Mentre in Ucraina si muore col goniometro, in Italia il governo si muove come se fosse tutte le istituzioni dello Stato.
di Sergio Bevilacqua
Non mi dilungo sulla settimana di questa guerra, ove analisti da museo si scervellano sulle opzioni strategiche, come se fosse Waterloo, mentre siamo nel primo vero conflitto del Globantropocene mediatizzato, il primo dell’era post-moderna, aperta dalla Trivoluzione, la Rivoluzione Tripla che stiamo vivendo di Globalizzazione, Antropocene e Infosfera gigante dovuta alla fusione di web e telefonia cellulare. Ne riparleremo la prossima settimana.
Invece è utile ributtare un occhio a casa nostra.
È stato sollevato recentemente da stampa e giornalisti barricaderi un problema di conflitto d’interessi istituzionali in molti componenti del Consiglio di Stato, organo bifronte. Esso svolge istituzionalmente azione di consulenza alle pubbliche amministrazioni, e al Governo in particolare, sulla formulazione e legittimità delle disposizioni normative di vario ordine e grado disposte dalle stesse amministrazioni. Il medesimo organo verifica poi la coerenza costituzionale delle leggi prodotte dalle strutture dello Stato, ad esempio i Ministeri, ove i medesimi professionisti hanno incarichi, addirittura con un sottosegretario, presso la Presidenza del Consiglio appunto.
Che attività compiono questi professionisti, i consiglieri di Stato, di elevatissima cultura giuridica amministrativa all’interno dei ministeri? Si occupano della consulenza di coerenza complessiva all’intero quadro giuridico, alle sue fonti con la loro graduatoria, che vede al vertice la Costituzione; inoltre, partecipano vigorosamente alla definizione delle norme attuative, di cui garantiscono anche la messa in forma linguistica. LORO STESSI, poi, si troveranno in veste di Consiglieri di Stato, a valutarne la correttezza.
Come al solito, certa stampa esagera. Con la superficialità dello studio universitario o dell’inchiesta giornalistica, ci si ferma su aspetti apparenti e frequentemente scandalistici, anche in buona fede, perdendo di vista il quadro generale e le vere linee del funzionamento e del miglioramento delle istituzioni e dello Stato. Manca ai nostri giornalisti e a certo mondo accademico la profondità necessaria e il senso di realtà che solo la pratica dei funzionamenti istituzionali, il loro cambiamento vissuto, può portare, essendo il campo di cui trattiamo fatto di organismi, sistemi APERTI, e non macchine come tanto spesso si dice sbagliando.
Non macchine burocratiche, allora, ma organismi vitali, complessi, mutageni, spesso sorprendenti, le organizzazioni tutte, e così le Istituzioni… E quando poi iniziano a spalleggiarsi diversi giornalisti (con il supporto magari di accademici polverosi…), apriti cielo: come in questo caso, dove Radio-radio e il giornalista Amodeo fanno a gara a estrarre argomenti demagogici e populisti dalla questione degli incarichi ai consiglieri di Stato da parte dei Ministeri del Governo Draghi. E buttano il bambino con l’acqua sporca, passando loro dalla parte del torto. Un sacrificio. Un sacrificio che però dimostra l’esistenza di un problema. E il problema è la assenza di vero bilanciamento tra i poteri, non come dicono le nostre cassandre dell’informazione, avendo intanto eccitato il popolo su problemi mal posti.
La logica democratica e conseguentemente la sua organizzazione (democrazia amministrativa) si basa su due fondamenti: quello della separazione dei poteri tra esecutivo (il Governo), legislativo (il Parlamento) e giudiziario (la Magistratura) e quello, connesso appunto, da cui la separazione, tra attività dello Stato tutto (ma dell’esecutivo in particolare) e suo controllo. Visto che l’azione politica si esprime attraverso attuazione delle fonti del diritto, che vedono il Governo proporre al Parlamento (o viceversa) e il Parlamento legiferare, è la Magistratura, prima di tutto amministrativa, espressa dai livelli TAR (regionale), Consiglio di Stato (secondo grado sui TAR e atti del Governo) e Corte costituzionale, vertice estremo, a controllare.
Ma il Consiglio di Stato è anche organo consultivo, istituzionalmente. E i Ministeri producono atti giuridici. La professionalità dei giuristi del Consiglio di Stato è perfetta per quella produzione ministeriale. Ma dovrebbe essere assunta gratuitamente dall’Organo stesso, non incardinare nel Governo figure che il loro apporto lo devono dare di là. E se ricevono incarichi formali d’altro tipo di qua, sono in flagranza di conflitto d’interesse.
L’atto di attribuzione dell’incarico formale dovrebbe allora essere impugnato come illegittimo dalla stessa sezione competente del Consiglio di Stato, cui questi atti arrivano istituzionalmente per controllo, salvo la decadenza o le dimissioni previe del professionista di turno dall’organo di controllo.
Il lavoro di questo Stato antico e farraginoso non nasce illogico, ma teorico sì. Intendo dire che già all’epoca della nostra scelta di organizzazione istituzionale esistevano alternative (modello francese e modello anglo-americano), ma allora le evidenze non erano così forti. Anzi. La scelta di costruire una democrazia dal basso e uno Stato come un castello (divenuto poi quello di Kafka in Italia) anzi una piramide, con al vertice una figura di Presidente della Repubblica criptomonarchica ed eunuca si presentava allora come alternativa salubre, in particolare riguardo alla cultura civile italiana, viziata da gravi difetti, di modello istituzionale (l’epoca fascista, e monarchica) e civile (la criminalità organizzata al Sud).
Ha retto malamente, producendo disastri come la cleptocrazia della cosiddetta Prima Repubblica (formula errata e fuorviante, la Repubblica è sempre stata una sola) poi è definitivamente invecchiato. Non è più possibile nella società del “tap” e dell’infosfera moltiplicata ed estemporanea, prevedere nella organizzazione dello Stato circolazioni dovute a una struttura logico-operativa elefantiaca, figlia di una visione d’ingegneria giuridica ottocentesca che si nutre di virtuosismo logico novecentesco. Oggi va cambiato proprio il sistema: la tempestività della esigenza moderna viene da una diversa visione del ciclo civile e giuridico, che non deve essere più basato sul mito elementare della correttezza logica dell’impianto soltanto, ma soprattutto sulla sua efficacia, che vuol dire risoluzione concreta dei problemi e gestione organica e strutturata dei feedback dai risultati. La moltiplicazione della varietà nella società moderna, la sua necessaria insopprimibile inclusività culturale e di sistema olistico non consente più questo vecchiume.
Non si può lasciare un vecchio di salute molto cagionevole (questo Stato) a guardia del tesoro della Repubblica italiana, forse 4000 miliardi di patrimonio pubblico (e circa 60000 euro all’anno di servizi a ogni famiglia italiana). Tesoro della Repubblica, della cosa pubblica per eccellenza. Ove ogni famiglia italiana ha la maggior parte del suo patrimonio, circa 150000 euro, soprattutto i più poveri, che non possono opporre gli altri circa 12000 miliardi di patrimonio privato (Banca d’Italia dice 10000, ma sono di più).
E mettetevi nei panni di Draghi. Per gli italiani non è facile mantenere il controllo di questa loro repubblica. Ma nemmeno per gli altri appropriarsene. Solo a morsi e a bocconi, oltretutto tragicamente disottimali per la possibile creazione di valore per l’umanità che questo Paese può dare. Draghi, l’esecutivo: ma chi glielo fa fare di prendersi la responsabilità (non sua…) di farsi controllare dal Parlamento? O dalla Magistratura amministrativa, quando col Presidente della Repubblica s’intende e magari “ci pensa lui” con la corte costituzionale e Giuliano Amato?
No, cari amici. Così non si può andare avanti. Ma attenzione ai superficiali scandalisti. Il mondo richiede oggi molto sapere organico, che il giornalismo d’inchiesta non può per sua funzione raggiungere.
E questa strana guerra e questo strano governo lo dimostrano.
Sergio Bevilacqua