Chi l’avrebbe mai immaginato che 5 anni dopo la devastante alluvione del novembre 2016, Piaggia, capoluogo di Briga Alta, privata pure della sua sede comunale trasferita a Ormea (e prossima riapertura), colpita da ordinanza di evacuazione, sarebbe risorta e rifiorita. E’ vero ha avuto meno danni della ‘cugina’ Monesi di Mendatica (vedi altro servizio), tuttavia ad ascoltare “radio giovani” Piaggia ha ripreso vita e coraggio, spirito di iniziativa, ha attratto coppie dalla opulenta Riviera. Qui cercano la tranquillità ed il piacere di ristrutturare antiche dimore.
E un pensiero ricorrente, si sente ripetere, in una domenica da primo autunno, ricca di sole, una temperatura gradevole, via vai tra i saliscendi: “Qui la regione Piemonte e la provincia di Cuneo sono stati ancora una volta più presenti ed attivi, meno annunci, meno passerelle dei soliti politici, più concretezza e dalle parole, ai progetti, ai fatti”.
Se il biglietto da visita di ‘dolceMente’ bed&breakfast di Monica e Giuliano (trucioli.it ha già pubblicato nei mesi scorsi un fotoservizio a firma di Rinaldo Sartore) riporta lo slogan “Assapora la natura sentendoti a casa”. Se il loro home restaurant di una ventina di posti dal giorno dell’apertura vede un crescendo di clienti che tornano e nei fine settimana non si trova posto senza prenotare.
Ebbene Cristian, artigiano edile, commenta: “C’è un abisso tra Liguria e Piemonte, Piaggia risorta è la testimonianza. Non è sufficiente annunciare fiumi di denaro per la ricostruzione, bisogna fare presto, intervenire prima che tutto muoia, vada in malora. L’esempio di quanto è accaduto a Piaggia resta la prova del nove. Ho comprato e sto investendo in lavori e ristrutturazioni. Piaggia è un paese attraversato da una ventina di vene d’acqua che si riscontrano nelle cantine. Ma il vero nodo della ricostruzione è ben altro. Chi ha rovinato parte dell’abitato ricorrendo al cemento armato. Qui le vecchie case: gli antenati hanno costruito con un ottimo ed ingegnoso criterio, con le pietre incrociate. Per chi è interessato a rendersi conto, basta una vista al muraglione di sostegno antifrana che è stato realizzato dalla Regione, con la demolizione di una sola casa…”.
C’è chi come Massimiliano Tacchini ha acquistato nel 1992 una vecchia dimora e l’ha ristrutturata al meglio. Qui si rifugia ogni fine settimana, ogni ponte festivo, nelle ferie. “Qui godiamo di tutta la tranquillità possibile , lasciamo ad altri la bolgia che si vive lungo le città costiere”. Una ricerca di salutare relax che a Piaggia fa da calamita, poco importa che non ci sia più un negozio, un bar, un punto di aggregazione. La presenza di Monica, il suo grande amore messo in pratica con la ristrutturazione e l’apertura dell’home restaurant, di alcune camere per ospiti, è stata un’ulteriore spinta, uno stimolo al tirarsi su le maniche, a rendere viva una realtà che sembrava destinata alla desertificazione.
Senza dimenticare un caso certamente unico nel Nord Ovest montanaro. Chi, in pratica, dal 2016 non si è mai allontanato da Piaggia, se non le prime settimane post alluvione, unici abitanti resilienti. Sono
padre e figlio, anche quando il paese si poteva raggiungere solo a piedi. Parliamo di Terenzio ed Enrico Pastorelli. Il ‘ragazzo’ è sulla cinquantina, papà ha superato gli ottanta: è nato su questi monti. Emigrato in Riviera a cercare fortuna ed una vita migliore. Ha avuto un’importante impresa di autotrasporti nell’albenganese. Si era costruito casa a Boissano. Con la morte della moglie e la pensione ha deciso di vendere e tornare nella casa natia. E qui vive 365 giorni l’anno. Il figlio fa piccoli lavori di manutenzione.
Poi c’è la coinvolgente ed entusiasmante storia di Monica e del marito Giuliano Panizzi, origini a Badalucco, in servizio nei Vigili del fuoco. Monica figlia di Luciano Arnaldi, il primo ad aprire un soccorso stradale, operatore Aci, a Taggia, con autofficina. La moglie con i natali a Realdo, borgata del Pin. Hanno acquistato ancora nel periodo di Monesi gloriosa, una antica a casa a Piaggia. E’ qui che i coniugi Panizzi hanno deciso una ristrutturazione totale ed ora l’apertura del Bed&Breakfast. E qui che hanno riscopert, se ce ne fosse bisogno, quanto siano apprezzati questi monti. “In estate si lavora grazie al trekking, alle bike, molta attrazione con l’Alta Via del sale, la sentieristica, ora anche arrivi di moticiclisti. Italiani e stranieri: svizzeri, tedeschi e francesi.”
Piaggia dove tornano le giovani coppie, c’è chi parla di una ventina, nelle case dei genitori, dei nonni. Altri, si calcola una decina, hanno invece acquisto l’immobile e ristrutturato, quasi sempre nel rispetto architettonico. “La scorsa estate era pure difficile riuscire a trovare parcheggio”.
A Piaggia c’è la locale Pro loco, molto attiva, grazie a Massimiliano e Biagio, che prestano il loro volontariato anche con la manutenzione delle stradine, dei sentieri, degli spazi pubblici. La più felice ed appagata, raro esempio di ritorno sui monti e nei paesi abbandonati, resta Monica Arnaldi. La sua ‘carta di identità’ la descrive prima nel negozio di Annalisa Lanteri a Monesi di Triora, poi al Bucaneve, quindi gli alimentari e il ristorante bar albergo La Vecchia Partenza. Oggi un sogno realizzato e la felicità che spruzza in ogni dove. L’amore e l’impegno, la dedizione ed il sacrificio, il buon esempio di chi non dice avanti e poi resta sempre indietro, di chi predica bene e razzola male.
Scriveva, sul sito della Pro Loco di Piaggia, il brigasco Giancarlo Bonaudi, già funzionario di Banca d’Italia a Savona e poi Imperia: “Le ferite profonde inferte dagli eventi alluvionali di fine novembre hanno flagellato un territorio di rara bellezza. Piaggia (Briga alta), Monesi di Mendatica e Monesi di Triora, sono le località d’altitudine maggiormente colpite. Lembi estremi di tre comuni, due province e due regioni, non solo confinanti, ma saldamente uniti da secolari tradizioni ancora vitali grazie, fra l’altro, ai sentimenti di fraternità montanara di chi vi risiede e fatti propri da chi li frequenta abitualmente. A Vastera che non si limita alla salvaguardia della lingua brigasca e tutto quanto ad essa è legato, ha a cuore il territorio come fosse una culla, nella consapevolezza della sua unicità.
Di qui l’auspicio che tutte le autorità istituzionali facciano convergere la massima attenzione ed il necessario impegno di risorse affinché questo polmone naturale possa riprendere respiro. Questo 2016 “bisestile”, si conclude con un bilancio nefasto. Disastri ovunque. Dalle Alpi alla Sicilia, terremoti e calamità di ogni genere hanno lasciato il segno. Inevitabilmente ne consegue che “ il piatto piange”. Tuttavia, senza voler dottrinare nessuno credo sia giunto il tempo di concentrare maggiormente lo sguardo sulla cura dei territori distraendolo un po’ da grandi opere onerose e non sempre indifferibili.”
Gli si può dare torto ? Che dire degli immancabili suonatori di corte che animano anche la valle Arroscia, prodighi nei battimano ai signorotti politici di turno, rallegrati da indennità pubblica con 14-17 mila euro al mese. E che ad ogni visita e dichiarazione stampa ‘danno la carica’: avanti partite !