Oggi, come, peraltro, già in allora, sarebbe necessario prevedere, almeno a livello di progetto, un miglioramento dello scalo di San Giuseppe di Cairo, punto d’incontro di quattro diramazioni. L’effettuazione di un servizio agile, comprendente anche quello imporrebbe la sostituzione dei deviatoi da 30 km/h con altri da 60 km/h e l’arricchimento numerico dei binari almeno negli scali principali, marciapiedi e sottopassaggi o sovrapassaggi ampi in tutte le località. Inoltre, per quanto riguarda il Comune di Cairo Montenotte, un raddoppio fino alla Rocchetta, sulla linea per Alessandria, assicurerebbe la possibilità di effettuare un servizio metropolitano di prim’ordine, ancor meglio se fosse istituita una fermata in corrispondenza del plesso scolastico dedicato a Federico Patetta. Va da sé che è imprescindibile un miglioramento tra San Giuseppe di Cairo e Ceva, magari con un nuovo traforo a doppio binario, lasciando la linea storica al traffico di prossimità. La linea Casale Monferrato – Vercelli era solcata da treni prestigiosi come l’Espresso 1817 / 1818.
Dalle colonne del settimanale L’Ancora, ho già avuto modo di scrivere, a pagina 60 del numero datato 25 novembre 2007 e a pagina 50 del numero di domenica 18 novembre 2007 e mi permetto di scrivere alcune osservazioni.
Finalmente, s’intende utilizzare il sistema ferroviario, comprendente due linee a semplice binario, che collegano San Giuseppe di Cairo con Savona. Nell’articolo si parla di lavori vari, come la realizzazione di marciapiedi o di pensiline, ma non si fa minimamente cenno al raddoppio della linea via Altare, linea che è stata realizzata verso la fine del secondo decennio del Novecento con le opere d’arte pronte ad accogliere un armamento a doppio binario, ma, malauguratamente, armata a semplice binario. Con una spesa non eccessiva (anche se dubito essere contenuta in soli venticinque milioni) si avrebbe un miglioramento non indifferente delle prestazioni delle linee, considerando anche l’impiego per i trasporti merci ed il prevedibile incremento di frequenza dovuto all’istituendo servizio metropolitano.
Sul versante di Ferrania, la dissennata politica tristemente famosa con il nome di rete snella, adottata da miopi figuri delle Ferrovie dello Stato ha eliminato, oltre al posto di movimento di Sella (eliminazione già più comprensibile), anche uno di tre binari della stazione di Ferrania, riducendo ad una sola le possibilità d’effettuazione di precedenze ed incroci e la pur lodevole realizzazione della fermata di Bragno è stata condotta perseguendo l’idea del massimo risparmio economico possibile, senza prevedere almeno una copertura, quanto mai necessaria in zone dal clima non proprio clemente.
Sarebbe necessario, inoltre, prevedere, almeno a livello di progetto, un miglioramento dello scalo di San Giuseppe di Cairo, punto d’incontro di quattro diramazioni. L’effettuazione del servizio metropolitano impone la sostituzione dei deviatoi da 30 km/h con altri da 60 km/h e l’arricchimento numerico dei binari nello scalo principale, marciapiedi e sottopassaggi o sovrapassaggi ampi in tutte le località, né deve essere preclusa la possibilità di raddoppio verso Ceva, di primaria importanza per il traffico a lungo percorso, e verso Alessandria, necessario, almeno fino a Cairo Montenotte per il servizio metropolitano. Nella stazione di Savona, inoltre, abbiamo ancora la copiosa presenza di deviatoi da 30 km/h la qual cosa penalizza soprattutto i treni provenienti dal Ponente Ligure e diretti in Piemonte, treni che si trovano costretti a percorrere il lungo tratto dal segnale di protezione fino alla radice ad una velocità molto ridotta. Anche qui sarebbe auspicabile la sostituzione con altri deviatoi da 60 km/h.
Inoltre, a pagina 41 del numero datato 25 febbraio 2018: (omissis) … La linea, completa nel suo primigenio tracciato via Bra già fin dal 1874, nacque per collegare Torino, prima Capitale del Regno d’Italia con la Riviera Ligure di Ponente e con il porto di Savona, naturale sbocco a mare della Provincia di Cuneo.
Nel 1933, fu inaugurata la variante Carmagnola – Ceva via Fossano – Mondovì Altipiano, a doppio binario e più veloce dell’itinerario storico. La tratta di valico Alpino – Appenninico, inizialmente, passava per Ferrania, ma, già sul finire del secondo decennio del Novecento, fu avviata la costruzione della via di Altare, con le opere d’arte già predisposte per il doppio binario, ma, a causa di varie vicissitudini, la tratta fu aperta solo nel 1954, a semplice binario, non essendo mai stato postato il secondo, pur essendovi lo spazio disponibile. Come tutte le linee che, dalla Liguria, raggiungono la Pianura Padana, anche questa presenta notevoli acclività sui versanti meridionali dei rilievi attraversati: 25‰ via Ferrania o addirittura 30‰ via Altare, con pendenze più amichevoli a Settentrione, salvo l’attraversamento della Langa di Castino tramite la galleria Belbo, che passa sotto le sorgenti del fiume omonimo e vede pendenze simmetriche, contenute entro un non trascurabile 25‰ da ambo i versanti.
Il doppio binario propriamente detto si estende da Torino fino a Ceva, mentre, a cavallo del Colle di Cadibona, le due linee a semplice binario sono esercite de facto come un’unica linea a doppio binario banalizzata, a seconda delle varie esigenze di trasporto. Sulla base di quanto finora illustrato, è ben evidente la necessità di eseguire migliorie tra Savona e Ceva, che sono separate da soli 45 km di binario, percorsi in almeno tre quarti d’ora, con le fermate intermedie a San Giuseppe di Cairo ed a Cengio. L’ingiusta priorità assegnata alla motorizzazione individuale ed ai mezzi su gomma ha portato alla costruzione dell’autostrada A6, aperta nel 1960, seppure a sole tre corsie con sorpasso alternato. Anzi, poiché, come noto, a pensare male si pecca, ma, sovente, s’indovina, la tratta a Nord di Ceva è a doppio binario e percorribile già fin d’ora a velocità del tutto accettabili e, comunque, elevabili, dato il profilo planoaltimetrico, il che permette un agevole afflusso dalla Provincia Granda verso la Città di Torino, dove ha sede quell’industria automobilistica che vorrebbe aumentare i clienti che acquistano i suoi prodotti, al fine di servirsene per recarsi al mare, magari servendosi di quell’autostrada finanziata da quella stessa industria tramite un’Azienda consorella e, pertanto, ci sono forti sospetti in merito ad un pilotato blocco di ogni miglioria infrastrutturale ferroviaria a Sud di Ceva.
Il Decreto Ministeriale numero 43 del 2000 ha riclassificato le ferrovie d’Italia ed ha retrocesso al rango di complementari delle linee, prima di allora, classificate di grande comunicazione. Tra quelle che collegano il Piemonte, rientrano la Torino – Savona, la Fossano – Cuneo – Limone, che prosegue per Ventimiglia e Nice Ville, via Breil sur Roya, la Alessandria – Mortara – Novara – Arona e la Santhià – Arona, sulla quale il traffico è addirittura sospeso.
L’avventata riforma costituzionale del titolo quinto della Costituzione, che ha assegnato alle singole regioni l’organizzazione di molti servizi pubblici essenziali ad alta rilevanza sociale, ha contribuito ad aggravare ulteriormente la situazione, poiché la Torino – Savona è stata divisa in due tronconi facenti capo a San Giuseppe di Cairo, il che è ben diverso dall’avere due sottotratte facenti capo a due diversi Compartimenti ferroviari, ma sotto l’egida di un’Amministrazione Nazionale senza divisioni o, forse, si dovrebbe scrivere lottizzazioni, interne. A peggiorare il tutto, la trasformazione delle Ferrovie dello Stato in Società per Azioni, con tanto di piano industriale: qualcosa di ben lontano dall’Ufficio della Pubblica Amministrazione deputato allo svolgimento di un servizio fondamentale come quello del trasporto ferroviario.
Ecco allora che abbiamo assistito ad uno scadimento generale del servizio, tanto che siamo passati dall’avere due o financo tre coppie di treni Rapidi, una delle quali, in passato, di sola prima classe, effettuata con le prestigiose elettromotrici ALe 601, autentici cavalli da corsa e, per l’epoca, fiore all’occhiello della tecnica, ai soli Regionali con fermata in tutte le stazioni o, per quanto riguarda i cosiddetti Regionali veloci (Diretti sotto mentite spoglie), nei nodi, con l’aggiunta di qualche altra stazione intermedia giudicata di una certa importanza; pari scadimento sul fronte infrastrutturale, con perdita della quasi totalità degli scali merci, di molti binari di stazione, arrivando anche a trasformare certe stazioni come Saliceto in semplici fermate, senza possibilità di eseguire incroci, essendo la linea a semplice binario.
Auspichiamo una rapida inversione di tendenza: dalle colonne del settimanale L’Ancora, a pagina 60 del numero datato 25 novembre 2007, ebbi modo di scrivere che non si è mai fatto minimamente cenno al raddoppio della linea via Altare, ancorché con una spesa non eccessiva si possa avere un miglioramento non indifferente delle prestazioni delle linee, considerando anche l’impiego per i trasporti merci ed il prevedibile incremento di frequenza dovuto all’istituendo servizio metropolitano; parimenti, sul versante di Ferrania, la dissennata politica tristemente famosa con il nome di rete snella, in allora mutilata di un solo binario ed oggi ridotta a fermata e la pur lodevole realizzazione della fermata di Bragno è stata condotta perseguendo l’idea del massimo risparmio economico possibile, senza prevedere almeno una copertura, quanto mai necessaria in zone dal clima non proprio clemente.
La linea Casale Monferrato – Vercelli era solcata da treni prestigiosi come l’Espresso 1817 / 1818, che metteva in comunicazione la zona delle Risaie con il Monferrato e la Riviera Ligure di Ponente.
I viaggiatori di seconda classe in partenza da Alessandria ed Acqui Terme erano ammessi solo se muniti di biglietto con percorrenza superiore a 150 km.
I viaggiatori di seconda classe in partenza da Savona erano ammessi solo se muniti di biglietto con percorrenza superiore a 125 km, quelli in partenza da Acqui Terme erano ammessi solo se muniti di biglietto con percorrenza superiore a 50 km.
La tecnica moderna, unita ad un quanto mai necessario adeguamento infrastrutturale, con particolare riferimento al ponte sul Po a Casale Monferrato (da ricostruire quanto meno a doppio binario e senza limitazione di carico assiale) ed all’elettrificazione della tratta, permetterebbe l’istituzione di questo e di altri simili collegamenti, così preziosi, ma, colpevolmente, eliminati. Notare le sagge condizioni d’ammissione. Come si può facilmente osservare, la tratta che, faticosamente ed in ritardo, ritornerà a prestare il suo prezioso servizio viaggiatori e merci è la naturale prosecuzione di quella linea Savona – Alessandria, che condivide con la Savona – Torino i primi venti kilometri.
Roberto Borri