Nato e Russia, quali terga da pungere.
di Sergio Bevilacqua
Vediamo subito alcuni punti che riguardano la Russia di oggi:
- La struttura del PIL russo non può evolvere più di tanto perché il secondario è maturato ed è impossibile uno sviluppo industriale capace di spostare il reddito pro-capite (11000 dollari circa) a livelli almeno italiani (tre volte quelli russi); in particolare quando…
- … i vantaggi strategici russi (le risorse naturali) sono in mano a chi non ha nessuna voglia di crearsi dei problemi con la concorrenza asprissima che incontrerebbe provandoci con l’industria. Per chi, poi? Per I poveri kulaki? Meglio difendere le miniere (e i prezzi…) con le armi (vedi la strategia di Putin e, ovviamente, poi, ciò che è già successo in Russia e potrebbe risuccedere: le rivoluzioni…)
- Putin ha truffato il popolo russo, creandosi una situazione istituzionale di strapotere cripto-zarista. Era travestito da agnello (forse è un pò troppo docile, come animale anche per quell’epoca di Putin…) e si è rivelato un lupo, con la pelle dell’orso. E adesso, son fatti loro, del popolo russo (ma sono diventati anche nostri!)
- Gli oligarchi sono dei rozzi primitivi, ben presenti sulle questioni animalesche e ben lontani dalla nostra civiltà. Per questo sono vieppiù pericolosi. Ma sanno anche che il loro benessere volgare dipende dell’Occidente. E così sa anche il resto del mondo. E che non lo si può avere, quel benessere, se non lo si diventa, occidentali, almeno un pò. E Socrate, stavolta, non berrà la cicuta.
Pur non dimenticando i furbi nostrani e confinanti, ora il vero problema della umanità è la grande vescica di arretratezza antropologica che è la Russia putiniana; essa non è la grande civiltà russa, bensì il potere della volgarità e del semplice denaro, di cui questi trogloditi (oligarchi e Putin) fanno squallida esibizione in giro per il mondo. La civiltà occidentale, consumista ed edonista, piace agli oligarchi sicuramente, e questi lo dimostrano da lustri. Il popolo russo è invece intriso di sincero popolarismo dovuto alla cultura social-comunista appresa a scuola dalle ultime 2/3 generazioni, e rimasta nel profondo immaginario anche dei giovani.
Dobbiamo dire che i sistemi percettivi sono gli stessi, nell’umanità, ed è per questo che l’umanità è tale. I sistemi culturali contano molto meno di qualche tempo fa, sommersi dalla mediatizzazione (dalla globalizzazione e dall’antropocene) e i valori più condivisi nel mondo sono quelli occidentali, che anche a me non finiscono del tutto, ma tant’è… Il sostegno che Putin ha avuto e sembra ancora avere dal suo popolo è dovuto alla cultura di dittatura (una volta era “del proletariato”, ma pur sempre dittatura era, civilmente parlando), che schiaccia le obiezioni, al controllo dell’informazione e, va detto, alla impressione di dignità che Putin aveva saputo restituire al depresso popolo russo, dopo le decine di milioni di morti della rivoluzione comunista, della seconda guerra mondiale, i diversi milioni dello stalinismo, la disfatta dell’URSS e del comunismo cui molti credevano, la perdita dell’ “Impero”, le sbronze di Yeltsin e l’odio dei popoli sottomessi a carrarmati.
Un lupo vestito da agnello, Putin: e la gente, che ha vissuto una democrazia fasulla, ove la rappresentanza fu sempre di un partito unico, divenuto covo di egemoni e oligarchi (prima e dopo il 1991), ci è caduta.
Il motivo per cui tutto ciò succede oggi è collegato a un realismo che ci sfugge. La Realpolitik tra Machiavelli e Bismark consente mille astuzie e sotterfugi, bugie e contraddizioni. Allora, mi vien da dire che le zone paludose della civiltà sono destinate al risanamento. Ho spiegato che la civiltà della trasformazione industriale, il terziario e il quaternario che stiamo vivendo, presenta caratteri etnologici superiori a razze e storia, in quanto sono essi stessi storia e fanno molto dell’etnicità dei popoli, che non vedono più il colore della pelle ma le manifestazioni di abiti e capacità economica. Bello o brutto, è proprio così. E allora, i principi… i valori? I principi e i valori possono operare, in molti di noi, che hanno mantenuto lo spessore intimo del processo conoscitivo, con le sue limitazioni e la sua necessaria ermeneutica, revisione ragionata. Se però queste basi del buon senso vengono eluse, evase e infrante, ciò non significa ancora tutto il male.
Di male ce n’è di qua e ce n’è di là. Ci sono astuzie di qua e ce ne sono di là. Perché? Perché la materia è indeterminata, siamo di fronte a sistemi aperti, che vanno gestiti con estremo equilibrio. Ma ogni sistema sa che la sua vita è preziosa, e l’esposizione alla morte, cioè alla fine dell’apertura organica per la costruzione progressiva, è ciò per cui si cerca il braccio di ferro, l’uso della forza, la terribile guerra, anche quando controllata. Stiamo assistendo a una guerra tattica, fatta di morti veri, violenza vera, ma non di perdita di raziocinio. Certo, molto meglio se la aggressività umana fosse incanalata nel modo, ormai acquisito, del confronto economico o, in extremis, diplomatico… Ma chi spinge sulle materie prime? Chi le vorrebbe per sè? Le materie prime sono corpo, territorio… Si difendono con il corpo, non con azioni su solo su sistemi informativi più o meno umani come quelli del business…
Questo è l’orso russo. Un orso, anche come reazioni. E gli etologi sanno che gli orsi non sono addomesticabili. Insomma, l’orso muore sulla sua terra. Ed è spaventosamente aggressivo se viene provocato. Io dico che la Russia deve essere coinvolta, passata questa crisi, sulla base di solidi meccanismi economico-finanziari e di politica interna e istituzioni. La maturazione dell’economia industriale, quella della trasformazione dei materiali, con i potentati economici neo-feudali e la Cina che vola, hanno dato uno spazio ormai chiarissimo a chi ha una economia basata sulle risorse naturali.
La Cina, paese di per sé non aggressivo (invito tutti alla visita del Paese, o quanto meno dei numerosi musei di cultura cinese sparsi i Italia, ad esempio il Museo Cinese ed etnografico di Parma, piccolo e pregnante) è diventato leader economico sfuggendo al becco dell’Aquila USA che colpì il Giappone negli ’80 grazie all’enormità del suo mercato interno. La Cina è stata mite e resistente, anche ai turbolenti Mongoli, che hanno portato i loro geni in Europa in sella a cavalli e cattiveria, fermandosi poi per secoli nella prima Russia, la somma delle attuali Ucraina, Bielorussia, Lituania, Estonia e Lettonia, terra dell’Orda d’Oro cosiddetta appunto per il colore della pelle e per le enormi ricchezze dovute ai commerci che passavano di lì per andare dal Baltico al Nero/Mediterraneo e ritorno.
Per le materie prime, per le risorse naturali, vera ricchezza (oligarchica e putiniana) della Russia di oggi, 2 clienti o 3 è infinitamente meglio di uno solo: con uno, sei suddito, se va bene…, con 2 o 3 sei sovrano. Oggi la Russia è forte perché di clienti ne ha 2/3. E fa la voce grossa. A modo suo, come un orso. E l’Europa, che si sente debole (e la è: nulla può una coltissima ballerina contro un orso aggressivo fuori dal teatro della sofisticata economia e finanza, salvo invocare l’aiuto della solita Aquila USA) deve decidere se sottostare ai ricatti dell’Orso o a quelli dell’Aquila transatlantica, che a sua volta ne fa di tutti i colori…
Questo braccio di ferro USA-Russia ritarderà la autonomia strategica europea e anche molti possibili fatti di residua macroeconomia, come la razionalizzazione logistico produttiva nel macro-continente eurasiatico, entrambe cose che gli USA abborrono. Comunque tranquilli, che non succede niente di troppo grave. Il Nuovo Feudalesimo super-statale (sopra gli Stati) non lascerà che i propri possedimenti siano distrutti da quei tribuni della plebe che sono gli Stati oggi. E che devono ancora capire che hanno un ruolo sindacale, sindacale soltanto (anche se non è poco), e che i forconi non trovano terga da pungere, che non siano quelle dei popoli stessi.
Sergio Bevilacqua