Era tempo che non capitavano tanti guai tutti assieme, quello che sta succedendo però non è solo frutto del caso ma ci deve far riflettere sulle responsabilità di ognuno di noi. Finiti i tempi delle “vacche grasse” ci troviamo impreparati ad affrontare situazioni che minano non solo il benessere materiale ma anche l’integrità psichica degli individui più deboli ed emarginati.
di Gian Luigi Taboga
Le epidemie sono sempre state un flagello , spesso con conseguenze catastrofiche per intere popolazioni , non è giustificabile pertanto la mancanza di un piano generale e preventivo d’intervento sanitario. Nel caso della pandemia in corso abbiamo assistito, e continuiamo ad assistere, a provvedimenti improvvisati e contraddittori con i quali i Poteri Centrali e quelli Periferici sono entrati in conflitto fra di loro, a danno di una politica sanitaria unica e nazionale.
La peste suina non è una novità, ma la prevenzione e i rimedi sono studiati sul momento , con conseguenze che potrebbero avere gravissime conseguenze per settori importanti quali l’allevamento suinicolo, il turismo dell’entro terra , l’agricoltura e l’esportazione dei salumi italiani.
La siccità non è più soltanto ciclica ma progressiva e conseguenza diretta delle variazioni climatiche, dovute in parte ad attività umane incontrollate e dannose all’ambiente. La gestione del ciclo delle acque , scoordinata e irriguardosa di interessi generali e diffusi , non trova adeguate iniziative per quanto riguarda la captazione e la distribuzione ma tollera sistemi e metodi non consoni alla gestione di un bene così prezioso.
La mancanza di sistemi di accumulo, la rete distributiva a colabrodo, il mancato riutilizzo delle acque reflue della depurazione per uso agricolo ed industriale, peseranno in maniera determinante su tutti noi, mentre chi di dovere non dimostra adeguate e sostanziali capacità d’intervento.
L’inflazione è un cancro che distrugge i risparmi e il potere d’acquisto del consumatore mentre spesso rimpingua le casse di speculatori occulti e spregiudicati. La regolazione del mercato non dovrebbe essere una mera aspirazione ma impegno diuturno delle Autorità competenti che dovrebbero vigilare ed intervenire tempestivamente la dove è necessario. Assistiamo ad una arrendevolezza disarmante, mitigata solo al ricorso di sussidi, che non eliminano il fenomeno, ma ne perpetuano la perversa esistenza senza reciderne le radici.
Una Repubblica “fondata sul lavoro” non può tollerare che per lavoro si muoia. I Padri Fondatori hanno voluto dare massima dignità al lavoro facendolo assurgere a punto di riferimento per tutti gli italiani, disatteso nei fatti dai luttuosi incidenti che la cronaca giornaliera riporta. Basta, si ripete da tempo, ma i provvedimenti adeguati mancano e di lavoro si continua a morire.
Tollerare la violenza è come esserne complici, Non basta il progresso tecnologico per definire civile una società , occorrono tolleranza e abnegazione, accoglienza e solidarietà Purtroppo stiamo assistendo ad un imbarbarimento dei costumi e in molti settori la violenza alligna e si esprime con atti inconsulti di ferocia inaudita. Purtroppo nessun strato sociale o livello di età ne è immune.
Le guerre si vincono o si evitano , meglio evitarle. Non abbiamo un nemico manco ad inventarcelo e ,anche se le avessimo, non abbiamo mezzi per vincerlo ; non ci resta che una soluzione : evitare la guerra ad ogni costo , costi quel che costi. Diplomaziaaa, se ci sei batti un colpo,….. (di genio)…. perché altro non abbiamo !
Persone di bassa o elevata cultura, di responsabilità sociali le più diverse, giovani e giovanissimi sembrano essere dominati da sentimenti di prevaricazione su i più deboli, in spregio e a dispetto di dogmi morali, patrimonio dell’intera Umanità.
Occorre un’inversione di tendenza, un riscatto della Società Civile, spronando la classe politica e amministrativa ad un ripensamento delle proprie responsabilità e ad una rivalutazione del ruolo dei semplici cittadini in quanto tali o associati espressione di particolari interessi morali, culturali, religiosi, politici e, perché no, anche sportivi.
Muoviamoci, in tempo e modi utili a noi e ai nostri posteri.
Gian Luigi Taboga