogazione le opere presenti in altre e importanti biblioteche cittadine come la Società savonese di Storia Patria, il Museo Archeologico e l’Istituto Internazionale di Studi Liguri, l’ Istituto Storico della Resistenza, le strutture diocesane (Seminario e Archivio storico),…
Bisogna poi pensare ad una biblioteca articolata anche su sedi periferiche come era un tempo e come pare intenda rifare Auser Cultura , tenendo presenti le sedi di Villapiana (ove si trova pure la Biblioteca delle Donne con materiale di enorme rilevanza storica e culturale), Corso Tardy e Benech,…allo scopo di promuovere la lettura nei quartieri cittadini ma anche forme di analisi collettiva dei testi e laboratori di poesia e scrittura.
Qui voglio segnalare alcune importanti iniziative, che si tenevano in città come le letture di poesia di Eredibibliotecadonne, il Presidio del Libro, che andrebbero riscoperte anche allo scopo di far diventare le biblioteche dei veri e propri punti di scambi di impressioni e di permettere la trasformazione dei lettori e delle lettrici in soggetti attivi e non solo in soggetti passivi, che usufruiscono del servizio di prestito.
In Liguria , a mio parere, bisognerebbe poi promuovere la conoscenza della poesia in primo luogo poiché qui operarono famosi poeti come Sbarbaro, Montale, Caproni, Cardarelli,…che potrebbero costituire la premessa affinché le persone riscoprano il piacere di leggere poesie ,oggi neglette negli scaffali delle librerie.
A ciò si potrebbe aggiungere un costante rapporto con i teatri e i musei cittadini affinchè si possano fare incontri legati a stagioni, opere o periodi culturali , che investano le principali strutture culturali in modo che si sviluppi un dialogo conoscitivo per le attività cittadine.
Naturalmente occorrerà tenere un saldo rapporto con le scuole e le famiglie attraverso anche la creazione della sezione ragazzi e soprattutto insegnando che i classici letterari devono essere letti nel loro complesso ma che è anche di estremo interesse cogliere le note critiche di classici della letteratura ( Promessi Sposi, Sepolcri, Odi di Leopardi,…).
Credo poi che occorra porre una attenzione a coloro che sono nonvedenti sia attraverso l’acquisto di audio libri ma anche sperimentando un laboratorio di lettura rivolte a questa categoria così come corsi per la lettura delle storie a bambini e bambine.
Se poi si considera che la nostra società si volge ormai all’immagine bisognerà pensare a una sala di ascolto di musica o di visioni di cd di film ,organizzando magari specifiche visioni guidate ma soprattutto dando spazio all’interno a chi oggi può effettuare performances , utilizzando linguaggi diversi e forme culturali varie così come sarebbe interessante comprendere il valore della carta come supporto e dare pure spazio a chi oggi lavora la carta come strumento di supporto della parola scritta.
Sono solo alcune idee, che riprendono molte cose, che sono state fatte a Finale Ligure ,grazie all’operosa intelligenza del direttore a r.Flavio Menardi Noguera e che nel mio piccolo ho cercato di realizzare nei sette anni di permanenza a Noli e parzialmente nei due a Spotorno.
Si consideri che la biblioteca può essere un grande investimento culturale in città quando l‘ISTAT ha annunciato che alla fine del 2021 si erano persi nel settore culturale ben 55 mila posti di lavoro ad attestare uno dei settori piu’ colpiti dalla crisi.
Danilo Bruno
I 1300 volumi che, insieme a riviste e a documenti, si trovavano nella Biblioteca delle donne di Savona, dopo una giacenza di molti anni negli scatoloni, sono tornati alla luce negli scaffali.
L’8 marzo 2010 presso il Liceo Scientifico ‘Orazio Grassi’ di Savona, mia città natale, ci sono stati i festeggiamenti per la resurrezione e l’inaugurazione della nuova sede, una biblioteca di Quartiere, specializzata nella storia del Novecento, situata all’interno del Liceo Scientifico.
Alle spalle di questo avvenimento cittadino – ma soprattutto di donne, come significa la scelta non casuale della data – c’è una lunga storia, iniziata quaranta anni fa, nei primi anni ’70 del secolo scorso, quando un gruppo di donne, ospitate all’epoca nella sede del “Manifesto”, aveva incominciato a raccogliere e a conservare i primi sacri testi del neofemminismo allora agli albori. L’attività di raccolta e scambio di testi era poi continuata in altro luogo ove aveva sede un consultorio autogestito, come si diceva allora.
In seguito, all’inizio degli anni ’80, essendosi accumulata una certa quantità di materiale, germinò in loro il desiderio di ordinare i libri, le riviste i manifesti, gli opuscoli – che venivano pubblicati in gran numero e si diffondevano velocemente in quegli anni di entusiasmo e di vitalità – e di dar vita ad una biblioteca.
Fu utilizzato il locale di Via Briganti, già sede del consultorio, alla periferia nord della città, vicino alla nuova stazione ferroviaria. Ricorsero all’autofinanziamento e anche, per alcuni anni, a qualche contributo pubblico, per il pagamento dell’affitto e l’acquisto dei libri e del materiale indispensabile al funzionamento di una biblioteca aperta alla cittadinanza.
Io, che di mia iniziativa ero entrata in contatto con alcune di queste savonesi e avevo preso a cuore l’iniziativa (e come non avrei potuto, trattandosi di libri e di luoghi per libri?), proposi loro di farmi tramite e di rifornire la biblioteca con le pubblicazioni che c’erano nella Libreria delle donne di Milano, la più attenta e la più aggiornata, in fatto di pubblicazioni femminili, che potesse esistere in Italia.
Esse, diventate ormai mie amiche, accettarono e iniziò così una collaborazione intensa e fruttuosa: mi indicavano i testi che desideravano acquisire, io li prendevo nella Libreria di Milano e li caricavo, stipati in borsone, sull’automobile che, con Vittorio, mio marito, alla guida, aspettava posteggiata in Piazza Diaz (allora la nostra Libreria era in Via Dogana), pronta per partire alla volta di Savona, meta Via Briganti. Questa operazione avveniva ogni tanto nei fine settimana o in prossimità di feste, quando io e lui disponevamo di tempo libero dagli impegni di lavoro. Il pagamento di questi libri, da parte delle bibliotecarie savonesi, avveniva regolarmente e puntualmente.
A poco a poco la Biblioteca si arricchì, con materiale proveniente anche da altre fonti, fu completata la catalogazione, la suddivisione per argomento e fu avviato il prestito.
Nella sala, circondata tutta intorno dagli scaffali e dai mobiletti degli schedari, avvenivano incontri, discussioni politiche, dibattiti sulle riviste, sulle iniziative e prospettive femministe di allora.
Venivano invitate a parlare personalità diventate note a causa della loro attività di pratica e di pensiero nel movimento. La Biblioteca era luogo d’incontro, vi si formavano nuove amicizie e relazioni politiche, vi si parlava dei libri, che erano discussi, suggeriti, criticati.
Era nata e si era sviluppata una pratica politica di donne.
Verso la metà degli anni ’90 successe che diminuirono contemporaneamente le risorse finanziarie e le energie delle bibliotecarie, alcune si allontanarono, si verificarono una dispersione e un riflusso di creatività.
Il locale, il cui affitto era divenuto insostenibile, fu chiuso. Da lì iniziò la peregrinazione attraverso varie sedi pubbliche della città, ospiti di volta in volta, grazie all’interessamento di qualche politica amica, di un Quartiere o di una Circoscrizione; complessivamente quattro traslochi, ove ogni volta veniva ripetuta l’estenuante operazione di ‘smontaggio’ e ‘rimontaggio’ della biblioteca.
Neppure in quegli anni e nelle diverse sedi mancarono iniziative e collaborazioni volte a mettere in relazione donne, anche di diverse provenienze ed ispirazioni, su pratiche inerenti vari aspetti del pensiero e della creatività femminile; fino ad arrivare, nel 2002, al momento in cui, essendo cambiato il colore politico dell’Amministrazione Comunale e, nella fattispecie, dell’ultima Circoscrizione ospitante, queste amiche non poterono più fruire di benevole ospitalità ed i libri accatastati e inscatolati trovarono posto soltanto negli scantinati della Biblioteca civica della città. L’impresa sembrava avviata definitivamente verso un triste epilogo.
Passarono molti anni.
Poi il miracolo: alcune insegnanti del Liceo Scientifico “Orazio Grassi”, vennero a sapere di questo”giacimento” e, in accordo con la Preside, si misero in contatto con le “superstiti” e con la Consigliera Provinciale delle Pari Opportunità, allo scopo di riesumarlo e recuperarlo. Fu così possibile trasportare i libri nei locali del Liceo. Queste insegnanti, coinvolgendo nel lavoro alunni e alunne, si assunsero l’incarico di analizzare il patrimonio ereditato e di estrarre dalle casse libri, riviste, documenti, di catalogarli, di disporli infine negli scaffali a disposizione di studenti, insegnanti, della popolazione del quartiere e della città.
Molti volumi – narrativa e saggistica – nel frattempo erano diventati dei classici e sono testimoni di un periodo fulgente della nostra storia recente; essi possono servire per tesi di laurea in letteratura, storia, filosofia, psicologia e pedagogia.
Ma il loro maggiore valore consiste, secondo me, nel “fare storia”, documentare cioè le radici di un pensare e di un fare, di mostrare alle giovani e ai giovani di oggi, che gli agi e la libertà di cui godono sono stati guadagnati, conservati e trasmessi dalle “madri di tutti e tutte loro”.