Murialdo. Si apprende con soddisfazione che il tentativo di referendum per ottenere l’abolizione parziale della caccia, lanciato dall’organizzazione Sì Aboliamo La Caccia, ma non appoggiato da diverse associazioni ambientaliste pur contrarie alla caccia, è miseramente fallito grazie alla magistratura.
di Franco Zunino*
I magistrati hanno fatto il proprio dovere nel controllare la regolarità delle firme raccolte: pare che su oltre 500.000, ben 177.000 risultate irregolari e anche presentate in modo disordinato! Un classico esempio di come spesso anche l’ambientalismo pur di vincere le proprie battaglie utilizzi metodi che non sempre sono limpidi e sono spesso anche mistificatori dei fatti.
Ed è deplorevole, perché se ci sono delle cause moralmente giuste sono proprio quelle in difesa dell’ambiente,… a condizione che si rispettino le regole e si tengano comportamenti moralmente corretti: se una causa è giusta, non servono i trucchi per vincerne le istanze, altrimenti può essere segno che forse certe cause proprio giuste non lo sono, o non lo sono i mezzi che si utilizzano per cercare di vincerle (come l’eccesso di difesa di chi viene fisicamente aggredito!).
Ecco, ora i cacciatori e le loro organizzazioni possono legittimamente cantare vittoria, ma si ricordino che non è stata una vittoria PIENA: si è vinto solo perché non tutte le organizzazioni anticaccia si sono schierate a combattere. Se lo avessero fatto, forse le cose sarebbe finite diversamente. Ed è questo che devono continuamente tenere a mente i cacciatori, monito a fare sempre di più per far vedere al mondo dei non cacciatori (che sono la stragrande maggioranza) che anche la caccia e i cacciatori possono avere delle giuste ragioni per continuare ad esistere.
Fino a quanto continueranno a difendere solo i loro diritti sulla sola base del piacere della caccia, sono sempre a rischio di essere sconfitti (non per nulla sono anche molti i cacciatori critici verso certe pratiche venatorie e certi atteggiamenti di cacciatori non propriamente rispettosi di regole e comportamenti legittimi e/o morali/etici)
IL CASO DELL’ISOLA GALLINARA – Inizia l’assalto turistico all’Isola Gallinara. Ed inizia con delle motivazioni che in Paesi più sensibili del nostro ai valori naturalistici porterebbero le autorità a classificarla riserva Integrale: “Con queste risorse (due bandi per finanziamenti regionali) potremo affidare ricerche e approfondimenti scientifici per due differenti percorsi. Il primo riguarda lo studio complessivo della flora. Sull’isola ci sono delle specie di piante endemiche che devono essere valorizzate, ma anche protette. L’altro finanziamento riguarda invece la possibilità di studiare la sentieristica e analizzare gli aspetti di tutela ambientale”.
Ecco, appunto, è la sentieristica di cui non ha bisogno l’isola, in quanto la “valorizzazione” è in antitesi con la tutela. Il problema è che proprio con una sentieristica, ovviamente da realizzare, il che presuppone movimenti di terra, decespugliamenti e roba del genere, che si otterrà proprio tutto l’opposto! Ma, senza queste “iniziative”, come giustificare i finanziamenti per questa progettistica di sviluppo e promozione turistica per quello che la stessa stampa ha definito “isolotto”? Purtroppo, le riserve integrali non fanno girare palanche, ma la valorizzazione sì! Intanto, male che vada a rimetterci sarà solo l’integrità naturalistica dell’isola…
Per queste cose i soldi si trovano sempre, anche con la scusa della tutela ambientale. Per la stessa motivazione intanto nella Riserva Regionale dell’Adelasia i boschi regionali invece si tagliano per introitare danari! Due Riserve Regionali, due diversi criteri di intervento, anche se il risultato è lo stesso: la natura manipolata affinché renda danari! Per assurdo, in entrambi i casi con la motivazione di una “tutela” che invece né nell’uno né nell’altro caso si concretizza, e la natura anziché tutelata viene manipolata come se le due Riserve Naturali non fossero mai state istituite.
La South Australi Wilderness Society ha comunicato che dopo dieci anni di impegni, finalmente il governo australiano ha istituito il più grande Parco Nazionale del paese, vasto ben quattro volte il Parco americano di Yellowstone! Si tratta del Munga-Thirri-Simpson NationalPark, esteso 3milioni e 600mila ettari, una zona desertica ma anche caratterizzata da periodi di inondazioni lacustre praticamente nel cuore del continente, a cavallo tra gli Stati del Queensland e del Northern Territory; regione praticamente rimasta una “integra wilderness” dove sopravvivono non meno di 900 specie di piante e di animali, e dove sarà mantenuto l’antico rapporto tra l’uso delle risorse naturali ed i nativi.
Franco Zunino* (segreteria generale@wilderness.it)