Non è frequente, anzi, scoprire uno ‘stand’ nelle località Rivierasche all’insegna dei prodotti di Ormea. L”ambasciatore’ montanaro fa qualche eccezione, ad esempio a Laigueglia, “Il salto dell‘acciuga”, evento enogastronomico della terra ligure e del Basso Piemonte. “Un appuntamento che frequento da quattro anni – spiega Piergiorgio Sappa coltivatore diretto di Ormea -, mi trovo bene, propongo solo la mia produzione: patate di Quarzina, castagne garessine, mele, noci, qualche verdura di stagione e quest’anno sono pure l’unico caldarrosta-io della affollata manifestazione. Certo non parliamo di incassi favolosi, non mi lamento”.
Piergiorgio è tra i pochi giovani dell’Alta Val Tanaro che non hanno rinunciato alle tradizioni degli avi. Certo non è più la vita grama di un tempo anche se lavorare e produrre comporta prima di tutto passione, dedizione, fatica, non c’è la chimera della ‘bella vita’. Ormea che negli anni ’60 – 70 era tra le località di montagna, compresa la ‘cugina’ e confinante Garessio, dove pareva che ormai solo il turismo ed il mercato immobiliare fossero destinati a cambiare secoli di storia. Due località segnate anche da un rilevante presenza, per decenni, di manifattura industriale. Ormea era il simbolo di una cartiera che ha dato lavoro a migliaia di ormeaschi, ad un paio di generazioni. Non è il caso di descrivere l’epilogo del terzo millennio.
Il turismo che arranca, stagione di lavoro ridotta a 40 giorni, ai fine settimana con il bel tempo, lo stallo immobiliare, tante case in vendita, frazioni e borgate decimate quanto a residenti, moltissimi terreni e boschi abbandonati, incolti, la sciagurata scelta di rinunciare alla ‘filiera del legno’ a livello comprensoriale. Un manipolo di albergatori e ristoratori a tenera alta la bandiera dell’ospitalità e della gastronomia tipica.
Piergiorgio Sappa fa parte di quella comunità, soprattutto giovanile, che non ha gettato la spugna, non ha rinunciato al cammino di chi nella terra, nella pastorizia, nella produzione contadina vede ancora delle prospettive di sopravvivenza e forse quel domani migliore, del rilancio di cui troppo spesso si parla e forse ci si illude fino a quando non si troverà davvero un ‘sistema paese’, con la montagna nelle priorità delle scelte politiche, governative romane e regionali. Seguendo l’esempio, senza andare oltre i confini nazionali, delle strategie prioritarie compiute in Alto Adige, nella provincia autonoma di Bolzano. E’sbagliato pensare solo all’autonomia come motore di sviluppo. No, quei politici, gli amministratori, già decenni fa, con lungimiranza, si sono preoccupati di dare la precedenza assoluta al rilancio delle loro montagne, a chi le presidiava davvero. Sia con benefici fiscali, economici, incentivi, ma di pari passo con le infrastrutture primarie e secondarie. I masi montanari oggi costituiscono motivo di attrazione (trasformati in locande che hanno mantenute le caratteristiche storiche) e dove contestualmente il proprietario è anche pastore, produce, taglia il fieno. Una catena capace di creare benessere e dove si tramanda l’attività. Famiglie numerose con due o tre figli e figlie dove qualcuno resta sempre a proseguire l’attività dei genitori, dei nonni, spesso famiglie secolari.
Abbastanza simile lo sviluppo sui Pirenei francesi e spagnoli dove le scelte della politica hanno tenuto conto, non solo a parole, della priorità di valorizzare, creare le condizioni perchè si resti e si lavori la terra, il gregge, le produzioni della pastorizia. In misura forse minore sviluppo ed economia montanara fiorisce in alcune aree delle Alpi francesi, anche quelle confinanti con il Piemonte. Dove non si è rinunciato ai vecchi mestieri e di pari passo si è sviluppato il turismo di montagna che da lavoro 8-9 mesi l’anno.
E’ in questo contesto che conversare, seppure occasionalmente con un ormeasco come Piergiorgio Sappa, permette di avere un’idea abbastanza reale delle nostre realtà. “I produttori di Ormea, con partita Iva, dunque diciamo professionisti che lavorano la terra, credo non siano più di quattro o cinque. Poi ci sono famiglie che alternano il lavoro nei campi, accudiscono bestie da ovile, con altra attività”.
E le patate di Ormea, la produzione dovrebbe essere consistente tenuto conto della facilità con cui si trovano in parecchi esercizi commerciali. Dice Sappa: “Non ho un’idea precisa, non credo che ci siano decine di tonnellate di prodotto da immettere sul mercato. Io, ad esempio, coltivo 1500 mq. a Quarzina, qualità Agria che da meno problemi rispetto alla Premura, difficile prendano malattie. Non hanno bisogno di acqua neppure nelle stagioni di siccità. L’unico trattamento è il verderame solo in presenza di alta umidità. Per il resto nessun antiparassitario nel terreno che può solo contare sul letame stagionato della stalla. Ho due mucche e 8 pecore. Giusto per il latte, formaggi, vitelli ed agnelli da vendere. Poi c’è la stagione delle castagne che vanno ad annate. Direi ottime quest’anno sopra i 600 metri di quota, chi è sotto vede il riccio sano, dentro sono marce.
Ormea dove fortunatamente si può acquistare formaggio del pastore davvero a chilometro zero: mucca, pecora, capra. Ogni stalla, si direbbe, si è specializzata. Una della caratteristiche che le bestie 10 mesi all’anno sono al pascolo. Piergiorgio elenca sei pastori. Tra le mucche prevalgono le razze ‘piemontesi’ e ‘valdostane’, le pecore in maggioranza brigasche. Un mestiere quello di pastore tra i più impegnativi, non c’è giorno di festa, abbastanza simile a chi ha un’attività alberghiera o di ristorazione annuale, anche se almeno c’è chi chiude un giorno in settimana e magari si prende una pausa con le ferie. Può abbassare la serranda, insomma. Invece la stalla va curata mattino e sera, un po’ di respiro nella stagione dell’alpeggio dove si ricorre anche ad un aiutante forestiero.
Piergiorgio non è comunque pessimista, la moglie gli da un mano, il figlioletto cresce con la ‘cultura’ del padre contadino. Con l’amore per il proprio paese e se gli si chiede: preferisci vivere in città o a Ormea non ha dubbi, almeno alla sua età. Da grande resta il detto: “vedremo cosa farà”. Dipende dagli studi e dalla vocazione che matura di pari passo con la vita in comunità, i contesti socio economici che alla fine impongono volenti o nolenti di fare delle scelte. E’ in questa realtà che conta molto la guida e la presenza della lungimiranza, interventi non assistenziali statali, regionali. Ma anche le scelte senza paraocchi, il messaggio di visibilità e qualità di vita. Una visione prospettata nel futuro da parte di chi è eletto ad amministrare il Comune, la ‘casa del cittadino’, saper creare e perseguire la coesione.