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Da Savona: perché dico sì, con transizione, agli incentivi per gli automezzi elettrici


Con un emendamento alla manovra finanziaria, il Governo ha proposto, lo scorso 4 dicembre per la prima volta in assoluto, una misura strutturale per incentivare l’acquisto dei mezzi ad emissione ridotta, per realizzare una mobilità sostenibile.Un sistema “bonus-malus” di potenti incentivi e disincentivi sui nuovi acquisti di auto dal 2019. Per i modelli con emissioni superiori a 250 grammi di anidride carbonica al chilometro si pagherà una tassa di 3000 €, mentre per quelli a emissione zero ci sarà uno sconto fiscale fino a 6000 €.

In tal modo l’Italia sarà finalmente equiparata ai paesi europei rispetto al problema dell’inquinamento urbano ed annullerà, con questa prima parte di piano antismog finalmente strutturale, le sanzioni miliardarie altrimenti comminate dalla UE, negli anni precedenti.  Un provvedimento molto atteso dai cittadini più sensibili e disposti ad investire nelle auto elettriche anche per superare il problema dei dissesti ambientali e tutelare la salute. D’altro canto, certamente inaspettate sono state le reazioni fortemente contrarie, di imprese e sindacati del settore. Forse la più indicativa è quella del presidente di Federmeccanica Alberto Dal Poz, che annuncia la protesta di piazza accanto ai lavoratori delle imprese automobilistiche italiane, che producono modelli inquinanti, se la misura non sarà ritirata..

Premesso che questa iniziativa risulta certamente indispensabile e semmai anche tardiva, rispetto al ristretto margine di tempo disponibile per tentare di evitare le più gravi conseguenze globali previste dagli scienziati e già riscontrate. Comunque, appare opportuno per chiarire la situazione, analizzare il complesso delle opposte conseguenze prevedibili e delle negatività presunte.

Concretamente la logica della proposta consiste nel far pagare a chi produce e ai cittadini che acquisteranno ancora veicoli tradizionali con motori a scoppio, il costo degli incentivi previsti a favore di chi acquisterà quelli elettrici. Cioè disincentivi per chi inquina e premio ai virtuosi. Però la prima doverosa considerazione, riguarda la necessità di non penalizzare con costi aggiuntivi le auto di piccola cilindrata made in Italy con motore a scoppio, per un periodo ragionevole, di circa dieci anni, indispensabili per il cambiamento tecnologico del sistema produttivo, considerando in particolare che l’industria “italiana”, salvo alcuni piccoli marchi, non offre ancora alcun modello elettrico, per propria scelta, mentre le auto elettriche sono lo 0,4 per cento del mercato.

Così la Fiat ( FCA ) potrà recuperare il grave ritardo rispetto alla produzione dei modelli elettrici, a partire come annunciato, dalla “500”di prossima produzione. Dopo di che colpisce che proprio coloro che sono responsabili dello status quo, complessivamente negativo, siano quelli che pretendono di impedirne il superamento verso una situazione per tutti, sicuramente migliore da ogni punto di vista. L’accusa che si tratti di una misura elitataria, non è del tutto veritiera poiché gli incentivi previsti avvicinano anche l’automobilista normale ai costi più elevati delle auto utilitarie elettriche, considerando anche il notevole risparmio, che queste consentono sul costo di esercizio, di circa l’ 80 %, grazie alla efficienza quasi tripla del motore elettrico. Poi, valutando il ciclo di vita maggiore che il veicolo elettrico garantisce, con minori costi di manutenzione, il bilancio economico complessico risulta positivo rispetto a quello dell’auto a carburante fossile.

Infine rispetto alla diffusa ma errata convinzione, che comunque l’alimentazione elettrica sia ugualmente inquinante, si noti in primis, che per compiere la medesima percorrenza il veicolo elettrico a parità di potenza, comsuma una quantità di energia molto minore, data la migliore efficienza (quasi tripla) di questo motore, e che inoltre la corrente elettrica di rete per la ricarica, è già adesso prodotta almeno per il 15% per via sostenibile, sia fotovoltaica che eolica.

Dunque, considerando il piano economico nazionale, questa misura fa risparmiare il paese sul conto del petrolio, e su quello dei danni evitati, grazie al mancato inquinamento, alla salute e ambientali. Si noti che se si convertisse tutta la mobilità urbana, il risparmio sarebbe di circa 3 MLD l’anno.

In sintesi conclusiva si evince che: il notevole investimento risulterà efficace sia ecologicamente, quanto economicamente con un ritorno raddoppiato del costo degli incentivi, se questi saranno in massima parte mirati ai mezzi (auto e scooter 100% elettrici) a emissioni zero.

Mentre delle auto ibride dovranno essere incentivati soltanto i modelli le cui emissioni siano ridotte circa dell’80% di quelle a scoppio, escludendo la gran parte dei modelli in commercio che riducono solo marginalmente le emissioni. In altre parole, per equità meritano gli incentivi, solo le ibride plug-in che utilizzano il proprio mini motore a scoppio esclusivamente per caricare le batterie di bordo, che alimentano il grande motore elettrico il quale spinge l’auto per tutti i chilometri percorsi. Da notare inoltre, che nel settore degli scooter, sono numerose le ditte italiane che producono mezzi 100% elettrici, che meriterebbero gli incentivi poiché sono già in grado di soddisfare le richieste di mercato conseguenti, le quali certamente saranno molto numerose poichè il bilancio economico dei veicoli elettrici a due ruote, risulta ancora più favorevole di quello delle auto sopra citato.

Infine,rispetto alla quasi totale mancanza di una rete di colonnine per la ricarica pubblica dei mezzi elettrici, si tratta di un grave problema che blocca la transizione alla mobilità elettrica. Tuttavia è superabile in tempi brevi e a costi modesti, i quali sarebbero velocemente recuperati in abbondanza, dagli incassi del servizio che sarà utilizzato da un parco veicoli in crescita esponenziale. Quanto alla perdita dei posti di lavoro, sarebbe parziale, temporanea e gradualmente compensata dagli allestimenti dalle nuove linee produttive dei mezzi ecologici.

Anche il sistema di cassa integrazione necessario, seguirà una evoluzione analoga e sarà compensata dai ritorni fiscali derivanti dal nuovo modello economico della mobilità a emissioni minimali, assai più virtuoso anche da questo punto di vista. Senza dimenticare che questo nuovo modello di mobilità sostenibile, produrrà molti posti di lavoro anche nell’indotto, che produrrà: motori elettrici, batterie, manutenzione e innovazione anche nel nuovo modello di produzione energetica. Il segno della misura proposta è la forte virtuosità a tutto tondo, sebbene sia da perfezionare non incentivando i modelli di auto che di fatto prolungano i sistema basato sul petrolio.

Comunque certamente è rivolto al futuro e sostiene l’indispensabile periodo di transizione senza penalizzare l’equilibrio economico, ma stimolando il blocco di imprese più conservative a contribuire nel lungo e difficile percorso per salvare il pianeta.

Giovanni Maina


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