Ora il tessuto importante da considerare è quello filosofico che pervade ogni direzione della nostra vita e pervade noi stessi che ne teniamo il bandolo. Ogni frase che noi trasferiamo sulla carta è già stata valutata e uniformata ai nostri parametri filosofici e comportamentali rappresentando così un enunciato coerente col nostro pensiero che, venuto alla luce, vive di vita propria.
Per questo non è breve il tempo che occorre per tirar fuori nuove espressioni e compiere trascrizioni fluenti: siamo in qualche modo auto-controllati dal nostro sistema personale che valuta ogni filo del racconto e lo confronta sempre con la memoria. Questo lo scrivo con un poco di enfasi, ma rappresenta la mia intenzione e quello che avviene nei fatti.
Detto così può sembrare quasi inverosimile ma stiamo certi che la nostra educazione e l’auto-educazione influiscono su quello che si scriviamo o quello che diciamo e come lo diciamo; non è che si mette nero su bianco la prima cosa che ci passa per la testa.
Nello scrivere siamo maggiormente auto-controllati ed è anche una garanzia per chi ci legge: un minimo di freddezza aiuta ad essere più obiettivi nell’esposizione dei pensieri che siano sbagliati o giusti, non importa. Anche il modo in cui si esprimono aiuta a far funzionare bene il cervello: è altamente probabile che forniscono la materia prima del ragionare in modo accessibile e valido per ognuno dei viventi. Intanto serve a chi scrive poiché rende visibile, oggettivo ed ordinato quello che dentro di noi si trasforma e si impasta con altri pensieri e sensazioni per cui lo immaginiamo sempre di colore variabile, molto instabile, che tende a depositarsi sul fondo. Il linguaggio espresso ci parla e ne siamo parlati in maniera chiara, diamo immagine di noi.
Per tanto che si scriva ci sarà sempre qualcosa di non detto, di sottaciuto o di lasciato inavvertitamente nel limbo. Certe volte si sfiora un argomento di cui si vorrebbe trattare ma poi non capita l’occasione o il filo del discorso ci porta altrove. Anche gli aspetti più elementari presentano una dinamica propria e sono in connessioni plurime: pensiamo quante leggi sottendono un semplice mattonella di terra cotta. La prima legge di Newton o di inerzia e la legge di galleggiabilità se la buttiamo in acqua; infatti, secondo Archimede, sposterà un volume di liquido equivalente al suo peso ed avrà di conseguenza una spinta idrostatica. Sarà sottoposta alle leggi fisiche di torsione, stiramento o elasticità e quindi la legge di Hooke, pressione, rottura; la legge sull’orientamento dei punti cardinali, le leggi della dinamica.
Poi ci sono argomenti che vorremmo approfondire e spiegare ma non riusciamo ad argomentarli nel modo corretto: sono oscuri anche a noi e intrecciati ad altre situazioni pertanto non riusciamo ad estrapolarli e presentarli come meriterebbero. Poi ci sono argomenti che andrebbero sempre confrontati, elaborati in condivisione, si dovrebbero sempre tirarli fuori e dispiegarli con cognizione di causa come la libertà, la democrazia, la scelta politica, il rapporto con i meno abbienti, la fratellanza, l’amicizia, lo scambio degli elaborati artistici, gli argomenti della nostra scrittura, la competenza, il mestiere, i diari e i libri d’artista destrutturati, le ricerche espressive, il pensiero profondo e quello superficiale, il dialogo e il rispetto, la conoscenza, l’introspezione. Il mistero, l’oscuro, il non detto. Succede che quando siamo occupati da altre attività ci vengano in mente pezzi di pensieri e aspetti curiosi di cui si vorrebbe scrivere o parlare.
Un po’ come quando piove e non abbiamo a portata di mano un secchio per raccogliere l’acqua che cade e la lasciamo di sperdere dove non serve. Oppure si vedono due caprioli in un prato e abbiamo lasciato a casa la macchina fotografica. Camminiamo per strada e non abbiamo neanche un pezzo di carta per scrivere due righe di appunti. Scrivendo ti accorgi quanta scoria bisogna far passare prima che si trovi in mezzo ad essa una pietra particolare: non dico preziosa, ma almeno degna di attenzione. Quanta neve bisogna spalare con determinazione, seguendo la linea verso il fondo del prato e poi tornare indietro dall’altra parte e continuare a spalare, quante fascine bisogna trasportare per riempire la legnaia, ma almeno il lavoro svolto si vede: le fascine aumentano man mano e il prato da cui si toglie la neve diventa sgombro.
Bruno Chiarlone Debenedetti