In questi disastrosi anni di pandemia la destra ligure non ha smesso di “battere colpi”, mettendo le mani sopra al parco regionale e patrimonio UNESCO dell’area di Portovenere.
di Danilo Bruno
E’ inutile ricordare l’importanza della zona e la ricchezza naturalistica e monumentale della zona delle Cinque Terre, di Lerici, delle isole del Golfo dei Poeti.
In questi anni il Governo regionale insieme al sindaco di Portovenere, Cozzani, nel frattempo diventato capo di gabinetto del Presidente della Regione, hanno elaborato numerose idee per privatizzare e portare cemento nelle zone spezzino.
In primo luogo bisogna pensare alle tre isole di Palmaria, Tino e Tinetto dove si ipotizza un Masterplan, che porterebbe in particolare la Palmaria con investimenti privati a divenire una sorta di “resort di lusso” per ricchi e famosi personaggi mentre alla popolazione locale sarebbe praticamente precluso l’accesso fatta salva la possibilità di adocchiare da lontano i “VIP” in vacanza.
Da tempo si è mosso un grande fronte di cittadine e cittadini con partiti e associazioni affinché finalmente l’isola divenga un grande parco naturale,accessibile magari a numero chiuso in modo che possa divenire un giardino botanico e un luogo naturale da percorrere nel massimo rispetto della natura e della cultura dei luoghi.
Si tratta evidentemente di due posizioni antitetiche,che, nel secondo caso, vogliono puntare ad un godimento collettivo e sostenibile dell’isola principale ma anche alla possibilità di accedere a numero chiuso all’antica struttura paleocristiana di San Venafro sull’isola del Tino.
Inutile dire che questo progetto peraltro ancora da discutere e da sviluppare permetterebbe la creazione di posti di lavoro ma soprattutto di mantenere la naturale vocazione ospitale della costa ligure, evitando colate di cemento, insulsi tentativi di recupero a fini privati delle antiche strutture militari e soprattutto la privatizzazione dei tratti di costa più suggestivi.
Lo scorso anno poi il Comune di Portovenere ha avviato la vendita di parte del patrimonio pubblico e qui nuovamente la “foga privatizzatrice” si è fatta avanti.
In primo luogo si è tentato di vendere un piccolo tratto di piazza pubblica ma peccato che essa confinava con il castello e con la chiesa vicina e che costituiva l’unico affaccio pubblico sulla grotta di Byron.
Si è sviluppata una grande battaglia insieme alle opposizioni consiliari a cui ha partecipato pure il sottoscritto e l’operazione è rientrata poiché il Comune di Portovenere anche dinanzi all’esposto inviato dal sottoscritto alla Corte dei Conti non ha potuto motivare sufficientemente l’irrisoria cifra richiesta per togliere dal godimento collettivo un angolo del paesaggio della zona unico e suggestivo.
In questi giorni la comunità del buon senso della zona è di nuovo in azione poiché il Comune vuole vendere una area prossima al castello con una antica costruzione, un muro di contenimento definito “ciclopico” per le proprie dimensioni e i segni di una antica attività di archeologia industriale.
Qui è nuovamente partita la protesta popolare, che ha superato le cinquantamila firme in una specifica petizione, per impedire all’asta di una area detta della “Crocetta ” dove vi sono importanti segni naturalistici e aree coltivate oltre ad un muro di grandi dimensioni ,che dovrebbe proteggere gli olivi dai venti mentre l’edificio storico e i segni di una antica attività di estrazione di materiale attestano la frequentazione dei luoghi nei secoli.
Sono emerse proposte di riprendere le coltivazioni, svolgere in loco e non solo attività didattiche,valorizzare la presenza umana come si è sedimentata nei secoli,…insomma oltre ad un NO netto e chiaro all’ennesimo rischio di privatizzazione del territorio stanno emergendo progetti e proposte di grande rilievo e interesse.
Qui sta veramente la novità della situazione poiché invece di continuare semplicemente a dire NO alla distruzione del territorio a Portovenere sono nati approfondimenti storici e culturali oltre a proposte di grande valore,che andrebbero messe a regime e discusse per la creazione di un progetto sostenibile per l’intero territorio UNESCO.
Insomma il mondo culturale e ambientale dimostra di saper elaborare idee, proposte e soprattutto un metodo di lavoro, che parte dalla storia e dai valori emersi dal territorio per riuscire a proporre progetti innovativi per una gestione sostenibile delle zone interessate.
Danilo Bruno