Iniziano ad alzarsi i toni del dibattito sul ruolo che sta assumendo il Governo Draghi in economia. Apprendisti stregoni vari, del settore o esterni, per la versatilità della materia economica e per le fragili e sparute leggi che la governano, si sentono in diritto di dire la loro, criticando l’operato del Governo.
di Sergio Bevilacqua
Che la teoria economica sia venerata in modo sospetto dal mondo della comunicazione e da quello della scienza-di-regime, che si presti ad essere strattonata da una parte e dall’altra e che il suo confine con la finanza tenda sempre a fare entrare prassi e progetti che poco hanno a che fare con l’organicismo della produzione concreta del valore (economia) per governarla con una pura matematica opportunistica, è purtroppo un triste dato di realtà.
Questo è sempre stato il mio dubbio su Mario Draghi: un uomo di grande competenza ed esperienza, di tipo istituzionale (ce ne fossero…), comunitaria (ce ne fossero…), manageriale per enti complessi continentali (utilissima…) e poi naturalmente finanziaria, cioè sul giro del denaro come effetto della produzione del valore ma che di economia stretta ne mastica poca. Non un professionista della politica con sensibilità imprenditoriale, cioè, bensì un esperto di finanza aerea, in rarefatta matematica e in fortissima adesività politica. Attenzione, però: non è ancora una critica. Questi aspetti sono necessari a un Capo di Governo di un Paese importante come l’Italia. Condizione necessaria, ma non sufficiente.
Infatti, l’aspetto finanziario, pur essendo figlio, può diventare padre, ma senza la madre (la visione, il lavoro e la organizzazione concreta d’impresa) produce solo prole cagionevole e aborti. E questo sia che si neghi, sia che si doni. L’azione economica e quella finanziaria sono sempre correlate, sia in andata che in ritorno. Sì possono far fallire ottime iniziative perché si danno soldi ad altre non altrettanto buone, perché non sono dei propri amici, perché le si fanno aspettare troppo, perché si privilegiano facili redditività, perché si preferisce sostenere il consumo anziché l’organizzazione del business… Insomma la finanza può davvero danneggiare l’economia, così come la può facilitare.
E un buon imprenditore che ha un piano per una iniziativa sana di produzione del valore, per un’azienda quindi con un buon business plan, ha oggi sempre più spesso bisogno di finanza, molto più del passato. Una volta i business nascevano a migliaia e migliaia nelle “cantine” in tutti i settori, (e non solo nell’informatica – comunicazione come oggi) e si basavano su una finanza che cresceva attraverso l’economia (le vendite) e così, dall’idea brillante, si creava l’organizzazione e il capitale di funzionamento. Oggi, con la globalizzazione totale, occorrono altri livelli di consapevolezza e di tecnica finanziaria.
Che però l’economia sia quasi natura, nel suo emergere e affermarsi, è sempre vero.
Ma che oggi il fantasma finanziario sia più forte che in Ghost-Buster, è verissimo.
Ed è proprio un ghost, un fantasma, fatto di astrazione, di logica matematica e di volontà politica. Lì si schianta la passione imprenditoriale, veto motore dell’economia dal basso, cui si lega il gioco del lavoro, quel meccanismo di ripetizione che è proprio delle fasi della produzione economica e che vede gli individui motivati a ripetere gli atti della propria competenza, come anelli della catena della produzione del valore in una azienda, in un business, o nell’altro.
Allora domandiamoci: vogliamo una Umanità organica, simbolica, che opera nel reale della produzione del valore, o un’Umanità inorganica, matematica, che attraverso semplice esercizio logico astratto, mi restringe, aggiunge o toglie l’acqua in cui nuota il pesce? La risposta viene non solo dalla nostra volontà, ma anche dalla nostra intelligenza: se vogliamo il pesce, dev’esserci abbastanza acqua. Ma se non dev’esserci il pesce, l’acqua può anche non esserci. Il pesce è l’impresa, l’imprenditore: e ha bisogno di acqua, in primis per vivere, per nuotare e poi per farlo meglio e in modo sano.
Sembra che parliamo della stessa cosa, se parliamo del mare. Ma acqua e pesce sono due cose diverse. Con l’acqua (la finanza) posso condizionare la vita del pesce, ma il pesce nulla può rispetto all’acqua, salvo lavorare, nuotare, per trovarne di migliore e meno pericolosa, se “ha pinne” per farcela…
Non sarei catastrofista, ma certo sì nota, e non da ora, fin dall’inizio, un atteggiamento “finanziario” di questo Governo Draghi, caratterizzato dalla sua cultura, ma anche da possibili, probabili, strategie consapevoli.
Facile la prima risposta di un nostro finanziere di vertice pubblico all’obiezione: “Ma l’impresa, essere pesce, non è cosa da Stato…”. E va bene, naturalmente, mai da Stato da solo, con una deroga, eventualmente, per scopi sociali.
Ma se lo Stato, per brama (magari altrui…) di potere, usando l’acqua uccide me pesce o favorisce altri pesci, allora che non si nasconda dietro a un dito, in Democrazia…
E, soprattutto, non lo deve fare.
Ciò non toglie che, finché questa critica sarà in mano ad apprendisti stregoni che valutano un fenomeno non conoscendo bene i fatti dell’economia vera, vissuta, organica, come è il caso di Paolo Maddalena, Vice Presidente emerito della Corte costituzionale, il passo avanti diviene 2 indietro. (Vedi https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/11/10/per-draghi-il-popolo-italiano-non-puo-agire-da-imprenditore-cosi-espone-litalia-al-fallimento/6385534/ )Perché?
Perché, mentre Maddalena elenca infrazioni giuridiche del Governo ai diritti della nostra Costituzione, adducendo a prima causa una strategia storica (dal Britannia in qua) di evirazione del processo economico in Italia con soppressione della funzione imprenditoriale degli italiani a cura delle istituzioni con l’arma della Finanza, ma i fatti storici che riporta sono errati ed errata è l’interpretazione tecnica, la buona intuizione viene travolta e dileggiata per gli errori.
Mentre la diagnosi è invece vera… Anche se, a me che sono ben informato dal Britannia a oggi, e m’intendo di economia pratica e di politica, non appare necessariamente vero che si tratti di una strategia consapevole da parte del governo, dei governi passati e di questo, il soffocamento delle capacità economico-imprenditoriali italiane.
Che debba essere un governo a destare lo spirito d’impresa, diciamo che è quanto meno esagerato.
Ma che un governo non debba tarpare le ali all’economia d’imprese e imprenditori, che debba mettersi al servizio dello sviluppo della ricchezza della nazione e della sua comunità di Stati, è sicuramente vero.
Che il PNRR coi suoi soldi non sia nato per lo sviluppo ma per il recupero di ciò che si è perso con la pandemia è vero.
Ma che non sia proficuo per lo sviluppo è falso. Che si sarebbe potuto fare di più e di meglio, che non un compitone da 10 che piace al professor Europa, è vero.
Che ciò fosse richiesto nelle regole del PNRR è falso. E che ora non si possa fare, in aggiunta, un piano per lo sviluppo dell’economia in senso proprio è altrettanto falso. Anzi si deve proprio farlo, anche con la pulizia del PNRR. E noi qui aspettiamo Draghi, se è davvero un drago biancorosseverde europeo…
Sergio Bevilacqua