Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

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Ranzo orfana di Riccardo Bruna: rigoroso, caparbio, rivoluzionario precursore del Pigato. La comunità del vino in lutto


I viticoltori del Ponente ligure hanno perso uno dei loro ‘maestri’. Se n’è andato Riccardo Bruna, 81 anni, lasciando orfani Ranzo e la comunità del vino, in lutto i famigliari e tanti amici. Un artista che non dipingeva quadri, non realizzava sculture, ma di estrema professionalità, rigore, serietà. A modo suo caparbio, originale, rivoluzionario. Per la storia precursore in paese nell’imbottigliamento del Piagato nelle vigne storiche di famiglia. Riccardo che con estro geniale da un nome non casuale e dialettale ai suoi tesori in bottiglia: U Baccan, Bansigu, Pulin. Un professionista che conosceva i ‘ferri del mestiere’ e prima di lui l’enologia ligure perse uno dei suoi ‘figli migliori’, Piero Trevia, 71 anni, che abitava in una caratteristica casa in pietre di Andora, in via Castello.

Riccardo Bruna, fondatore dell’omonima Azienda agricola e viticoltore di Ranzo, si è spento a 81 anni, lasciando la moglie, due figlie e quattro nipoti. I media locali purtroppo non hanno ritenuto darne notizia

Se Trevia era un punto di riferimento, una guida per quei viticoltori liguri  che hanno fatto dell’impegno verso la qualità, la loro ‘pietra miliare’, Bruna è stato l’esempio vivente di un continuo e quasi maniacale percorso per offrire un prodotto capace di stupire e di competere. Orgoglioso dei traguardi via via raggiunti, ma non era un esaltato, non si montava la testa, non pensava di essere il migliore ed insuperabile. L’abbiamo conosciuto ed apprezzato quasi all’esordio della sua missione da viticoltore alle prime armi. Non si lamentava col cronista di provincia di non essere trattato alla pari degli altri viticoltori quando si affrontavano articoli sul tema cantine e produttori. Certo, come tanti altri suoi colleghi, si rendeva conto che c’erano ‘guide dei vini‘ con la vocazione a far fruttare inserzioni pubblicitarie o acquisto di copie. Anche la rassegna stampa sui ‘vini in Liguria‘, poteva anche non essere di parte, e magari con qualche problemino di conoscenza della materia. Il vino con il suo universo  sensoriale, profumi, aromi, bouquet, la natura dei profumi, il vigneto, la lavorazione  del terreno e il tipo di terra. Il vino ed il suo equilibrio, il vino e l’incidenza del clima, la capacità di far esaltare le singole caratteristiche: morbidezza, acidità, tannicità, la persistenza aromatica, il giusto equilibrio.

Viticoltore, un mestiere prima di tutto da amatore, ci ricordava Riccardo Bruna nei nostri incontri, nelle conversazioni telefoniche. Lui in cantina, nei vigneti. Noi alla scrivania di una redazione: la macchina da scrivere, la telescrivente, i dimafoni, il computer. Riccardo ha sempre cercato di seguire lo sviluppo che la tecnologia poteva offrire, tenersi al passo con i tempi, seguendo però la bussola di chi non si accontenta mai del traguardo raggiunto e se ne fa una ragione se la stragrande maggioranza dei vini liguri non può competere, o comunque non figura nel firmamento, nei top dei top riconosciuti a livello nazionale e soprattutto internazionale. Una delle sue peculiarità commerciali era di non rincorrere la politica né dei listini fuori dal rapporto qualità prezzo, né dei supersconti. Non ci teneva insomma che le sue bottiglie finissero negli scaffali dei supermercati.

Certo, Riccardo è stato accompagnato da una buona stella, peraltro meritata. Un campagnolo, si suole dire nella parlata dialettale da terza età, con la moglie che gestiva l’unico ‘alimentari’ di Ranzo e che hanno saputo crescere, mettere all’onore del mondo, due figlie. Una ha preso le redini dell’Azienda Agricola Bruna  di Francesca Bruna, laureata con lode in Ingegneria meccanica, l’altra Anna Maria, laurea in chimica farmaceutica. Nell’agosto 2000, dalle pagine del Secolo XIX, con un viaggio tra i viticoltori delle vallate e delle località di produzione, ricordavamo: …Francesca e Anna Maria che incoraggiano papà a proseguire la sua opera di rigogoso viticoltore di classe. Il suo primo gioielli di Piagato si chiamava ‘Le Russeghine‘, unico in Liguria ad essere citato  dall’autorevole rivista  ‘Civiltà del bere’ diffusa in Italia e all’estero. Tra i 16 vini d’Italia (allora) più conosciuti. Riccardo che alla notizia cascava dalle nuvole e non da ‘finto tonto’. Già allora il suo ‘segreto’ era la scrupolosa selezione nel vigneto e, sempre all’epoca, l’acquisto ‘salato‘ di una macchina che consente la spremitura soffice e la macerazione sulle bucce. Non solo, non era ancora obbligatorio la dizione europea della presenza di solfiti. Non si può commercializzare vino senza indicare se contiene o meno l’anidride bisolforosa utilizzata in basse dosi  nella pigiatura e nei successivi travasi e poi l’uso di lieviti naturali, prelevati dall’uva, creati in laboratorio e liofilizzati, utile per la fermentazione a temperatura fredda. Importante, ci raccontava Bruna,  che si tratti di lieviti selezionati, come ‘cervisia‘ e ‘bainano‘. Purtroppo, ci rivelava, sono in commercio altri lieviti killer. Hanno il potere di trasformare qualsiasi vino dandogli caratteristiche secondo le esigenze del mercato. E spesso si trae in inganno anche chi si ritiene un buon assaggiatore, degustatore.

Virgilio Pronzati, nato a Genova, da anni si interessa del pianeta vino: prima come Delegato regionale dell’AIS, poi dell’ONAV. Socio fondatore della Delegazione Ligure del “Conservatorio delle Cucine Mediterranee”. Consulente – CTU – del Tribunale di Genova. Autore e coautore di vari libri a carattere enogastronomico.

Allora Virgilio Pronzati giornalista specializzato in enogastronomia e già docente della stessa materia in diversi Istituti Professionali di Stato della Liguria, presidente regionale Onav (organizzazione nazionale di assaggiatori di vini)  sosteneva che se l’uva è sana “i lieviti non dovrebbero essere usati, in particolare dai produttori artigianali”. E che dire della parabola del ‘verderame’, con il zolfo, da due secoli unici prodotti utilizzati in vigna contro le ‘malattie’, gli ‘attacchi’ ed ora messo all’indice (verderame) in alcuni paesi europei importatori e in parte produttori di vino. Ci sono aziende commerciali tedesche, svizzere, per fare un esempio, che non accettano di importare prodotti (vale anche per frutta e verdura) che siano trattati con il ‘verderame’. Si intende genericamente un anticrittogamico a base di rame, cioè un fungicida rameico. La composizione cambia di volta in volta, in base al prodotto usato. In modo generico, in agricoltura, il termine verderame è utilizzato soprattutto per la composizione tipica della poltiglia bordolese (di colore azzurro intenso).

I vigneti, la loro cura maniacale, la cantina. Dopo la famiglia per Riccardo Bruna, persona riflessiva, gentiluomo nel modo di fare e di proporsi, esisteva un secondo amore. La dedizione e l’interesse per la ‘creatura in bottiglia’. Se Pietro Trevia, sepolto nella tomba di famiglia ad Andora, dopo aver rispettato il suo desiderio di rinuncia ai funerali, era stato il primo savonese a conseguire il diploma di enotecnico alla prestigiosa scuola di Alba; Bruna, oltre a pioniere del Pigato in bottiglia a Ranzo, ci ha lasciato orgoglioso del timone ereditato dalla figlia Francesca che dal papà ha avuto tanto ed ha imparato moltissimo.

Trevia che se ne andava, nel duemila (il papà fu anche il primo ad aprire un negozio di vini in via Carminati di Andora), lasciando al figlio Emanuele l’eredità del Vermentino più premiato in Liguria e prodotto dall’avvocato Maria Donata Bianchi Trevia. Marito e moglie titolari di una cantina laboratorio a Diano Castello.  E come dimenticare le dichiarazioni che il giorno dei funerali annotammo proprio da Riccardo Bruna. “Per 32 anni – ricordava – è stato una grande guida per i viticoltori, in molti abbiamo ricevuto le prime nozioni professionali proprio da lui. E chi l’ha seguito non è rimasto deluso, semmai poteva stancarsi della sua  meticolosità, il continuo impegno  per un vino sempre più affinato e anche a non cullarsi sugli allori”. Trevia tra i fondatori del Consorzio di promozione  e tutela dei dei vini del ponente per ottenere la Doc per i pigati, rossese, ormeasco e lumassina.

Riccardo Bruna concludeva: ” Forse ce ne renderemo conto con il passare degli anni, Piero è stato davvero un gigante nel vigneto, in cantina, non era geloso di insegnare. Mi auguro che non sia dimenticato troppo in fretta, resti per tutti noi un faro, una luce proiettata nel futuro, a me non resta che ringraziarlo, anch’io resterò orfano dei suoi insegnamenti e consigli. Una cittadino benemerito della società”.

Questo era Bruna quando parlava al giovane cronista del Secolo XIX. Oggi un altro benemerito, Riccardo appunto, ha raggiunto il mistero dell’eternità e senza che i mass media abbiano dato notizia, escluso il blog Liguria e Dintorni di Stefano Pezzini collaboratore de La Stampa. Riccardo un cristiano che, al momento della morte, si affida a Dio. Forse questa è la differenza tra un credente e un non credente ateo: il primo spera in qualcuno a cui tendere la mano anche se è difficile, anche per una persona di fede, immaginare come sarà la risurrezione. Ma è questo l’orizzonte imprescindibile in cui abita proprio la fede. Ci ha salutati, nell’inconscio, consapevole di aver dato tanto alla famiglia e alla comunità. E tutti avremmo avuto ancora bisogno di un cittadino da portare come esempio di vita, virtù e fiducia.

Luciano Corrado

COME E’ NATA E COSA RAPPRESENTA

NELLA STORIA DI RANZO L’AZIENDA AGRICOLA BRUNA

 di Francesca Bruna

Lo sorella, laureate, Francesca ed Anna Maria Bruna, in un momento felice posano per il sito internet dell’azienda famigliare

L’Azienda agricola Bruna nasce per intuito e passione di mio papà Riccardo. È un tipico ligure dell’entroterra rigoroso e caparbio, a volte ritroso, ma sebbene pensi di essere tradizionalista io so bene che è un rivoluzionario. Nei primi anni settanta infatti vinifica e imbottiglia il vino Pigato delle vigne storiche di famiglia a Ranzo. In paese è stato il primo e la sua è una scelta di vita non comune per quegli anni in Liguria. Mio nonno materno fin da subito lo sostiene e impianta nuovi vigneti ad Ortovero. Si chiamava Virginio Capello, contadino dalla mente raffinata e modernista, era un visionario: voleva aprire negli anni venti una gelateria a Costantinopoli.
Ha sempre creduto nel Pigato. Lo ricordo con tenerezza, ormai anziano, magrissimo, seduto sui gradini di casa, mentre scrutava le pergole di vite piantate tutt’intorno quasi a farsi stringere da loro in un abbraccio.
L’impegno costante di mio papà, chiamato affettuosamente da tutti noi “U Baccan”, il capo in dialetto, ha portato nel tempo ad ampliare i vigneti di proprietà, con precisa attenzione da un lato alle posizioni migliori di terreno da impiantare, dall’altro alla creazione di vini che rispecchiassero la sua personalità nel rispetto della tipicità varietale.
È stato un innovatore in quegli anni… Io e mia sorella, nel frattempo ragazzine, collaboravamo in vendemmia e in cantina divertendoci un mondo. Papà borbottava con Meneghin, mitico aiutante, perchè, secondo lui, non ne facevamo mai una giusta. Poi ci siamo trasferite a Genova per studiare all’Università, convinte che l’ingegneria e la chimica farmaceutica fossero il nostro futuro. Occuparsi della terra in quegli anni non era la massima aspirazione fra i giovani. Dopo la laurea però contro ogni previsione e qualche mugugno di mamma e papà abbiamo scelto con convinzione di ritornare. Volevamo fare le vignaiole.

Da anni siamo noi a lavorare con passione nell’azienda agricola: io, mia sorella Annamaria e Roberto, mio marito. Insieme a lui abbiamo deciso di coltivare tutte le nostre terre in modo naturale. È stata una scelta che ci ha cambiato la vita. In meglio. Quasi sempre Roberto è in mezzo alle vigne, ne conosce ogni particolarità e ne resta spesso affascinato, la sera è un vulcano di informazioni, idee e nuovi progetti. Io mi occupo della gestione dell’azienda agricola e faccio la mamma, mentre Annamaria tappa tanti buchi, sfama figli, nipoti, amici e trova anche il tempo, tra marmellate e pesche sciroppate, di realizzare bellissime composizioni floreali.
Insomma siamo una grande famiglia: grazie a Debora, John, Tania e Alessio, rispettivamente figli e nipoti, siamo anche un po’ rumorosi e scapigliati. Insieme a noi lavorano Ardian ed Elvis, due ragazzi molto capaci, anche loro sono e si sentono parte fondamentale dell’azienda vitivinicola.

Possediamo otto ettari di vigneti e pochi ulivi coltivati sui classici terrazzamenti liguri tra le colline e i boschi di macchia mediterranea di Ortovero e Ranzo, zona storica di elezione dell’uva Pigato. Lavoriamo ogni giorno con curiosità e voglia di fare meglio.
Cerchiamo semplicemente l’espressione più naturale del vino e della terra: mineralità, profondità, purezza.

Francesca Bruna (dal sito dell’azienda)

OTTO ETTARI DI VIGNETI – La nostra famiglia coltiva sopratutto l’uva Pigato. È un biotipo di Vermentino che nell’entroterra di Albenga, inValle Arroscia, ha sviluppato caratteristiche originali, non riproducibili altrove, tanto da essere considerato una varietà a se stante. I nostri vigneti sono disposti nei classici terrazzamenti liguri con muri in pietra, disseminati tra le alture di Ortovero e Ranzo, zone storiche per l’uva Pigato.

Roberto ha sposato Francesca Bruna, collabora all’azienda di famiglia, con un bagaglio professionale non comune

Il microclima è mediterraneo, secco e ventoso, da una parte il mare e il suo orizzonte infinito, dall’altra le Alpi Liguri, verde, luce e silenzio. I filari vivono in armonia con ulivi, querce, lecci e macchia mediterranea. Il paesaggio è selvaggio, le strade ripide e zeppe di curve, in cielo le nuvole corrono veloci. In questo scenario incantato crediamo con forza che una viticoltura naturale, senza diserbanti nè prodotti sistemici e di sintesi sia l’unica possibile. Rispettiamo il suolo, affinchè sia vivo, e le viti in equilibrio con le piante e gli insetti che la circondano. La terra plasma i nostri vini.  Intorno ad Ortovero i terreni sono sciolti e sassosi per il disfacimento di conglomerati di roccia sedimentaria. Qui oltre al Pigato coltiviamo Granaccia, Rossese e Sirah e in misura minore altre varietà a bacca rossa, i vini sono salati ed esuberanti. I vigneti sopra Pogli di Ortovero, interamente contornati da boschi, affondano le radici su pietra calcarea e argille azzurre risalenti al Pliocene, ricche di micro e macro fauna fossile. Qui il Pigato è puro e minerale. Sopra Ranzo la terra cambia, l’argilla è meno compatta, gli ossidi di ferro e manganese la colorano di rosso, le piante di vite superano i cinquant’anni. Il vino acquista profondità e ricchezza.

L’Azienda Agricola Bruna

“U BACCAN” PIGATO RIVIERA LIGURE DI PONENTE DOC
Severa selezione delle nostre piante più vecchie, oltre i 50 anni. U Baccan, il capo in dialetto ligure, mostra la vocazione dell’uva Pigato a produrre un vino complesso, di grande personalità. Negli anni ha dimostrato “sul campo” di avere ottime capacità d’invecchiamento.

“BANSIGU” ROSSO COLLINE SAVONESI IGT
Il Bansigu, altalena in dialetto ligure, è un vino rosso di chiara impronta mediterranea, ottenuto dalla selezione di Granaccia e altre varietà di uva, alcune poco conosciute ma da sempre presenti nei nostri vigneti. Vino grintoso dalla beva succosa e disinvolta.
“PULIN” ROSSO COLLINE SAVONESI IGT
Nato da un nostro progetto finalizzato alla riscoperta e alla valorizzazione della Granaccia, pregevole cultivar ligure affine alla Grenache del Basso Rodano. E’ coltivata in vigneto insieme a Sirah e Barbera. Il Pulin, ultimo nato in dialetto ligure, è un vino rosso di struttura, solare e mediterraneo con buone capacità di invecchiamento.
SFOGLIANDO LE PIU’ PRESTIGIOSE GUIDE DEI VINI D’ITALIA
“Quella di Riccardo Bruna resta senza dubbio una delle cantine storiche del Ponente Ligure, fra le poche la cui fama  abbia oltrepassato i confini regionali. E questo grazie ad una strategia  produttiva rigorosa, che ha saputo unire  sapienza viticola antica  e tecnica enologica moderna.  Il tutto nel pieno rispetto degli equilibri ambientali….U Bacan  alterna la gioviale  ed elegante spigliatezza del nuovo Majé …”.
“…L’azienda Bruna è una delle cantine più stimate ed importanti  del territorio. La sua produzione, di circa 40  mila bottiglie non riesce più a soddisfare  il mercato tanto che in cantina, in autunno, rimangono giusto le riserve.  Ma per il momento Francesca ed il marito Roberto non sono intenzionati a crescere, Preferiscono rimanere concentrati sulla qualità, con meno rese e con molta attenzione alla coltivazione naturale.  I vini si riconoscono con il forte legame  che hanno con il territorio…”
Marco Rezzano presidente Enoteca Regionale della Liguria

Marco Rezzano, presidente di Enoteca Regionale della Liguria, riportate da LiguriaWineMagazine, il giornale online dell’Enoteca: «Se ne va un uomo autentico, un grande produttore, un pezzo di storia e una delle anime del Pigato. Riccardo è stato tra i primi insieme a Pippo Parodi, Tommaso Lupi e alla famiglia Calleri a credere  nelle potenzialità del Pigato, un vitigno straordinario, fino a farne un vessillo aziendale. Uomo all’antica, tutto d’un pezzo, da subito ha interpretato la produzione del Pigato in maniera tradizionale senza mai cedere alle lusinghe moderniste. Schivo e diffidente verso i cambiamenti, ha sempre esaltato attraverso il suo meticoloso lavoro i caratteri della sua terra. Un amore totale verso il suo lavoro. La cura per ogni particolare produttivo ha fatto sì che il suo Pigato e il Pigato in genere si affermasse in modo definitivo. Lo porteremo sempre con noi, nei nostri cuori».


L.Corrado

L.Corrado

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