Savona capoluogo anni ’60, città industriale e portuale. Pulita, qualche negozio d’avanguardia, servizi a misura d’uomo; gente che mediamente “se la cava”, svariate le famiglie benestanti. Una provincia, il cui reddito pro-capite risultava, in Italia, secondo solo a Milano.
di Sergio Ravera
Turismo da Riviera e agricoltura pregiata nel Ponente; alle spalle del capoluogo, un sistema produttivo di prim’ordine, con utilizzo di manodopera rilevante oltre che qualificata, tale da porre l’entroterra valbormidese tra i primi distretti industriali italiani nel rapporto addetti/abitanti. Un altro mondo.
Poi, altri tempi. Economia in rapida evoluzione ai diversi livelli: nazionale e mondiale; perdurante e sonnolenta nel levante della provincia. S’aprono i tempi del commercio e dei servizi – settori non produttori diretti di reddito – concomitanti la caduta verticale del ruolo di una città che, con l’aumento seppur temporaneo di nuovi residenti, non si attiva a predisporre progetti e strumenti in grado di fronteggiare la nuova domanda di lavoro.
Poche righe, dunque, della recente storia di una città ansante che, tutt’oggi, non trova nuove vie allo sviluppo. D’altronde, si era inserito nella mente dei savonesi “quel poco ma sicuro” (nonostante di certezze il futuro ne assicurasse in verità ben poche), che costituì un freno alla stessa borghesia nell’aprirsi all’innovazione. Il solito sbocco importante: l’edilizia, peraltro – da sola – insufficiente a reggere, tra alti e bassi, il sistema nel suo insieme.
PNRR, occasione irripetibile- Eppure, Savona vantava una tradizione imprenditoriale, una posizione territoriale, la cui valenza avrebbe successivamente trovato freno in una rete logistica irrazionale, oltre che insufficiente. Un riscontro? Quello del turismo che, in provincia sessant’anni fa, copriva di presenze gran parte dell’arco annuale, offrendo ospitalità a forti correnti estere. Traguardi dileguatisi in troppi campi d’attività, per non sottacere di strutture obsolete, lasciate all’abbandono. Pensiamo al capoluogo e all’antica roccaforte del Priamar . Computi che non tornano, significando l’inutilizzo di edifici e di strutture dimenticate.
Oggi, partendo dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e in occasione del Bando di Rigenerazione Urbana, un primo passo – nell’ottica dell’auspicato risveglio – potrebbero condurlo a buon fine Albenga e Savona, città quest’ultima cui verranno affidati 19 milioni di finanziamento pubblico per la ristrutturazione di Palazzo Santa Chiara, del complesso di San Giacomo, dell’ex magazzino Ata e della piscina di Piazzale Eroe dei Due Mondi. Un iter amministrativo-progettuale-realizzativo che impegnerà seriamente il Comune, ad iniziare dalle finalità del recupero di un edificio, appunto quello della piscina, che mostra evidenti segni di degrado e su cui si sono aperte discussioni sulla futura destinazione. Interventi che ci auguriamo possano svolgere un’azione d’interesse, quindi di partecipativa privata, laddove il finanziamento pubblico sia indirizzato anche alla promozione d’immagine di Savona nel vasto hinterland padano. Una sfida che confidiamo possa trovare seguito e compimento con il recupero di alcuni borghi della costa e dell’ entroterra.
Alla ricerca d’immagine- D’altronde, di novità vere in termini di produzione di valore aggiunto non se ne parla da qualche decennio, se non ritornando alla fine degli anni ’80 del secolo scorso: dinanzi al terminale contenitori di Vado Ligure e allo stesso scalo marittimo di Savona inopinatamente sottoposti a Genova; a corsi universitari sottratti in parte alla stessa Genova costati, per chi non lo sapesse, un’improba fatica, stante un capoluogo regionale che non voleva privarsi di alcunché.
Con Comune e Provincia di Savona, d’altronde, che manifestavano apertamente il loro dissenso all’iniziativa. Taluni immaginando un pensionato a Genova per i nostri laureandi, balenando un autentico torrione di difesa savonese. Mentre a livello locale, andava manifestandosi una storia mal raccontata già agli inizi, scientemente nascosta per ragioni eminentemente politiche in seguito. Per finire, rammentando tra le iniziative lo splendido Museo della Ceramica e il segmento crocieristico, di cui nutro tutt’oggi forti perplessità, che ha portato all’affondamento del progetto di un grande approdo turistico nella parte antica del porto, rinunciando a ben altri risultati in termini di occupazione e di valore aggiunto.
Sicchè ripartiamo dal mare (non sufficientemente conglobato nel futuro della città, guardando oltre i confini nazionali) e dal PNRR, riferendoci al Priamar e, in questo stretto ambito, ai finanziamenti destinabili alla vecchia piscina che sporge sul mare. Finalmente auspicando pensieri e progetti di novità, immaginando un utilizzo che costituisca fonte di immagine e di reddito per la città.
(Si dirà: facile parlarne, difficile, politicamente complesso proporre soluzioni. Tra le molte idee talune non compiutamente finalizzate, la ristrutturazione dell’edificio per ospitare congressi aziendali, manifestazioni e mostre (anche permanenti) di prodotti nel più ampio spettro interregionale, di cui, a suo tempo, ne venne verificata la fattibilità in altra sede).
Sergio Ravera