Non più distinguibile dal contesto. Cancellare le tracce. In altri luoghi e altri tempi. Quando si leggerà in futuro il mio libro postdatato ci saranno stati nove anni di stacco dal palcoscenico quotidiano delle rappresentazioni individuali.
di Bruno Chiarlone
La mia figura esteriore sarà scomparsa dal radar, la mia sagoma si sarà fatta trasparente o dello stesso colore dello sfondo visibile. Non sarò più distinguibile dal contesto: avrò sgombrato il palcoscenico del teatro pubblico e sarò passato da attore a spettatore, tra la moltitudine della platea pagante.
Disattivata ogni singola azione saranno rimaste poche righe nei registri dello stato civile, nel luogo dove sono nato e registrato, molti anni fa.
Altri appunti e scritture saranno sparse lungo il cammino che ho percorso in altri luoghi e in altri tempi, ma nel momento futuro in cui si leggerà, saranno difficili da reperire per chiunque e specialmente per chi non sa, a priori, dove cercare.
Ormai non si sarà più neppure il mio nome e cognome, né quando venni alla luce e in quale luogo.
Si sarà fatta quella che nel gergo dei letterati è definita “tabula rasa” perché nulla di me debba interferire nella lettura del libro stampato. (E per favore non fate nulla in memoria di me.)
Man mano che procederemo nell’introduzione al testo vero e proprio, come lettori ci spoglieremo di riferimenti e distrazioni con il pregresso, per addentrarci nella narrazione corale, nella storia collettiva del fu, del come e del dopo.
Per capire i rudimenti di questo nuovo futuro che in effetti era già possibile e immaginabile molti anni fa, come avremo modo di appurare nelle pagine che seguono se ci consegneremo anima e corpo all’opera letteraria da leggere che avremo in quel momento tra le mani.
Cancellare le tracce, lasciare tutto come si è trovato: questo vale anche per le escursioni nel bosco.
Non deve rimanere nulla del nostro passaggio, neanche un rametto spezzato, una foglia lacerata, una piantina calpestata.
Neppure la nostra presenza deve essere notata o percepita in qualche modo.
Il tentativo è quello di orientarsi verso una vita selvatica piena di attenzioni vegetali e cromatiche come fa la selva oscura. Studiarsi bene i colori del bosco.
Mascherarsi in modo naturale, mimetizzarsi con l’ambiente circostante utilizzando gli stessi colori che ci sono attorno a noi, spezzare il disegno della nostra figura per integrarla nell’ambiente. Invisibili allo sguardo che scruta dal satellite spia.
Spostarsi lentamente come la luce e l’ombra che si muovono nel bosco, come le foglie e i rami che si piegano con naturalezza al vento forte.
Camuffarsi come alberi o cespugli colorando il volto e le mani come muschio o foglie variopinte.
Rallentare i movimenti, stare immobili a lungo. Restare in ombra o restare al sole ma coperto con gli stessi colori dell’ambiente circostante.
Diventare parte della natura e guardarsi attorno come un camaleonte. Pensare come l’albero, come il cespuglio nel folto del bosco e dondolare come essi nel disegno complesso della natura.
Dare riparo sicuro alla lepre e al capriolo, stormire come la foresta dei faggi a Montenotte dove nascono silenziosi molteplici funghi e passano tranquilli i cinghiali selvatici.
Bruno Chiarlone