Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

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Pertini compie 125 anni. ‘Come si dichiara?’ ‘Colpevole’. Me lo raccontò al telefono. E io testimone per Almerighi: fu l’unica condanna di Andreotti. Diffamazione e risarcimento danni


Sandro Pertini compirebbe 125 anni. “Come si dichiara?”. “Colpevole!”. Il tribunale nel 1925 era saldamente ancorato nel palazzo cinquecentesco dei Della Rovere e nel regime fascista. A Savona solo un giudice, Nicola Panevino, lo combatteva per la sua fede democratica: fu fucilato a soli 35 anni.

Michele Del Gaudio

Sandro Pertini a Loano, dopo un comizio al bar ‘Sirena’, sul lungomare, accompagnato all’allora sindaco di Finale Ligure, geom. Lorenzo Bottino, socialista come il notaio Giacomo Burastero che è stato vice sindaco di Loano, presidente dell’Azienda di Soggiorno, presidente dell’Anpi, presidente della Loanesi. Il terzo giovane accompagnatore era Nicolò Rabaglia. Bottino arrestato nell’inchiesta Teardo, condannato in tribunale a 2 anni e 8 mesi, fu assolto in appello a Genova e in Cassazione il 15 giugno 1989. Bottino sindaco dal ’75 al 23 settembre 1984. Era succeduto al comandante Augusto Migliorini (Dc) sindaco dal 1975. (Foto archivio Rabaglia)

Il luogo della presunta giustizia savonese era presidiato militarmente dalle squadracce nere, ma vi erano pure gli oppositori, diffusi, impercettibili.

Sandro Pertini campeggiava col petto in fuori, incurante delle sofferenze patite e da patire ancora. Fino ad allora non gli avevano sparato, ma di bastonate dai “boia chi molla” ne aveva prese tante.

Allora, Pertini, ammette di aver commesso i reati contestati? – chiese il presidente con voce ferma, ma anche esitante, insicura, indulgente -.  Le si addebita di aver distribuito un opuscolo clandestino, stampato a sue spese, dal titolo “Sotto il barbaro dominio fascista”, di aver accusato la monarchia di corresponsabilità col fascismo, di aver imputato quest’ultimo di illegalità e violenze, nonché la gran parte dei senatori di connivenza”.

“Sì, presidente! Disconosco invece le norme tiranne che mi condannano!”.

Signor pubblico ministero?”.

“Il massimo della pena!”.

Nella stessa occasione si intravvede in seconda fila a ds Nazario Masiero, operaio Piaggio in pensione, ex consigliere Comunale e Assessore del Psi a Finale Ligure, già presidente  della locale Associazione Marinai. Vive la terza età a Borgio e fino a qualche anno fa, nonostante problemi di vista, in pullman, raggiungeva la sua amata Finale. (Foto archivio Rabaglia)

Avvocato?”.

“Mi rimetto alla clemenza della corte!”.

Viva la libertà!” gridò Sandro nella potenza delle sue convinzioni, che non aveva voluto barattare con una sanzione più lieve.

L’emozione per l’ingiustizia compiuta era tangibile, corporea, espansa. Lo stesso maresciallo dei Carabinieri, nel rimettergli le manette per portarlo via, singhiozzava.

Rimase in carcere per otto mesi filati. La notte dormiva poco. Si alzava e ricoricava, si alternava il ronzare cerebrale che la giovinezza si andasse dileguando, diseredata dalle sbarre. Era disorientato, ma ritornava puntuale la voglia di lottare. Pensava costantemente alla mamma, al dolore che le procurava per le sue idee, mai tenute nel taschino, ma esibite tutte le volte che era necessario. L’aveva scorta in un angolo dell’aula e gli occhi gli si erano rigati d’amore e rabbia.

Donna Giovanna ottenne un colloquio e fra l’altro gli riferì: “Ho incontrato per strada il presidente del tribunale. Mi ha confortato: Signora, non potevamo agire diversamente, era reo confesso!“.

Me lo raccontò proprio Pertini nel 1984 in una lunga telefonata. Ovviamente, appena uscito, Sandro riprese l’impegno contro la dittatura, scrivendo brani di storia repubblicana.

È per me un punto di riferimento, assieme a papa Giovanni, il “papa buono”, e a mia nonna.

Michele Del Gaudio

L’ULTIMO ‘RITRATTO’ – OPERA DI MIMMO LOMBEZZI- IN OCCASIONE DEL COMIZIO A SAVONA DI MATTEO SALVINI NELLA NUOVA PIAZZA INTITOLATA A PERTINI.

 

Mario Almerighi, compirebbe 82 anni.

Perugia! Lo Spazio! Le Mura, il Palazzo dei Priori, la cattedrale gotica… ma mi seducono soprattutto le quattro scale mobili che si arrampicano fino al centro storico alto. Sono una composita scultura tecnologica d’arte contemporanea in simbiosi con l’architettura antica preesistente e la roccia naturale. Appena arrivo, m’inzuppo nella loro atmosfera celere con spazi per venerare e meditare. In pochi minuti sono al Palazzo del Capitano del Popolo. Prima di ridiscendere andrò ad ammirare la Fontana Maggiore e studentesse e studenti d’ogni lingua che frequentano l’università per stranieri.
Tribunale! Ancora lo Spazio!

Questa volta non devo giudicare ma testimoniare! Si accusa Giulio Andreotti di aver diffamato Mario Almerighi attraverso i mass media, in particolare nella trasmissione “Porta a porta”, rimproverandogli di aver deposto il falso a Palermo nell’altro processo – quello dell’Andreotti presunto mafioso -, di aver detto infamie, di essere pazzo.

I suoi difensori sono Giulia Bongiorno e Franco Coppi, il gotha! Giulio è contumace!

Mario, parte civile, è limpido: sorriso tormentato, eleganza morigeratamente disinvolta, pipa storica nel taschino, fedele aura di tabacco aromatico. Il suo avvocato è il mitico Pino Zupo, grande amico di Enrico Berlinguer. Gli altri testimoni sono l’ex ministro Virginio Rognoni, i magistrati Vito D’Ambrosio, Ippolisto Parziale, Claudio Lo Curto e alcuni giornalisti.

La vicenda si accende dopo la sentenza del 23-10-1999 che in parte assolve Andreotti dalla mafia e in parte lo dichiara prescritto. La prescrizione merita un telegrafico approfondimento: si applica quando è decorso troppo tempo – il Tempo – dalla data del reato, ma solo se “non” vi sono prove di innocenza, altrimenti c’è l’assoluzione. Quindi la prescrizione viene utilizzata in presenza di un quadro probatorio delittuoso. Se non scade il termine, il procedimento continua, magari con l’accertamento della responsabilità dell’imputato. Quindi non è una assoluzione, ma una “quasi” condanna. Se si punta alla formula piena, infatti, si può rinunciare alla prescrizione: Andreotti non lo fa!

Anzi, invece di essere dissetato dall’esito favorevole, scaglia vibranti interviste su giornali, radio e tv, in cui ingiuria Mario. La mia testimonianza riguarda la relativa vicenda, del 1987. Piero Casadei Monti, capo di gabinetto dell’allora ministro della giustizia Rognoni, confida a Mario che il ministro, prima favorevole, decide poi di non esercitare l’azione disciplinare nei confronti di Corrado Carnevale – il presidente di Cassazione detto “l’ammazzasentenze” perché spesso cancella provvedimenti solo per vizi di forma – a causa delle pressioni subite da Andreotti, all’epoca ministro degli esteri.

È il marzo del 2007 – ancora il Tempo -, entro in aula per dire la verità, che si dipana trasparente ed inquietante nonostante l’incalzante e addestrato Coppi.

Il 15 giugno viene pronunciato il verdetto che certifica la colpevolezza di Andreotti e lo condanna alla pena di euro 2.000 di multa e al risarcimento del danno da quantificarsi in altra sede, con versamento immediato di euro 20.000. La sanzione penale è minima, il risarcimento cospicuo, ma è l’unica volta in cui il Divo Giulio è castigato dall’autorità giudiziaria. Solo Mario, con il suo coraggio e la sua tenacia, contro tutto, tutte, tutti, poteva riuscirci! Mario, che piange le sue piaghe… le sue morti… Ciaccio Montalto, Falcone, Borsellino, Livatino… “È per loro che colleziono sconfitte, Michi! Hanno bisogno di me, di noi!” singhiozza spesso con gli occhi nel cuore.

Primavera! Di nuovo il Tempo! Esco dal quattrocentesco portale. Con tutti i sensi riabbraccio il cielo, sincero d’imbrunire, e ne ricordo un altro in cui adolescente tornavo a casa in moto dopo aver studiato da un compagno: l’aria nuova tinteggiava proprio marzo: l’avvertivo per la prima volta quell’anno: era inebriante sventolarle il giubbetto, rigonfio e spedito, assieme ad una sensazione di desiderio, di corteggiamento, di contatto fisico, d’innamorarsi. Cominciò da allora il riproporsi della felicità soffiata dalla brezza effervescente ed eccitante. Non conoscevo Mallarmé, ma quando lessi le sue opere, mi immedesimai nelle sue primavere: anomale, sensuali stagioni.

Mario Almerighi nasce il 28 settembre 1939 e muore senza morire il 24 marzo 2017, comunque troppo presto per tutte, tutti coloro che gli vogliono bene.

Michele Del Gaudio

 


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M. Del Gaudio

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