DA PANNUNZIO MAGAZINE – Era attesa da tempo una storia degli Autonomi nella Resistenza e finalmente è uscita da Marsilio una raccolta di saggi sotto il titolo “Le formazioni autonome nella Resistenza italiana“ , con prefazione del Presidente della Federazione Volontari della Libertà Francesco Tessarolo, un professore in pensione nella scuola secondaria di Bassano del Grappa, che anagraficamente certo non è stato partigiano.
Sfogliando il libro sembra che i temi da trattare siano stati tutti correttamente individuati ma leggendo il volumetto, se si esclude il bel saggio introduttivo di Ernesto Galli della Loggia, si rimane molto delusi . Il bel libro di Ugo Finetti sulla Resistenza cancellata uscito nel 2003 appare nettamente insuperato. Come quasi sempre succede in questi libri, formati da saggi affidati a persone diverse, c’è uno squilibrio qualitativo tra i diversi contributi che riguardano le “Franchi“ di Edgardo Sogno, le Divisioni Alpine di Mauri, Di Dio, le Fiamme verdi, le formazioni Osoppo Friuli, Del Din, Leoni ed altri.
Ha curato il piccolo volume il ricercatore dell’ Università di Udine Tommaso Piffer a cui si deve una bella biografia di Alfredo Pizzoni, il “banchiere” della Resistenza. Peccato che ci siano cadute vistose. L’aver affidato la figura di Edgardo Sogno alla giovane Rossella Pace non è stata una scelta felice; anche il lavoro su Enrico Martini Mauri di Giampaolo De Luca, insegnante di sostegno a contratto nella secondaria superiore nonché ex presidente dell’ANPI di Cairo Montenotte, lascia davvero molto a desiderare.
Vogliamo soffermarci su Mauri in modo particolare. Ad esempio il saggista ignora una figura come Lelio Speranza che fu giovanissimo resistente con Mauri e figura di spicco della FVIL di cui fu vicepresidente nazionale. Anche il valoroso comandante Ronchi della Rocca manca anche solo di una citazione e persino Beppe Anacar che fu strettissimo collaboratore di Mauri viene ignorato.
Non viene neppure nominato l’eroe quindicenne “maurino” Gimmy Curreno, Medaglia d’Oro al V. M. .Raimondo Luraghi che scrisse autorevolmente su Mauri è del tutto assente , neppure una sua citazione. Eppure Luraghi , partigiano garibaldino, ha lasciato una testimonianza preziosa in merito a Mauri e alle sue divisioni Alpine . Bastava rivolgersi al nipote di Mauri che porta il suo stesso nome , per avere aiuto e documentazione.
Bastava rivolgersi all’archivio storico del Centro Pannunzio per trovare utili informazioni in quanto Mauri intrattenne con quel Centro un rapporto significativo negli ultimi anni della sua vita prima della tragedia aerea che ne stroncò la vita. Fu il solo Centro Pannunzio ad organizzare convegni nel centenario della sua nascita e a proporre l’intitolazione di una via di Torino al comandante. Alla presenza del Sindaco Fassino e delle massime autorità militari fu proprio il direttore del Centro Pannunzio prof. Pier Franco Quaglieni, amico di Mauri, ad essere oratore ufficiale alla inaugurazione della via.
Forse il De Luca si è servito degli archivi dell’ANPI per scrivere di uno dei comandanti autonomi più prestigiosi della Guerra di Liberazione , fondatore e comandante delle Divisioni Alpine in Piemonte , Medaglia d’Oro al Valor Militare. Mauri era un azzurro, un ufficiale fedele al giuramento al Re.
Nelle parole del saggista c’è quasi un po’ di irrisione nel ricordare che Mauri parlava di Patria e di Risorgimento. L’autore ignora la biografia di Mauri scritta da Aldo Spinardi che combatté agli ordini di Mauri. Ignora la riedizione di “Partigiani penne nere“ di Mauri curata dallo storico Pier Franco Quaglieni che ne scrisse anche una limpida ed importante prefazione che contiene un documento inedito ritrovato nell’archivio dell’ Istituto storico della Resistenza di Savona .
Lo stesso Quaglieni fu curatore dell’opuscolo scritto a caldo da Mauri nei giorni successivi al 25 aprile 1945 “Noi del I Gruppo Divisioni Alpine. Settembre 1943 – maggio 1945 “ edito a Cairo Montenotte nel 2011 dove il nostro fu presidente dell’ANPI . Anche la figura di Sogno è trattata quasi di striscio perché l’interesse dell’autrice si sofferma soprattutto su figure di donne delle quali si era già occupata in precedenza. Di Sogno si dice invece poco e male. Era necessario scrivere dei partigiani autonomi , ma scriverne in questo modo approssimativo è davvero inaccettabile. Per non infierire oltre, evitiamo di recensire un libro,tra l’altro purtroppo pieno di refusi che farebbero indignare il grande Cesare de Michelis fondatore della casa editrice Marsilio.