Sociatria: Ivan Cuvato diventa cult. Igor Belansky lo ritrae dopo la sua performance pro-donazione di sangue.
di Antonio Rossello, illustrazione di Igor Belansky
Ivan Cuvatosui social si è imposto come punto di riferimento dell’immaginario collettivo per una moltitudine di followers. È divenuto il cult che accende gli animi, l’artista che ispira altri artisti. La sua ulteriore performance pro-donazione di sangue costituisce motivo di ispirazione per l’illustratore Igor Belansky, il quale gli dedica un ritratto.
Il suo è un atto concreto di «sociatria», con cui valorizza la grande solidarietà e umanità che si ritrova nel cuore dei donatori, con cui mette al centro l’essere nella Vita, nel momento in cui le alte temperature degli ultimi giorni hanno fatto crollare le scorte di sangue in diverse regioni. Da ospedali e associazioni l’invito a donare prima di andare in vacanza.
Esistono riferimenti iconografici nel nostro immaginario riconducibili a un segno, un gesto grafico indelebile e universalmente riconoscibile.
Igor Belansky è un illustratore genovese che sta facendo della sua ricerca stilistica la sua firma identificativa; sono note ai lettori le sue molteplici realizzazioni, ma il suo ritratto raffigurante Ivan Cuvato è l’esempio specifico di come un artista geniale e sorprendente possa lasciare la propria traccia indelebile, diventando un vero e proprio cult.
Con il suo tratto incisivo in bianco e nero, Belansky intende pertanto restituire tutto il fascino misterioso e magnetico del volto del Maestro, di cui ammira l’opera, da cui vuole imparare, quale possibile presupposto di future collaborazioni.
E se ogni ispirazione nasce dall’incontro fra un concetto, una visione, una forma, quale migliore occasione della nuova performance con cui Ivan Cuvato, direttamente dal suo profilo Facebook, che è seguito da migliaia e migliaia di fans, promuove la donazione di sangue, nel momento in cui le alte temperature degli ultimi giorni ne hanno fatto crollare le scorte in diverse regioni. Da ospedali e associazioni l’invito a donare prima di andare in vacanza.
Il rosso del sangue è anche la tonalità prevalente della fiamma iconica, da cui si sprigiona il messaggio, e della sciarpa, che cinge in vita la sua evocativa figura, laddove, solo e immenso come un patriarca biblico che intercede per il suo popolo, accenna una danza, la quale non avrebbe potuto svolgersi che al ritmo di una musica mediterranea.
Se, però, dovessimo stilizzare il talentuoso artista, sicuramente non basterebbe un solo colore, perché egli è un pittore che va dritto alla radice dell’essenza, come se sprofondasse nel magma terrestre, per carpirne gli umori infuocati e stenderli sulla materia, pronta ad assorbirli.
Non staremo di certo qui a riprendere gli elementi essenziali del suo personaggio, ampie pagine di critica d’arte gli sono state dedicate da ben più patentati esperti; è la precisa scelta di «non voler essere pesanti come la peperonata alle sei del mattino», già perché il bello di quanto ci insegna Ivan sta nell’immediatezza della comunicazione virtuale.
Nella sua performance, dalle forme ancestrali che emergono dall’inconscio, e in esso si
sublimano, nella decisione e nella rapidità del gesto, promana un crescendo di energia e di
«dinamismo plastico» (per usare una celebre espressione futurista): ecco ciò che, al termine del suo lavoro creativo, vedono gli occhi dei navigatori della rete, novelli Ulisse non solo omerici ma anche ma anche di Joyce – che dei segni proprio in questa opera fece un uso essenziale -; gli basta lasciare un’impronta e chi vuole approfondire lo può fare avendo gli strumenti necessari.
Come in tutti i maggiori protagonisti dell’astratto e dell’informale, infatti, anche in Cuvato dal caos primigenio si passa all’ordine, dall’esplosione delle cose si passa alla ricomposizione, dal rumore all’armonia, dalla frammentarietà alla globalità, con un segno che riassume la testimonianza di una nuova forma di impegno sociale, che si differenzia dal volontariato più tradizionale.
Abbiamo certamente individuato in Ivan Cuvato il vero artista che, da un punto di vista semiotico, si può definire sociatrico, in quanto sua, ante litteram, è la «sociatria» («l’arte o la scienza di curare la società»), con cui l’esplosione cromatica si ribella ad un processo planetario che punta a conformare l’uomo, a ridurlo, a paralizzarlo, a inserirlo in un’area sociale condizionata dalla complessità, che è la cifra distintiva dell’era della globalizzazione, e priva di valori.
Nondimeno, perdonateci, noi alla forma preferiamo la sostanza: se con un dito ci indicano la luna, preferiamo focalizzarci sulla luna e non sul dito che la indica. In tal senso, Ivan persegue una «sociatria» la quale, aldilà di ogni apparenza, non è narcisistica e vaniloquente, ma si contraddistingue per un cuore grande e unico.
«Ivan Cuvato l’Artista Maestro dell’Informale è nella Vita» è il suo messaggio, in cui esalta «il fine» della donazione di sangue: un atto di grande solidarietà e umanità che si ritrova nel cuore dei donatori.
Dunque, e questo lo avranno capito tutti visto che non è e non sarà mai un esercizio avulso, l’essenza della sua Arte è nella Vita, come la donazione di sangue è Vita. Anche qui, ancor molto potremmo scrivere sul significato di questa performance, ma meglio di tutto, cosa c’è se non vederla? Basta schiacciare play, accanto alle parole di Ivan. Non serve aggiungere altro.
Antonio Rossello