Nilla Gismondi: una grande donna. Nel Dopoguerra quando le donne della Sanremo bene erano solo casa e famiglia emerge e si afferma la personalità di Nilla presidente del Comitato per l’Italianità della Valle Roia. Lo ha ricordato recentemente a Viozene lo scrittore Luigi Iperti nella presentazione del libro “Storie senza Frontiera”. (Editore De Ferrari Genova). Nilla (Petronilla) Gismondi è la vera protagonista del libro “Storie di Frontiera”, un volume di documentazione storica dedicato alle vicende del dopoguerra ai confini occidentali del nostro Paese.
di Luigi Iperti
La Gismondi apparteneva ad una famiglia in vista di Sanremo. Suo marito era un imprenditore e proprietario del cinema più importante della città. Lei, madre di quattro figli, dedicava molto del suo tempo ad attività assistenziali, seguendo una tradizione di famiglia che aveva portato la sorella Caterina a diventare suora delle Figlie di Maria Ausiliatrice ed a trasferirsi a Pétition-Ville ad Haiti per aiutare la poverissima gente locale.
Nell’immediato dopoguerra, la Gismondi, già quarantacinquenne, si era avvicinata alla nascente Democrazia Cristiana, partecipando alle vicende politiche locali ed entrando in contatto con i politici più in vista tra cui Paolo Emilio Taviani, che da Genova seguiva le vicende della Liguria occidentale con particolare interesse.
Oltre al tema della ricostruzione, il principale problema della zona era l’assetto istituzionale. Infatti, con l’arrivo delle truppe francesi, subito dopo il 25 aprile, era iniziata un’attivissima campagna di propaganda, da parte del “Rattachement” nizzardo, a favore dell’annessione alla Francia di Ventimiglia, Valle Nervia e Valle Roia, campagna continuata anche dopo la sostituzione del presidio francese con un contingente di truppe angloamericane.
Da parte italiana poco si faceva per contrastare la propaganda francese e la Nilla Gismondi si era fatta la convinzione che bisognava dare una veste organizzativa ed istituzionale alla difesa della italianità del territorio contro questa dilagante propaganda. Se ne lamentò con l’On. Paolo Emilio Taviani in occasione di un convegno della Democrazia Cristiana, tenuto a Imperia il 24 maggio 1946. Taviani Le rispose: “Organizzi un Comitato” e la Nilla prontamente diede vita al “Comitato per l’Italianità della Valle Roia”, chiamando a farne parte alcuni influenti personaggi della borghesia sanremese come l’avv. Franco Fusaro, che in seguito sarebbe diventato sindaco di Sanremo, la marchesina Giulietta Borea d’Olmo, il Can. Don Angelo Aprosio ed altri ancora.
La Gismondi in brevissimo tempo definì l’organizzazione ed il programma del Comitato, utilizzando proprie risorse e quelle del marito, arruolandone anche la cassiera del cinema. Il figlio Aldo ne diviene l’aiutante ed anche l’autista per gli spostamenti nelle zone di frontiera. I primi interlocutori istituzionali sono lo stesso Presidente del Consiglio Alcide De Gasperi ed il Ministro degli Affari Esteri, il Conte Carlo Sforza.
La Nilla Gismondi era una donna gentile, sempre disponibile ed allo stesso tempo determinata; si adoperò, all’inizio, per mantenere vivo il sentimento di italianità nei territori reclamati dalla Francia, per convincere il governo a non accettare le rettifiche di frontiera imposte dal Trattato di pace, scrivendo direttamente e più volte al Presidente De Gasperi, al Ministro degli Esteri ed a vari Ministri e poi, dopo che fu evidente che Tenda , Briga, Piena e Libri sarebbero diventati francesi, si impegnò per attenuare le condizioni del Trattato e venire incontro alle necessità dei profughi che avevano abbandonato la loro terra per conservare la cittadinanza italiana.
Contemporaneamente l’attività più meritoria della Nilla Gismondi fu quella a favore delle popolazioni dei quei villaggi che, a causa delle rettifiche di frontiera, si erano trovate ad avere i loro beni comunali in territorio francese, in particolare boschi e pascoli, beni allora essenziali per la sopravvivenza economica di comunità montane dove i pastori erano parte rilevante. Tra questi villaggi Realdo rappresentava la realtà più importante con le sue 3.000 pecore che erano il principale sostentamento o meglio la ricchezza di una popolazione che, negli anni immediatamente dopo la guerra, contava circa 350 anime.
Rimangono a testimoniare l’attività del Comitato e della signora Nilla i documenti, gran parte dei quali sono stati conservati dalla famiglia Gismondi. Questi documenti, ampiamenti utilizzati nel libro “Storie di Frontiera”, riguardano un periodo quasi ventennale che va dal 1946 ai primi anni ’60 e consentono di apportare nuove conoscenze o approfondimenti sugli avvenimenti di quel travagliato periodo storico. Sono questi documenti a restituirci un ricco ritratto di questa donna, che in tempi non facili seppe assumere un ruolo di guida, sostituendosi spesso alle stesse Autorità proposte. Lei stessa ci ha lasciato notizie della sua azione:
“Controbattere la propaganda filofrancese […] fra la popolazione di confine e affermare l’Italianità di quella zona che il Trattato di pace voleva aggiudicare alla Francia. Nulla si lasciò di intentato per raggiungere il fine, fra l’altro una vibrante protesta al Capo del Governo Italiano, seguita da ventimila firme raccolte fra la popolazione di confine. Tale protesta venne portata dalla Delegazione Italiana a Parigi. Si colsero inoltre tutte le occasioni più propizie per affermare l’attaccamento della popolazione di confine alla Madre Patria e per invocare la revisione dell’ingiusto trattato di pace”.
Ancora più significative sono le parole della Gismondi contenute nei messaggi fatti pervenire all’On. De Gasperi: “Abbiamo raccolto alcune voci di queste nostre terre …Sono voci di amore alla nostra terra e di dolore e di sgomento per il pericolo che incombe. Queste voci sono le più alte e portano come in una eco appassionata e dolorante tutte le voci del popolo nostro, di quelli che hanno lottato e di quelli che più soffrono, dei padri che guardano al domani dei figli e dei figli che vogliono plasmare con amore il nuovo volto della Patria. Accogliete queste voci e portatele a quelli che preparano i trattati di pace ricordando con italica fierezza che solo con la giustizia si può gettare sui solchi umani il buon seme della pace.
Si permette ad una nazione ricca come la Francia di usurpare le sorgenti e gli impianti idroelettrici della Valle Roia e del Moncenisio, privando le nostre contrade di quegli elementi di vitalità necessari alle nostre terre ed industrie come l’aria che respiriamo. Fate presente ancora una volta al Governo Americano che mentre gli esprimiamo riconoscenza per quanto sinora ha fatto per noi, attendiamo pure protezione contro l’ingordigia specie degli emissari di Belgrado, Mosca e Parigi ed attendiamo una pace giusta e durevole….
Onorevole, perorate voi personalmente la nostra causa, dite al Governo Francese che la popolazione della Vallata del Roia desidera ardentemente veder riallacciati rapporti amichevoli e di fratellanza con il popolo francese e riattivati con esso gli scambi commerciali, ma perché ciò sia possibile è necessario che la Francia limiti le sue pretese”.
Lunga ed intensa fu l’attività della Nilla Gismondi a favore dei vari comuni, inclusi una decina di comuni piemontesi, che si trovarono con i loro beni al di là della nuova frontiera. Nel febbraio 1951 la Gismondi scriveva ancora all’On. De Gasperi:
“Venne nominata una Commissione di Esperti Civili Italiani – Francesi per dipanare i numerosi problemi sorti dalla nuova linea di demarcazione, ma nonostante siano già trascorsi quattro anni, detti problemi sono ancora insoluti […] ed al ritorno di ogni primavera sorge la tragedia dei pastori di Realdo che vedono alla fame i loro tremila capi di bestiame; lo stesso dicasi per quelli di Pigna, privata dei suoi boschi e dei suoi pascoli, di Rocchetta Nervina e di Olivetta San Michele che ha perduto tutti i suoi beni terrieri”.
Un altro momento, in cui emerge la figura di guida della Nilla Gismondi, è domenica 7 settembre 1952, in un incontro a Realdo presenti numerose autorità tra cui il sottosegretario di Stato On. Roberto Lucifredi. L’occasione è l’inaugurazione, nella piccola piazza vicino alla chiesa, della grotta di Lourdes, che è anche monumento ai numerosi caduti dell’ultima guerra, gran parte alpini che non sono tornati dalla Russia.
Riferisce il giornalista presente: “Un qualcosa di patriarcale ed arcaico aleggiava nella rustica sala dove il consesso dei capi famiglia esponeva le necessità impellenti di quella zona montana alle autorità venute da Roma. Li guidavano ed assistevano nell’esposizione e nella discussione la signora Nilla Gismondi, il sindaco di Triora ed il parroco di Realdo giovanissimo prete dallo sguardo buono ed aperto nel viso energico da montanaro; egli da tempo lotta con serena cocciutaggine per il miglioramento delle condizioni di vita di questa zona che, con la guerra, è stata privata del suo naturale sfocio verso Briga […]. Il problema più assillante è quello della strada …. Unica e considerevole ricchezza di questa gente sarebbe la pastorizia se una strada rotabile consentisse loro lo smercio dei prodotti verso i centri di consumo e se i loro pascoli non fossero rimasti tagliati fuori dei nuovi confini “.
Altra grande battaglia fu quella per limitare il prelievo di acqua dal Roia che i francesi chiedevano per la città di Mentone. La Gismondi desiderava che prima si soddisfacessero le necessità delle città rivierasche da Ventimiglia a Sanremo ed oltre. Avanti negli anni, con meno impegni verso gli amati profughi, la Nilla può dedicare più attenzione alla sorella Caterina, suora delle Figlie di Maria Ausiliatrice, che vive a Pétition-Ville ad Haiti.
Caterina era partita da Sanremo per questa terra di missione, non ancora trentenne, ed aveva affrontata una vita durissima per le condizioni ambientali del luogo, cercando di portare aiuto ad una popolazione che viveva in condizioni di estrema indigenza. Suor Caterina e le sue consorelle si dedicarono in modo particolare alla creazione di scuole per ragazze. Caterina ebbe molti riconoscimenti ad Haiti ed a Sanremo, compresa la cittadinanza onoraria, di cui era molto fiera. Raccontava di Sanremo “All’estero è conosciutissima come la perla del mondo. Quando mi si chiede il luogo di nascita e dico che sono di Sanremo tutti fanno meraviglie”.
Concludo rivelando come la Nilla Gismondi avesse palesato, già nel lontano agosto 1979, la sua anima ecologista quando intervenne, con tutta la sua autorità, presso il Ministro degli Affari Esteri, che allora era Francesco Maria Malfatti, con una appassionata lettera per chiedere di intervenire presso il Governo francese perché non conceda alla Società CO.GE.MA il permesso di effettuare sondaggi e prelevamenti a profondità di 400 metri per la ricerca e lo sfruttamento di uranio nella zona di confine.
È una lettera nobile, in cui Nilla Gismondi non dimentica lo spirito delle sue antiche battaglie a favore delle popolazioni di confine. Scrive infatti: “Tali ricerche comporterebbero l’inquinamento delle Acque del Roia che alimentano Ventimiglia e tutta la provincia di Imperia. La salute pubblica della nostra popolazione di confine per le eventuali radiazioni sarebbe compromessa e la popolazione per non soccombere, sarebbe ancora una volta costretta a sfollare la località. La nostra gente di confine occidentale ha già sofferto abbastanza per le mutilazioni patite a seguito del Trattato di pace e non è umano né giusto infliggerle altre prove”.
Nilla Gismondi scompare nel 1989 all’età di 88 anni. Qualche anno prima, nel 1985 aveva ricevuto l’ultima onorificenza, di grande Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana. Era Cavaliere già dal 1955 e Commendatore dal 1976.
Luigi Iperti