Prima Raffaello Orsero, nel 2006, aveva 69 anni. Ora se n’è andata, a 93 anni, Rosetta Orione vedova Tacchini, per tutti ‘Piera’. Contrariamente al socio d’affari, ‘re della frutta’ in Italia e in Europa, di lei nessuno ha scritto e solo l’ormai vecchio cronista di provincia che l’ha conosciuta, che aveva rispettato la scelta della riservatezza, almeno nel mondo dell’informazione, sapeva della valorosa presenza in azienda. Persona schiva, riservata, umile, ma fortissima nel carattere. Prima donna nella squadra che amministrava un ingente patrimonio commerciale. E contrariamente a collaboratori di ‘patron Raffaello’ sempre rimasta nell’ombra. Lascia, a Calizzano, la figlia Anna Maria e due adoratissimi nipoti, Leonardo e Lorenzo, con i quali trascorreva i giorni di vacanza al mare, da fine anni ’90, dopo aver acquistato una villa ad Alassio.
Non abbiamo notizie della gioventù di Piera Orione, loanese, dove vive un fratello più giovane e dove è stato deposto il feretro nella tomba di famiglia. Tralasciamo i ricordi che conserviamo di questa signora ‘tutta di un pezzo’, rigorosa quanto dolce, fiera quanto capace di ascoltare, riflettere, a suo modo coraggiosa. Aveva una quota di minoranza in azienda per via del marito Tacchini, pietrese e la piena fiducia, conquistata sul campo e meritata del resto, di Raffaello. Non solo, spesso era proprio Piera a dire l’ultima parola quando si trattava di decidere. Non aveva orari, condivideva con un team molto ristretto (il compianto rag. Costa di Ceriale), strategie e decisioni nella conduzione amministrativa e operativa. A Raffaello le incombenze di vasto respiro, i rapporti con il mondo della politica (pochi in verità), dell’imprenditoria, delle banche, il business internazionale. Lasciava in ottime mani l’amministrazione, il dare e l’avere con i fornitori, con il personale, la clientela che non era, ovviamente, il negozio al dettaglio.
Piera ha trascorso gran parte della sua vita vicino a Raffaello, nella sede e negli uffici di Albenga. Dopo l’addio al ‘capitano d’industria’, i figli, eredi con la vedeva Orsero, avevano fatto sapere di aver ‘liquidato’ i soci perché ‘iniziava una nuova era‘ di rilancio, sviluppo anche per reggere una concorrenza sempre più insidiosa.
Raffaello e Piera uniti nel lavoro, nel carattere, nella sorte dei funerali celebrati nella stessa chiesa parrocchiale a Pietra Ligure. “Mille per l’addio a Raffaello Orsero ” titolava Il Secolo XIX. “Nella chiesa di San Nicolò, il dolore composto dei famigliari, mondo politico rappresentato a tutti i livelli”. Don Fusta, il parroco: “Uomo di grande umanità che ha saputo far fruttare i talenti che gli aveva regalato Dio”. Un uomo che lasciava parlare, ricordavano i sindacalisti Paparusso e Rossello. “Con gli altri si rompeva, lui raccoglieva i cocci e tutto si ricomponeva”. Quando se ne andò, lasciava anche la mamma, che era stata maestra di scuola ad Isallo di Magliolo e centenaria. Non c’era folla per Piera, ma chi l’ha appreso della morte non ha voluto mancare, anche se erano ormai pochi, con la veneranda età, a conoscerla, ricordarla.
Piera Orione ha spiccato il volo dopo aver trascorso gli anni della vecchia, da pensionata, con la diletta figlia a Calizzano, da ultimo nella ‘Casa di risposo Suarez’. Infine i giorni del ricovero al Santa Corona dove un robusto cuore, provato dagli anni, da gioie ed avversità, dispiaceri umani, si è arreso. E ora riposa nel camposanto del capoluogo di Loano. Nel manifesto funebre il ringraziamento al medico di famiglia per antonomasia di Calizzano, pure lui in pensione, dottor Coppi ‘per le amorevoli cure prestate’. Al personale della casa di risposo; a Liliana e Lyuba che l’hanno assistita nella vecchiaia. Piera ha chiesto di riposare nella città che gli ha dato i natali, dalla quale non si era mai staccata e che quando i nipoti erano ragazzini trascorreva un periodo estivo, con loro, al Grand Hotel Garden Lido di Loano, allora affidato al più giovane direttore d’albergo d’Italia, Alessandro Corrado, a 21 anni, quattro lingue, tirocinio estivo, nell’intervallo degli studi, in strutture alberghiere di Genova. Scuola di lingue soprattutto all’estero nella prima età scolastica.
Oggi viene in mente il commento- ricordo che fece al cronista Claudio Scajola ministro, sul sagrato di San Nicolò, alle esequie di Raffaello: “ Noi liguri e le nostre imprese perdiamo un uomo che ha saputo far crescere questa terra e che ha avuto lo straordinario intuito e fortuna di avere al suo fianco pochi validissimi e fidati collaboratori”. Forse neppure lui aveva nozione del ruolo che in azienda era riservato a Piera Orione. Lei che non appariva, non si intrometteva se non nelle cose di cui si occupava con estrema diligenza, determinazione, senza indugi e senza lunghi discorsi.
Era il 2006 quando quando Piera leggeva le ‘ultime novità’ della Reefer Terminal rese nota alla stampa da Raffaella Orsero amministratore delegato della società terminalistica di Vado Ligure. “I nostri dipendenti sono passati da 80 a 185, le giornate lavorate dalla Compagnia Portuale sono più che raddoppiate arrivando a 11.500 e le navi che anno scaricato sulle banchine terminal dalle 173 del 1996 alle 455 dello scorso anno”.
Piera Orione che aveva letto, forse col magone, quando nel gennaio 2008, Raffella e Antonio, figli del capostipite, annunciavano con dichiarazioni raccolte dal giornalista Stefano Pezzini su La Stampa: “I fratelli Orsero restano soli. Liquidasti gli zii e i vecchi soci. Dopo la morte di Raffaello la maggior parte dei soci storici di varie aziende si è ritirata (non era andata proprio cosi ndr), alcuni per età, altri perchè avevano perso il punto di riferimento, lasciando campo libero ai due fratelli che si sono divisi cariche e incarichi”. Seguirono anni a ‘rischio tracollo’, tra inchieste giudiziarie e problemi familiari. Al peggio bisognava ancora attendere mentre si poteva ancora leggere su La Stampa: “ Con la vendita delle linee e della flotta container della controllata Ccl e della Calmedia al colosso Hamburg Sud il gruppo ha avuto una forte iniezione di liquidità. In parte è servito a liquidare l’ultimo socio forte, lo zio Luciano che , assieme e Raffaello e al fratello più giovane Gianni (uscito qualche anno a si sta godendo la pensione partecipando a rad fuoristradistici nei più suggestivi deserti del mondo) aveva fondato l’azienda. Ora il gruppo è completamente nelle mani dei due fratelli che, soprattutto grazie alla spinta di Antonio (verrà arrestato in due circostanze per vicende minori poco commendevoli, ma allora per il giornalista Pezzini era un ‘divo’ da additare ad esempio di erede di razza all’altezza dei suoi compiti) stanno potenziando il settore dell’import ortofrutticolo e della logistica. Promessa che lo stesso Antonio ha rinnovato agli oltre 800 dipendenti, prima di Natale, riuniti alla tradizionale cena degli auguri a Loano 2″.
Peccato, fa parte di una pagina vergognosa di certo giornalismo savonese. Nè Pezzini, nè altri colleghi della carta stampa e on line, hanno poi dato conto della sorte toccata alla stragrande maggioranza di quei dipendenti, ormai ex, rimasti senza lavoro e senza speranza. Soprattutto i non più giovani. Alcune ridotti in povertà, altri li abbiamo trovati a mendicare, c’è chi ha dovuto ricorrere a cure di psichiatri, psicologi, chi ha perso la casa, famiglia, la dignità che lo sorreggeva. Storie indicibili di chi si sentiva orgoglioso del datore di lavoro, leggeva con ammirazione e senso di sicurezza articoli come quelli che citiamo. Continuiamo a leggere resoconti dei ‘miracoli’: “Accanto alla bananiere che percorrono il globo cariche di frutta esotica (e le altre porta-container che verranno affittate alla Hamburg Sud per il trasporto dei container) è in attesa di alcune grosse navi attualmente in allestimento nei cantieri navali in estremo oriente. Una scelta che si inquadra in una virtuosa strategia di espansione del gruppo. Dopo Sud America, America centrale e Africa GF Group da qualche tempo guarda con interesse alla Cina e Oriente che, oltre ad essere potenziali mercati possono fornire frutta esotica ancora da scoprire e lanciare in Europa, mercato saturo e sempre alla ricerca di novità…”
Chi poteva dubitare che il tracollo stava già galoppando, che banca Carige si troverà ‘truffata’ (fido di 91 milioni, gran parte finito nei paradisi fiscali, 16 gli indagati), che il Fisco presenterà un conto milionario che sarà oggetto di una transazione utile anche ai fini penali. Eppure grondavano di ottimismo i servizi giornalistici, non da Topolino, ma da quotidiani nazionali. E certamente Pezzini non era in malafede, non era a capo della redazione del quotidiano torinese. Sulla plancia di comando il capo redattore Sandro Chiaramonti. Tutti ignari di cosa stava accadendo in quella azienda, delle esposizione bancarie, della sorte di investimenti e del fiume di denaro. A che pro quei servizi giornalisti che glorificavano la ‘nuova era’ degli eredi Orsero ?
Oggi anche l’ultima testimone degli anni gloriosi, concreti, ha lasciato. Ha visto Raffaella Orsero nel Cda Carisa e non poteva fare tutto da sola neppure il fratello Antonio. L’orchestra suonava, ma era stonata; eppure bastava indagare e scoprire. Oggi quel marchio, al di là dei nomi, è tornato in buona salute, quotato in borsa, amministrato da altri uomini, con altri metodi. Resta il ricordo, forse una certa malinconia che ci fa tornare alla vecchio gruppo dirigente di cui aveva fatto parte a pieno titolo, pur senza gli onori della cronaca locale, Rosetta Orione. Anche lei, con la figlia, negli ultimi anni, si era dovuta difendere da accuse, in concorso, pesanti, riportate dai media liguri. In 16 coinvolti per associazione a delinquere, finalizzata all’appropriazione indebita, evasione fiscale. Una disgrazia che l’ha accompagnata in tarda vecchiaia, ma non ha intaccato stima ed ammirazione di chi l’ha apprezzata e stimata come persona irreprensibile, modesta nell’essere donna ed imprenditrice, dirigente, finita suo malgrado in un vortice infernale. E dopo che il ‘mago Orsero’ era partito per l’ultimo viaggio, forse ancora convinto di aver lasciato in buone mani il suo impero, l’eredità, con Piera che poteva ‘sorvegliare’, consigliare.