Il 10 marzo 1872 moriva a Pisa all’età di 67 anni uno degli padri dell’Indipendenza italiana: Giuseppe Mazzini.
Su di lui è stato scritto moltissimo (nel bene e nel male) e in questi giorni sono cominciate proprio a Pisa alla Domus Mazziniana alla presenza del Presidente della Camera dei Deputati le celebrazioni dei 150 dalla morte.
di Danilo Bruno
Io mi sono occupato spesso come storico del movimento mazziniano e sono diventato pure suo seguace alcuni anni fa dopo la pubblicazione di un mio saggio su Pensiero mazziniano, trimestrale dell’omonima e benemerita Associazione.
Ma cosa fa veramente Mazzini un uomo del nostro tempo.
Io credo che vi siano tre aspetti di estrema importanza, che vanno oltre alle professioni di patriottismo, di repubblicanesimo, onestà personale e intellettuale e di europeismo oltreché pacifismo.
Egli nel suo libro più importante: I Doveri dell’uomo, di cui sto curando una edizione critica in probabile uscita il prossimo anno, pone al centro dell’azione di uomini e donne proprio l’esigenza che lavoratrici e lavoratori si mettano come soggetti ,che assumono la coscienza dei propri compiti all’interno di un processo di responsabilizzazione educativa affinché essi colgano i propri doveri rispetto alla patria e più in generale rispetto alla collettività in primo luogo.
In questo contesto , se si pensa ad una società organizzata e basata su leggi e regolamenti , vi saranno norme ,che stabiliscono precisamente le condizioni in cui le persone possono avere propri diritti (principio di legalità) , a cui fanno riferimento il dovere di tutte le persone,che fanno riferimento ad una data comunità di farvi fronte.
Si tratta sostanzialmente del medesimo principio del “Welfare state“, che si ritrova più in misura limitata nelle società di mutuo soccorso, che Mazzini favorì in ogni modo poiché le strutture mutualistiche erano uno dei luoghi,che costituivano l’espressione dell’a soggettività popolare (molto importante in un tempo in cui i simboli autonomi operai non erano molti e dovevano fisicamente porsi in contrapposizione a quelli clericali (chiesa),regi (carabinieri) e borghesi (comune) ma anche ove si poteva concretamente esercitare l’autogestione operaia e l’autonoma crescita educativa dei lavoratori e lavoratrici.
Mazzini colse infatti nell’associazionismo uno degli aspetti più importanti delle esigenze nazionali poichè, memore anche della democrazia inglese, solo in strutture associative autonome lavoratori e lavoratrici potevano formare una propria coscienza critica, una cultura autonoma e soprattutto identificare una porzione di tempo libero,sottratto alle esigenze del lavoro e della famiglia ma anche della Chiesa e di altre strutture educative a carattere borghese,che pretendevano di educarli al rispetto di presunti valori fondanti della società come Monarchia, Patria e Famiglia in una logica di supina accettazione del sistema politico esistente mentre proprio la lettura mazziniana dovrebbe portare a dibattiti vivaci e a discussioni profonde , che arrichiscono le capacità critiche e deduttive di ognuna e ognuno.
In questa logica sta poi la visione mazziniana,che pone a capo di tutto il sistema Dio e il progresso come fine ultimo di tutta l’umanità .
Mazzini riteneva che Dio avesse dato ad ogni popolo un fine ultimo e per l’Italia esso corrispondeva con la propria storia ovvero la diffusione dell’arte e della cultura.
Questo fine ultimo deve essere però ben inteso poiché la piena consapevolezza di esso va a costruire la base della formazione di una nazione e l’elemento su cui si viene a fondare il principio stesso comune su cui le persone sentono di appartenere alle medesima patria. (Principio di nazionalità)
A ben vedere nei suoi testi di critico letterario e nei propri scritti culturali in genere Mazzini ha pure cercato sempre di fondare la fratellanza e l’unità culturale dell’ Europa allo scopo di trovare un comune sentire fra i popoli europei , che travalicasse i confini statali per giungere ad una Europa dei Popoli contrapposta a quella dei Monarchi,che erano usciti vittoriosi dal Congresso Vienna.
A questa visione Mazzini giunse in primo luogo proprio dalla prigionia di Savona dove ideò la Giovine Italia ( fondata poi a Marsiglia nel 1833) e dove cominciò a chiamare le giovani generazioni ad una presa di coscienza propria e soprattutto a non guardare più a modelli stranieri ma interrogarsi sulla storia della propria nazione per giungere ad una insurrezione nazionale,che portasse l’Italia alla democrazia e alla repubblica.
Vorrei qui soffermarmi su un punto: Mazzini si rivolge direttamente alle giovani generazioni e vuole soprattutto lavorare “con i giovani” e non “per i giovani” poiché essi devono fare il proprio processo educativo autonomo e commettere eventuali sbagli,chiamando gli anziani quando necessario ma nulla più.
Questo dato non è così acquisito poiché questo ha ad esempio rappresentato uno dei punti su cui la mia mozione ha perso il congresso provinciale di Europa verde-Verdi perché chi ha vinto,come in molti altri partiti e non solo, non è in grado di vedere le giovani generazioni come espressione di una autonoma capacità critica ma solo come gruppo umano quasi inerte da educare.
In ultimo vorrei porre ancora l’accento su un dato: Mazzini riconobbe sempre una netta differenza di genere fra uomini e donne,chiamando ambedue all’assunzione autonoma dei propri doveri. Tutto questo avveniva in una Umanità definita rigorosamente nei due sessi in un tempo in cui l’autonomia femminile non era in alcun modo riconosciuta e neppure teorizzata.
Mazzini ebbe anche un rapporto profondo con la propria madre,che lo sostenne e aiutò per tutta la vita ma soprattutto nella corrispondenza fra i due emerge un continuo e reciproco scambio di consigli, di critiche e di idee tanto che ho tentato pure un accostamento in due miei libri fra Maria Drago (madre di Mazzini) e la “Terza Roma” dei lavoratori e delle lavoratrici a cui l’Italia dopo quella degli Imperatori e dei Papi doveva tendere nel senso che quest’ultima assumeva quasi un ruolo simile alla madre perché più che costituire un semplice obiettivo essa doveva divenire una sorta di pungolo e continuo parametro di riferimento nella formazione della coscienza individuale e nell’assunzione delle proprie responsabilità.
Concludo questo scritto nell’auspicio che finalmente Genova voglia ricordare la memoria di Maria Drago dedicandole finalmente una via cittadina.
Danilo Bruno