“La città australiana di Darwin è spesso “visitata” da grossi coccodrilli marini. In quella etiope di Harare, puntualmente ogni sera, un gruppo di iene arriva a prendere il cibo dalle mani di un anziano; animali potenzialmente pericolosi ma che, con la conoscenza e l’empatia sono divenuti una risorsa turistica, grazie alla pacifica convivenza tra uomo ed animali“; sulla spiaggia a Varigotti in agosto 2016, è comparso Vladimiro.
Il cinghiale stanco: di vivere da bestia, per l’appunto, mimetizzato nella macchia mediterranea che sale fino alle Manie fa la sua comparsa a Varigotti scegliendo una delle migliori spiagge della riviera per fare il bagno di notte, infinocchiare i turisti più fantasiosi, o più semplicemente per giocare con i gatti come giurano decine di testimoni oculari.
Qualche giorno [2016] dopo si festeggiava on the beach il compleanno di Benedetta, la figlia della signora Francesca, «e lui se ne stava ad ascoltare la discomusic a palla, tutto contento». Lo hanno battezzato Vladimiro.
“Al besti e i fiur i fan cul chi volan lur!”
In letteratura sono molti gli animali che non sanno stare al loro posto, dal gabbiano Jonathan Livingstone alla palombella e al gatto che le insegnò a volare.
L’Enpa di Savona chiarisce: “Forse anche per i cambiamenti climatici, in Italia da molti anni si assiste alla progressiva “urbanizzazione” degli animali selvatici; ne sa qualcosa la Protezione Animali savonese che, se negli anni ’90 raccoglieva in città una ventina di selvatici feriti o in difficoltà all’anno, nel 2015 ne ha soccorsi – spetta per legge alla Regione che ancora non lo fa – oltre 2.100″.
“Il fenomeno, per quanto riguarda i cinghiali, è soprattutto colpa dei cacciatori che insieme agli animalisti che li foraggerebbero, hanno immesso, anni addietro, a scopo di ripopolamento venatorio soggetti di ceppo europeo, più grossi, prolifici e confidenti dell’originario cugino, piccolo, nero e solitario; e per legarli ai loro territori di caccia li hanno alimentati per anni con tonnellate di vegetali scaricati da bidoni appesi agli alberi dei boschi e muniti di timer; e quindi, associando il cibo alla presenza dell’uomo, non esitano a spingersi negli abitati alla ricerca di alimenti, ovviamente assaltando i bidoni .. della spazzatura”, ne sanno qualcosa, recentemente gli abitanti delle periferie di Genova.
“Per evitare situazioni critiche e reazioni isteriche, ENPA Savona ha fatto la cosa più semplice e logica che avrebbero invece dovuto fare istituzioni provinciali, illuminate e competenti: diffondere chiare istruzioni su come comportarsi in loro presenza e condividere un eventuale incontro. Vladimiro di Varigotti può diventare un esempio d risorsa turistica intrigante, basterebbe non creare paura ed ostilità verso animali che vogliono solo essere lasciati in pace. E smetterla di invocare l’uso del fucile per ucciderli come sta facendo un assessore finalese; perché è proprio il fucile dei cacciatori il problema e mai la soluzione; quella vera è “sparare” solo cartelli e avvisi su come muoversi quando si incrocia un solitamente pacifico cinghiale”. Il cinghiale, così come ogni altra specie della fauna terrestre italiana (estendendo, anche gli animali domestici), non attacca deliberatamente l’uomo ma fugge da esso, sebbene possa attivare, solo se minacciato, atteggiamenti esteriori aggressivi, finalizzati a dissuadere l’uomo visto come potenziale minaccia, tendendo comunque a evitare il contatto fisico e non certo a renderlo possibile; la femmina difende “a spada tratta” la sua cucciolata ed in modo particolare quando questa sia nel mirino di una eventuale cattura da viva.
Il genere Sus apparve in Europa durante il Pleistocene inferiore (circa 1 milione di anni fa) con la specie Sus minori, da cui probabilmente deriva la specie attuale. I rapporti filogenetici tra questa specie ormai estinta e la specie attualmente presente non sono però ancora perfettamente conosciuti (Masetti e Rustoni, 1990). Il cinghiale, originariamente presente in Italia, non è stato mai studiato perchè la popolazione dell’Italia settentrionale si è estinta prima del 1900 e quella nella restante penisola ha subito l’inquinamento genetico con altre razze prima che potesse essere studiata (Boitani et al., 2003).
In tempi storici il cinghiale era presente in gran parte del territorio italiano. A partire dalla fine del 1500 la sua distribuzione andò progressivamente assotigliandosi, a causa della persecuzione diretta cui venne sottoposto da parte dell’uomo. Estinzioni locali successive si registrarono in Trentino (XVII secolo), Friuli e Romagna (XIX secolo), Liguria (1814); il picco negativo venne raggiunto negli anni immediatamente successivi alla seconda guerra mondiale, quando scomparvero le ultime popolazioni viventi sul versante adriatico della penisola. Il cinghiale ricomparve in modo autonomo nell’Italia nord-occidentale attorno al 1919, quando alcuni soggetti provenienti dalla Francia colonizzarono parte della Liguria e del Piemonte.
A partire dalla fine degli anni ’60 è iniziata una nuova crescita delle popolazioni con un progressivo ampliamento dell’areale, sino alla situazione odierna; a determinare questa crescita hanno concorso alcuni dei fattori responsabili dell’esplosione demografica del cinghiale anche nel resto d’Europa. Il recupero del bosco in zone precedentemente utilizzate per l’agricoltura e la pastorizia, il progressivo spopolamento di vaste aree di media montagna, sia a livello alpino che, soprattutto, appenninico e la conseguente diminuzione della persecuzione diretta, hanno contribuito in buona misura a determinare questo fenomeno. Non meno importante si è rivelata, a partire dagli anni ’50, la massiccia introduzione di cinghiali, inizialmente operata con soggetti catturati all’estero e, successivamente, con animali prodotti in allevamenti che si sono andati progressivamente sviluppando in diverse regioni italiane. Venticinque anni fa, a sinistra del torrente Sciusa, era in funzione un allevamento di almeno una ventina di ungulati. Ciò ha creato problemi di incrocio tra sottospecie differenti e di ibridazione con le forme domestiche, che hanno determinato la scomparsa dalla quasi totalità del territorio della forma autoctona.
Il cinghiale autoctono italiano molto probabilmente non è più presente a causa dei ripopolamenti dissennati operati dall’uomo con razze estranee al tipo locale e all’ibridazione con i maiali domestici. Gli esemplari attualmente presenti nel nostro Paese risultano più grandi, molto più prolifici e più confidenti con l’uomo rispetto a quelli che, alla metà del secolo scorso, popolavano parte della penisola. Il cinghiale, pur essendo onnivoro, basa la sua dieta sui vegetali per una grandissima parte (fino al 90%); pertanto, non è un predatore attivo di animali di media o grossa taglia.
Gli incidenti (stradali e di altra natura) in cui sia stato accertato il reale concorso del cinghiale non sono superiori a quelli di animali domestici (cani, gatti, mucche, cavalli, pecore, capre, ecc.); solo che, data la sua mole, le conseguenze possono rivelarsi disastrose per i mezzi coinvolti e a volte infauste per ciclisti e motociclisti.
L’unico predatore naturale del cinghiale, in Italia, è il lupo, soggetto a una caccia irrazionale, in quanto elimina, nel caso specifico, e in alcune aree, una potenzialmente rilevante forma di controllo naturale delle popolazioni. Quando sono disponibili prede selvatiche, il lupo tende a preferirle al bestiame. In particolare, il cinghiale è una preda importante nei Paesi del Mediterraneo, con frequenze variabili che si verificano in tutte le aree. L’abbondanza del cinghiale nella dieta dei lupi dovrebbe portare ad una diminuzione della predazione sul bestiame.
«Sia chiaro però che i lupi sono una cosa, i cani inselvatichiti e gli ibridi cane-lupo sono un’altra – dichiarava l’on. Costa quando era ministro -. I cani e gli ibridi non sono di competenza del mio Ministero, ma delle Regioni e delle Asl. Se i danni al bestiame sono tanti, e i lupi sono pochi, c’è qualcosa che non quadra».
L’intensa pressione venatoria altera il comportamento spaziale e il raggruppamento sociale di questo ungulato, aumentando la sua distribuzione concentrata all’interno di boschi e delle aree protette, Nella maggior parte dei branchi di cinghiali c’è un numero elevato di individui subadulti e porcastri, che rappresentano una preda per il lupo. Anche i daini e i mufloni vivono in brachi medio-grandi, ma queste specie, anche dove esiste una pressione venatoria, sono molto meno comuni del cinghiale nella dieta dei lupi. Pertanto tenendo conto di una certa percentuale, affermiamo che il cinghiale sia una specie preda ideale per il lupo. []
Diminuendo troppo le popolazioni di cinghiali si rischia di aumentare l’impatto dei lupi su caprioli e bestiame.
Molti agricoltori e possessori di orticelli e frutteti, lamentano, annualmente alla Provincia di competenza, i danni che subiscono per effetto delle razzie di ungulati. La caccia non sembra un rimedio efficace per contrastare i danni all’agricoltura, anzi, attraverso la perdita della sincronizzazione dell’estro e l’aumento della fecondità, potrebbe essere considerata come una causa dei danni stessi. Metodi alternativi, quali le recinzioni elettrificate e i sensori che “avvertono” l’arrivo degli animali e fanno scattare sistemi di allerta (per gli automobilisti), sembrano invece molto efficaci. Si stanno sperimentando anche metodi di contraccezione selettivi, cioè agenti solo sul cinghiale e non anche su altre specie selvatiche. Questo potrebbe essere il futuro e si dovrebbe comunque investire tempo e impegno sulle soluzioni alternative a quelle più immediate ma, come si è visto, meno efficenti.
Claudio Vimercati – La Stampa del 25 agosto edizione di Savona, traccia un quadretto di vita “cinghialesca”, molto simile a quella delle famiglie numerose ad inizio del secolo scorso: “Cinghiali in spiaggia: seconda puntata. Il branco che mercoledì sera si era spinto fino a pochi passi dal mare, nel tratto di arenile alla foce del Letimbro, oggi pomeriggio è ritornato, fra i bagnanti che prendevano il sole. Per nulla intimoriti, sotto gli occhi vigili della mamma, alcuni cuccioli addirittura si sono avvicinati alle persone, ricevendone, in cambio, pezzi di pane e altro cibo. Poi sono tornati dai compagni di branco che li aspettavano fra gli arbusti sotto il ponte Ruffino. Ne sono stati contati in tutto sedici. Due adulti e 14 piccoli. Che in pochi attimi sono diventati una vera e propria attrattiva. Decine di persone, dal ponte, hanno incominciato a fotografarli e a filmarli. Ecco la mamma cinghiale che si concede una nuotata rinfrescante nella poca acqua che è rimasta alla foce del torrente. Ecco un cucciolo che si gratta la schiena contro una grossa pietra. Uno spettacolo insolito che è andato avanti una buona mezzora.”
Sei cuccioli, non più con il pelame striato, rimasti orfani, ogni tardo pomeriggio si facevano fotografare a bordo di un muro di controripa della Provinciale n° 8 a Magnone di Vezzi Portio. Si ripeteva con frequenza il rito di filmarli e fotografarli, da parte di chi, fermata l’auto, si avvicinavano al piccolo branco. Forse le “bestioline” intuivano ciò che gli umani stavano facendo e si “mettevano in posa” ed ottenevano anche, in alcuni casi, un tozzo di pane che divoravano senza bisticciare tra di loro.
Il vero pericolo consisteva dalla sosta delle auto, furgoni, camioncini ed api, fermi a bordo in un tratto di breve rettilineo della provinciale posto tra una curva a gomito da un lato e da una semicurva dall’altro. Iniziato il periodo della cacciagione, dei sei simpatici ungulati se ne persero le tracce.
Alesben B.
Anche se il nome scientifico è in realtà “sus scrofa”, la parola educazione è “singularis porcus” ciò che si impara come una corruzione del tipo antico latino, che può spiegare la recita della declinazione, usata nella serie Asterix più volte. Per la prima volta, Asterix menziona questa frase a pagina 13 dell’album ” Asterix as a Gladiator ” quando viene chiesto da Obelix come viene detto in latino il nome di cinghiale; quando una nave fenicia viene scorta, Obelix vuole ancora sapere come viene detto Singularis Porcus in fenicio. Una successiva menzione sarà a pagina 30 dell’avventura Asterix ” The Odyssey “. Lì Asterix , Obelix e Nullnullsix riposano con Joshua Steinmazel , che può offrire solo frutta secca. Poi Obelix chiede se non ha un cinghiale (anche essiccato a causa sua). Dal momento che Joshua Steimazel ovviamente mai sentito parlare di un cinghiale, Obelix spiega in modo scientifico che si tratta di un singolare Porcus, appartiene al genere dalle pelle spessa, mammiferi artiodattili Gaula casa e immensamente gustoso. Naturalmente, questo è severamente proibito dalla legge ebraica e, in aggiunta, le risposte di Steimazel , altri tipi di carne possono essere mangiati solo se è kosher . E infine, in ” Gallia in pericolo ” a pagina 11 , Obelix descrive il superklon “Shwor-Zi” con questo termine e un disegno ausiliario [] |