Avrei potuto iniziare in qualsiasi momento questa storia incredibile, pensata e ragionata nella mia testa, la mia pura elegia infantile, invecchiata con me e nel ricordo di mia nonna Virginia di Rocchetta che si è rinforzato nel tempo.
di Bruno Chiarlone
Una donna maturata nella mia memoria, presenza casuale in vita, perché mai si era sentita utile e adatta, in nulla, nei confronti dei bambini della sua famiglia. La ricordo tuttavia affettuosa e intenta a raccontarmi una favola che si era fatta insegnare da mia mamma oppure quando mi offrì un bicchiere di acqua zuccherata come unico rimedio al mio stomaco sottosopra, dopo che avevo girato in tondo sull’altalena, nei pressi della Cascina Nera, alle Moglie Verdi.
Dal cortile della nostra casa alle Peire, molte sere scorgevo la nonna in lontananza, spuntava dalla strada delle Moglie Verdi, camminava pianissimo, diretta verso lo stradale, la strada asfaltata. Rientrava alla vecchia abitazione di via Montenotte, quella che il suocero Luigi Debenedetti aveva venduto sua sponte al giovanissimo nipote Pierino, prima che altri gli dividessero anche i cucchiai della cucina, come avevano minacciato.
Mio zio Pierino Debenedetti (l’erede maschio, primogenito) nacque nel 1909, l’11 gennaio, da Virginia Granata e Giovanni, che sono i miei nonni materni.
Loro due si erano sposati in chiesa il 3 marzo 1908 a Rocchetta Cairo ed erano residenti in via Castellaro, in quella casa a due piani più soffitta, con stalla e fienile, posta a sinistra della strada acciottolata che sale in direzione dei Ciapperoli, che, nei primi anni ‘30, sarebbe diventata via Montenotte.
Abitavano nella casa dell’anziano papà Luigi (Luigén) Debenedetti, possidente, rimasto vedovo di Rosa Colombo nel 1890, quando il figlio Giovanni (Gianetu) aveva solo nove anni e la figlia Carmelina Annetta ne compiva quattro.
Pochi mesi prima di morire la loro mamma, la povera Rosa Colombo, aveva messo al mondo Giuseppe, che tuttavia ebbe vita brevissima, lasciando questa terra il 10 novembre 1893.
I Granata, fratelli e sorelle di Virginia, che erano nati ad Altare, Pallare e Biestro, dalla famiglia di mezzadri, hanno abitato la cascina della Marchesa alle Moglie Verdi dove nacque Pietro Ernesto, che visse solo sette mesi, morendo il 18 febbraio 1905.
Non so se fossero mezzadri o affittuari di quella grande cascina delle
Moglie, né quando la lasciarono per stabilirsi al
Pian der Grop, forse lo fecero quando la loro figlia
Bianchina sposò
Agostino Salvagno di Rocchetta, il 25 ottobre 1919 e si stabilì in casa del marito all’
Arbu der Mangu.
La prima bambina di mia nonna Virginia fu chiamata Erina, che è mia zia Rina, la quale, a 23 anni, nel 1935, sposerà Doardo Oddera e si trasferirà nella sua casa contadina a metà collina, che condividerà con il suocero Andrea, nella bella località di Rocchetta Cairo detta anticamente Moglie Verdi. Poi nasceranno Marisa, Gian Carlo e Gian Franca.
Bruno Chiarlone