La parola “Böögg” sembra essere imparentata con l’uomo nero e altri mostri immaginari come il babau o il lupo cattivo. A Zurigo, il “Böögg” assomiglia a un pupazzo di neve e simboleggia l’inverno. Bruciando il “Böögg”, si vuole scacciare l’inverno e dare il benvenuto alla primavera. E in Liguria ? Tutte le località dove si festeggia.
di Alesben B.
La Festa di Primavera di Santa Maria Ligure nostrana propone l’accensione di un falò, e la distribuzione gratuita di frittelle. La festa si celebra il 19 marzo nella stessa giornata dedicata a San Giuseppe, e da sempre rappresenta la fine dell’inverno e l’inizio della primavera. Per festeggiare questo momento importante in passato ogni famiglia offriva l’ ultima fascina di legna, che si sperava non servisse più, i mobili vecchi, i residui del raccolto sui campi per farne un grande falò.
Ancora oggi a metà marzo iniziano i preparativi per la festa. Tutto inizia con il montaggio dello stand sulla spiaggia del quartiere di Ghiaia e l’accumulo del materiale da bruciare. Gli organizzatori preparano le frittelle con due quintali di mele, un quintale di cipolle, tre quintali di farine, settanta chili di baccalà , un quintale di zucchero, cinquanta chili di uvetta e cinquanta di limoni. Il tutto annaffiato con oltre 500 litri di vino nostrano delle colline liguri.
Anticamente il mese di marzo era dedicato a Marte e in suo onore si tenevano feste. Il Marte dell’equinozio di primavera non era il dio bellicoso delle battaglie, ma quello pacifico della fecondazione. In Liguria, a Santa Margherita Ligure, più precisamente nel quartiere di Ghiaia, la primavera viene accolta con canti, fuoco e effluvi di olio fritto: la Festa di San Giuseppe, santo venerato dai genovesi fin dal 1500 e addirittura proclamato come uno dei co-protettori della città di Genova.
A San Gioxeppe, se ti peu, impi a poela de frisceuâ – Le frittelle sono uno dei simboli della Festa di San Giuseppe a Santa Margherita Ligure. Salate, dolci, con l’uvetta e accompagnate da un buon vino vengono gustate mentre il folklore esplode in città . Un altro simbolo della festa è l’ormai famosa luminea de San Gioxeppe, vanto folcloristico della città. Nella cultura tradizionale, da sempre, il fuoco segna i momenti di passaggio del ciclo dell’anno, come la fine della brutta stagione e delle fredde ed umide giornate invernali.
Lo sfavillio delle fiamme sono un segno di buon auspicio, scacciano gli spiriti maligni e hanno funzione augurale e scaramantica. Dopo millenni il fuoco rimane il luogo intorno al quale si raccoglie una comunità che ripropone un rito di passaggio.
A Santa Margherita, per San Giuseppe, “fioccavano” i turisti e la qual cosa non era ben accetta alle genti liguri: perché a loro si e a noi no ? Ed è così che Genova e Savona ma anche in altri Comuni liguri anticamente sede di podesterie e capitaneati, nei primi anni del XIV secolo, diedero vita ad un’antica manifestazione culturale: O confeugo /u kuŋˈføːgu.
La tradizione nacque a Genova, come attestano alcune fonti storiche, nei primi anni del XIV secolo anche se molto probabilmente tale usanza storica risale a tempi più antichi. Nata per omaggiare la massima carica del Libero Comune – il podestà – e in seguito della Repubblica di Genova [i Capitani del popolo] e dal 1339 il doge stesso – la cerimonia popolare consiste nel donare all’autorità pubblica un grosso tronco d’alloro coperto da rami e adornato di nastri bianchi-rossi, i colori del vessillo di Genova, e nella relazione dei diversi problemi cittadini ai quali l’amministrazione locale deve porre rimedio.
Il confuoco di Rapallo nel 2007
La commemorazione storica vuole che sia l’abate del popolo – per Genova il rappresentante delle tre podesterie del Bisagno, del Polcevera e di Voltri – o il governatore/rappresentante di una zona della città ad officiare tale manifestazione.
Il confuoco fu celebrato annualmente fino al 1499 quando fu abolito durante la dominazione francese del re Luigi XII; ripristinato nel 1530 fu nuovamente soppresso dal Senato della Repubblica di Genova il 30 dicembre del 1637 poiché, secondo il testo del senato, causava gran confusione e una grave spesa per la popolazione della val Bisagno.
La cerimonia – celebrata in seguito con toni minori e più in forma “privata” – fu comunque eseguita fino al 24 dicembre 1796 dove l’ultimo abate di San Martino di Struppa, Antonio Bazzorao, consegnò l’augurio di inizio d’anno al doge Giacomo Maria Brignole. Storicamente fu l’ultimo omaggio alla massima carica repubblicana poiché dal 22 maggio 1797 la nuova dominazione francese di Napoleone Bonaparte decretò la soppressione della Repubblica di Genova e, di conseguenza, della manifestazione popolare.
Dopo una lunga sospensione di tempo, durata ben 127 anni, l’associazione A Compagna deliberò nel 1923 di ripristinare questa importante cerimonia. Ispirandosi all’antico Confeugo, il 24 dicembre 1923 venne solennemente consegnata al sindaco senatore Federico Ricci una pianta d’alloro adorna dei colori rosso e bianco[1]. Ultima cerimonia prima della II guerra mondiale fu quella del dicembre 1937; ripresa nel 1951, la cerimonia si svolge dal 1998 a «Paxo», ossia nella sede storica di Palazzo Ducale dove era nato nel medioevo. Oltre all’offerta dell’alloro si è aggiunto nel 1974 «o tondo de Natale»: un piatto di ceramica decorato a mano nell’ambito della tradizione artistica ligure.
Oggi la festività viene rinnovata in diversi Comuni e borghi della Liguria con uguale rito ufficiale – il falò del ceppo d’alloro – ma con varie modalità celebrative a seconda del Comune. Nel ponente ligure viene officiata ad Albenga (nella frazione di Lusignano), Imperia, Noli, Savona, Varazze, Arenzano e Genova; nel levante nei Comuni di Uscio, Recco, Santa Margherita Ligure, Rapallo, Chiavari, Lavagna e Sestri Levante (quest’ultima nella frazione di Riva Trigoso).
A Genova l’allora manifestazione prevedeva lo scambio di auguri tra l’abate del popolo e il doge a palazzo Ducale lasciando nel cortile il ceppo di alloro e rami, chiamato confeugo da cui deriva la denominazione della cerimonia storica. L’abate, giunto al cospetto della massima carica repubblicana, proferiva le seguenti parole di saluto in lingua genovese Ben trovòu, Messê ro Duxe il quale rispondeva a quest’ultimo con l’affermazione Ben vegnuo Messê l’Abbòu.
Dopo lo scambio dei doni, un mazzo di fiori finti per il doge e un biglietto cartulario da cento lire del Banco di San Giorgio per l’autorità religiosa, l’abate elencava i problemi della popolazione cui il doge avrebbe dovuto porre rimedio nell’anno successivo. Il ceppo d’alloro veniva acceso nella notte della vigilia di Natale dal doge alla presenza di personalità dei collegi comunali e dell’arcivescovo di Genova; la cerimonia si concludeva con lo spegnimento del falò gettandogli sopra del vino, zucchero e confetti e con un banchetto gratuito presso il palazzo ducale.
Nella cerimonia del 22 dicembre 2007 si è verificato nel confuoco del Comune di Genova un evento storico poiché, per la prima volta nella storia della kermesse popolare, si è dovuto cambiare la classica formula di saluto del XV secolo. Nel saluto tradizionale l’abate si è rivolto alla sindaco genovese Marta Vincenzi – prima donna a diventare primo cittadino del capoluogo ligure – con la denominazione Madamma Duxe (signora Doge) anziché il classico Messé ro Duxe.
Alesben B.