Era l’anno domini 2014, mese di marzo, giorno 3. Gli organi di stampa e tv regionali annunciavano con enfasi: ‘La Liguria ha istituito una ‘Banca regionale della terra’ per recuperare alle attività agricole le terre incolte che i proprietari non riescono a gestire affidandole a agricoltori, allevatori e boscaioli. Una apposita legge proposta dall’assessore Giovanni Barbagallo è stata approvata oggi dal Consiglio regionale. In un data base informatico saranno inserite le coordinate catastali dei terreni disponibili, su segnalazione dei proprietari, per essere recuperati”. Barbagallo (Pd), imperiese, ora occupa i banchi dell’opposizione e con le dimissioni di Luigi De Vincenzi (Pd), in seguito all’elezione a sindaco di Pietra Ligure, è neo vicepresidente del consiglio regionale.
Barbagallo, a scrutinio segreto, ha ottenuto 10 voti (dovrebbero corrispondere a quelli dei 7 consiglieri del Partito democratico, ai 2 di Rete a sinistra e a quello di Giovanni Boitano, di Liguri con Paita. Solo quattro voti per Andrea Melis savonese (M5S). Confermato senza alcun intoppo il presidente del consiglio, Alessandro Piana, pure imperiese, giovane rampante con vento in poppa e Lega alle stelle. Per Piana maggioranza compatta: 16 voti.
Barbagallo è stato assessore della giunta di Claudio Burlando ed eletto in Consiglio regionale con 3.044 preferenze. Nella sua Imperia è stato assessore comunale e provinciale. Un moderato, poco incline ad indossare i panni della propaganda condottiera. Non uso, parrebbe, alla pratica ‘paese che vai suona la musica adatta al pubblico che trovi’. Forse, da buon conoscitore dell’entroterra, avrebbe dovuto battersi per un altro motto assai meno propagandistico: “Prima la montagna, i suoi bisogni urgenti….“. Ma lo spopolamento costante, l’invecchiamento, ha fatto perdere pure forza elettorale e le ultime sentinelle a presidio sono in maggioranza affascinate dai Salvini combattenti con ‘Prima gli italiani’. Non molti anni fa, con qualche piccola eccezioni, anche le aree depresse avevano scoperto il vento delle rivolta, il grillismo.
Sta di fatto che, al di la di annunci e propaganda, si sono inceppati molti ingranaggi. A cominciare dalla legge Barbagallo. A meno che non disponga di dati meno disastrosi dei nostri. Anzi sulle ali dell’ottimismo. Il presidente della Repubblica Mattarella, in visita nelle terre abbandonate del napoletano, ha affermato: “Non c’è bisogno di sbandierare speranza, ma di certezze per il futuro”. Quelle certezze che nelle nostre zone montane attendono almeno la priorità. E a fronte di qualche iniziativa lodevole ma isolata, di coraggio e spirito di iniziativa, l’abbandono dei campi avanza impetuoso dai monti ai fertili campi della fascia costiera. Con coltivazioni un tempo pregiate sulle colline di Sanremo, con i fiori in serre, fino alla più esteva pianura della Liguria, il comprensorio ingauno. Chi ricorda Cenesi di Cisano sul Neva quando era la ‘capitale’ delle fragole in Liguria, oppure Villanova d’Albenga con le violette esportate via cargo in centro e nord Europa, l’aneto di Albenga a quintali verso i paesi nordici, i vagoni di pesche da Pogli e Ortovero, piuttosto che da Borghetto Santo Spirito o Verzi di Loano.
Per ora leggiamo tra interesse e scetticismo i com,unicati stampa e gli annunci della giunta Toti e dell’assessore all’agricoltura Mai. Non si legge quasi mai, almeno laddove non è anacronistico, come è finita almeno nei risultati. In attesa, magari, di sapere se Barbagallo ha compiuto qualche miracolo sfugguito al comune mortale cronista che suoi monti natii ha lasciato il cuore e l’anima. E tornerà per un riposo eterno.
LA LEGGE BARBAGALLO – Nella legge sono previsti diverse tipologie di contributi: fino a 500 euro per ettaro agli imprenditori agricoli per il recupero dei terreni incolti e per l’acquisizione di parti funzionali all’aumento della superficie aziendale, ai proprietari forestali per acquisto di nuovi fondi e ai Comuni e ai consorzi per interventi di manutenzione straordinaria. “La legge ha un duplice obiettivo: il recupero produttivo delle aree a vocazione agricola abbandonate e la prevenzione del degrado del territorio”.
Il ddl prevede l’istituzione della banca regionale della terra attraverso un data base informatico dove saranno inserite le coordinate catastali dei terreni disponibili, su segnalazione dei proprietari, per essere recuperati alle attività agricole e i terreni che risultano abbandonati. Nella legge sono previsti poi diverse tipologie di contributi: fino a 500 euro per ettaro sia agli imprenditori agricoli per il recupero dei terreni incolti e per l’acquisizione di parti funzionali all’aumento della superficie aziendale, sia ai proprietari forestali per l’acquisto di nuovi fondi, sia ai Comuni e ai consorzi per interventi di manutenzione straordinaria. In base al censimento generale dell’Agricoltura effettuato nel 2010, la superficie coltivata in Liguria era circa l’8 per cento del totale, a fronte del 40 per cento del 1961.
In base alle stime riportate nel Programma Forestale Regionale, nel periodo intercorrente tra il 1960 e l’inizio degli anni 2000, le aree forestali in Liguria sono aumentate in modo sensibile, passando da circa il 44 per cento al 70 per cento della superficie territoriale complessiva.
LA STORIA ESEMPLARE DI UN’AZIENDA DI ORTOFRUTTA
LA FAMIGLIA SERRA: DA ERLI A CISANO SUL NEVA, MA DA ESPORTATORI A IMPORTATORI
L’attività commerciale della famiglia Serra prende vita nel 1960 ad Erli (SV), piccolo comune nell’entroterra di Albenga, quando il pioniere Serra Tino, oltre che coltivare albicocche, ciliegie, pesche e castagne nella sua azienda, decide di intraprendere anche l’attività commerciale con gli stessi prodotti.
Nel 1970 si trasferisce ad Albenga ed allarga la gamma commercializzata a tutte le preziose verdure della piana albenganese (asparagi, carciofi, pomodori, insalata, zucchine) che commercia e distribuisce sui mercati del nord Italia.
Nel 1980 entra in azienda il figlio Mauro, il quale, oltre che proseguire l’attività del padre, inizia ad esportare le verdure di Albenga (aneto, porro, prezzemolo, lollo, rucola e cavolini di Bruxelles) nel nord Europa (Germania, Svizzera, Svezia e Danimarca).
Nel 1984 nasce la SERRA FRUTTA nel polo industriale del comune di Cisano Sul Neva (SV) dove ha sede ancora oggi.
Nei primi anni di vita l’attività prevalente è l’esportazione, ma in seguito alla progressiva diminuzione della coltivazione di frutta e verdura nell’Albenganese, l’attività predominante diventa l’importazione che, iniziata con le primizie spagnole, si allarga presto a tutto il bacino del Mediterraneo, Nord Europa, Egitto, Marocco e Turchia, incrementando ogni anno il volume degli affari.
L’ASSESSORE REGIONALE STEFANO MAI: 2 MILIONI PER VALORIZZARE HABITAT E PRODOTTI LOCALI
Comunicato stampa – GENOVA. Regione Liguria investirà 2 milioni di euro nella tutela degli habitat e per la valorizzazione dei prodotti locali.
“Partecipiamo al piano integrato europeo Pitem Biodivalp – spiega l’assessore all’Agricoltura Stefano Mai – Il piano, della durata di quattro anni, prevede cinque progetti per un ammontare complessivo di 8 milioni e 969mila euro. Come Regione Liguria siamo capofila del quinto, che riguarda la tutela della biodiversità e degli habitat, che diventano fattori di sviluppo dei territori. Si tratta di un progetto che punta a mettere in atto una governance per la valorizzazione dei prodotti locali e la tutela attiva e partecipativa dei territori alpini di confine tra Italia e Francia: grazie a esso potremo intervenire direttamente sul territorio alpino ligure, incentivando la tutela dell’ambiente e la promozione dei prodotti locali. Un binomio importantissimo su cui puntiamo fortemente”.
“Potremo mettere in atto azioni concrete come potenziare l’impianto di stabulazione per l’acquacoltura delle trote da semina di Bormida, attualmente di proprietà della Provincia di Savona che stiamo cercando di acquisire – spiega Mai-, creare percorsi di formazione per il personale regionale e gli imprenditori in ottica di tutela della biodiversità, lavorare per il rafforzamento delle filiere del latte e della carne. Un’altra azione importante sarà quella di fare scouting all’interno dei mercati internazionali per capire dove meglio posizionare i prodotti tipici liguri, offrendo il maggior valore aggiunto possibile”.
“Si tratta di una ulteriore dimostrazione – precisa l’assessore – di quanto puntiamo sui prodotti tipici liguri e sulla produzione di eccellenze enogastronomiche in un territorio, quello della Liguria, di grande bellezza e ricco di biodiversità. Iniziative come queste hanno grande valenza anche in campo turistico e, allo stesso tempo, tutelano la splendida natura ligure, garantendo uno sfruttamento equilibrato e consapevole”.
Gli altri quattro progetti, sempre in ottica transfrontaliera Italia – Francia sulle aree alpine, riguardano lo studio della biodiversità e degli ecosistemi, la gestione degli spazi alpini protetti, la protezione delle specie e delle biodiversità.
E IL PRESIDENTE PROVINCIALE COLDIRETTI DI IMPERIA CHIEDE
E IL PRESIDENTE DELLA CIA LIGURIA ALLA REGIONE:SERVONO PIU’ RISORSE
Aldo Alberto (Cia Liguria): «Gli agricoltori vogliono investire, ma servono più risorse sui bandi»
COMUNICATO STAMPA – «Gli agricoltori liguri vogliono investire – spiega Aldo Alberto, presidente di Cia Liguria – ma le risorse disponibili continuano a non essere sufficienti per le domande presentate, così come, allo stato attuale, non esisterebbero le condizioni economiche e neppure normative per implementare i fondi».
Per questo Cia Liguria ha deciso di scrivere una lettera ufficiale all’assessore regionale all’Agricoltura, Stefano Mai, a seguito anche del recente incontro del Tavolo Verde in cui le risposte attese non sono arrivate. « Siamo molto preoccupati per la carenza di risorse a sostegno degli investimenti, per questo le chiediamo di produrre uno sforzo particolarmente intenso per recuperare dal Piano stesso finanze da destinare a queste misure», si legge nella lettera ora sul tavolo dell’assessore.
«Tutto questo senza dimenticare – prosegue Alberto – il permanere di una difficoltà oggettiva ad avere dati certi, indispensabili a comprendere se, e in quale misura, si possano realizzare variazioni del piano finanziario. E a perdurare sono anche la lentezza delle istruttorie, l’ inadeguatezza del sistema informatico e la difficoltà della struttura regionale che, spesso, genera modalità operative non omogenee».
Si stanno mettendo a rischio sia gli investimenti utili a recuperare i terreni abbandonati, sia quelli in attrezzature come trattori e impianti irrigui, oppure in strutture come serre e stalle. Oltre al danno, anche la beffa, considerato che la Liguria continua ad essere una delle regioni con la più bassa capacità di spesa.
«Risulta incomprensibile come si possa accettare la possibilità di non finanziare interventi riferiti a pratiche già istruite dalla Regione e considerate ammissibili, che aumenterebbero rapidamente la spesa del Psr regionale 2014-2020 contribuendo, in questo modo, alle performance richieste dal regolamento comunitario – sottolinea Aldo Alberto nella lettera inviata all’assessore –. Vanificare lo sforzo di modernizzazione ed efficientamento in cui tante aziende si stanno impegnando, sostenute dal Psr e attraverso un eccezionale apporto di risorse proprie, rappresenta un’occasione persa, un danno per tutta l’economia ligure».
Per questa ragione Cia ha evidenziato all’assessore la necessità di individuare soluzioni immediate di rimodulazione della spesa per dare risposta alle domande già presentate e, soprattutto, impegnarsi da subito per una più significativa riorganizzazione del piano finanziario del Psr, che accresca le disponibilità finanziarie a sostegno degli investimenti produttivi.