Annuncio che compare nell’home pagina dei Comuni italiani compreso quello di Noli: si comunica che presso l’URP è possibile firmare per l’approvazione della legge per inserire la materia di educazione alla cittadinanza nei programmi scolastici. Anche Noli, come molti altri Comuni, ha “scoperto l’acqua calda”. Ciò a seguito delle “asinerie” prodotte da studenti e membri delle classi dirigenti italiane che si identificano e proseguono il percorso di “somarismo avanzato” che anche oggigiorno, come i loro predecessori, siedono dietro un banco e prendono il nome di “scadapanche“.
Ecco alcune “perle” degli studenti agli esami di maturità: Gli studenti, quasi sempre, non riescono a completare il programma di storia del Novecento; vengono “imbottiti” di nozioni pre prima guerra mondiale, se l’insegnante di italiano e storia, ha un certo carisma, ma dopo tale data, agli allievi vengono date nozioni a “spizzico”, slegate tra di loro ed avulse da qualsiasi riferimento storico. E questo si vede nelle aule dove si stanno tenendo gli esami di maturità. Come quella che immagina i partigiani combattere al fianco di Mussolini. O quella che colloca le Brigate rosse durante il ventennio fascista.
Sempre rimanendo in tema, nel bel mezzo di un colloquio orale si è sentito dire che la legge Acerbo (varata dal fascismo nel 1923 per rafforzare il partito in Parlamento) “è la riforma elettorale che ha dato alle donne il diritto di voto” (che però risale al 1945, in vista delle elezioni dell’anno successivo). Un peccato però veniale se confrontato con la tesi che parla dello sterminio della razza ariana ad opera di Hitler (ma non erano gli ebrei?) e con quella che indica il ’45 come anno d’inizio della Seconda Guerra Mondiale.
Ma il catalogo degli ‘orrori’, come detto, non conosce limiti di spazio e tempo. Coinvolge ogni angolo dello scibile umano.
Ecco alcune “perle” tratte da Il Fatto Quotidiano del 1° luglio 2015. Lo spirito delle leggi – “Mani Pulite è una legge del governo che ha abolito i corrotti“. L’ottimismo è apprezzabile, ma potrebbe servire un ripasso sui poteri dello Stato.
“Il Paese che io amo” – “De Gasperi era un ministro di Berlusconi”. Ora siamo sicuri che Brunetta abbasserà la cresta. Mille e mazzette – “Craxi era il vice di Garibaldi in Sicilia”. E incontrò Vittorio Emanuele II a metà strada, all’altezza di Hammamet. Lotta di classe – “L’alienazione di cui parlano i filosofi come Marx è sostanzialmente lo ‘scazzo'”. Alla faccia del materialismo storico. Guerre immaginifiche/1 – “La seconda guerra mondiale è finita nel 1958 con la vittoria della Germania”. Guerre immaginifiche/2 – “Durante la seconda guerra mondiale i tedeschi invasero la Germania”. Alla faccia dell’autolesionismo. Verga lisergico – “I Malavoglia erano una famiglia benestante che viveva su una barca con dei lupi cuccioli”. La barca di padron ‘Ntoni, protagonista del romanzo, era carica di lupini. Il candidato evidentemente li ha scambiati per lupetti. Stile Arca di Noè.
“Chi ha detto Gelmini?” – “Il tunnel del Cern è nel Gran Sasso”. L’ha sostenuto anche un ministro, non vorrete mica prendervela con uno studente? Crisi d’identità – “La radiazione elettromagnetica non sa se essere onda o particella”. L’indecisione potrebbe essere fatale. La storia su Whatsapp – “Il famoso generale garibaldino si chiamava Nino Biperio“. Di fronte all’incredulità del professore, il candidato non arretra: “Prof, l’ha detto lei, guardi, ecco gli appunti”. C’era scritto effettivamente Nino Bixio, ma la lettera X non è contemplata nel linguaggio dell’adolescente: si legge “per”. Ecco dunque “Nino Biperio”.
Da Presidente degli esami di maturità, al Cardarelli di La Spezia, una ventina di anni fa: Chi ha invaso l’URSS nella seconda guerra mondiale ? Di fonte all’incertezza del candidato, che in effetti non sa “che pesci pigliare” e al suggerimento del membro interno, dietro le mie spalle, costui, dopo essersi percosso con il palmo della mano la fronte disse: “mi scuso, chissà dove avevo la testa: Giuseppe Garibaldi...”
Se leggiamo TORQUATO CARDILLI ambasciatore italiano scomparso in Arabia Saudita, a 60 anni [Corriere della Sera 22 settembre 2002]. vediamo che i protagonisti non sono studenti ma i politici. Cardillo scrive nell’articolo: Quando gli asini sono al potere, tratto da: Le metamorfosi (dal latino Metamorphoseon libri XI, probabilmente la denominazione originaria), o L’asino d’oro (Asinus aureus), opera della letteratura latina di Lucio Apuleio (II secolo d.C.). Il secondo titolo deriva dal De civitate Dei (XVlll, 18) di sant’Agostino. È l’unico romanzo antico in latino pervenuto interamente ad oggi; “Se Lucio Apuleio, autore dell’Asino d’oro, l’unico romanzo scritto in latino pervenutoci interamente, potesse tornare in vita dopo due mila anni, certamente arricchirebbe i libri delle sue Metamorfosi ispirandosi alla mandria di somari che ci governa, perché l’Italia pur cambiando verso, come enfaticamente proclama Renzi il Magnifico, emette sempre lo stesso raglio……..l‘intreccio odierno, senza offendere i napoletani che hanno scelto nel ciuccio il simbolo dalla loro squadra, potrebbe svilupparsi sul tema del somaro che si trasforma in uomo per seguire da vicino le asinate dei presunti ottimati eletti dal popolo, che poveretto crede di essere amministrato da politici e stenta a prendere coscienza di essere governato invece da emeriti ciuchi…..Sembrava che l’acme degli errori fosse stato raggiunto nel 2011 quando era ministro del lavoro Sacconi arrivato lì dopo un cursus honorum invidiabile: ininterrottamente sottosegretario al tesoro dal 1987 al 1994, poi consigliere economico di Berlusconi, poi sottosegretario al lavoro dal 2001 al 2006 e infine ministro del lavoro dal 2008. In tale veste ebbe la bella pensata di abolire il riscatto dei 4 anni di studi universitari spacciandola come misura di equità a vantaggio delle generazioni future, che avrebbe tolto un privilegio solo a 60.000 persone vicine alla pensione. In realtà i soggetti interessati erano oltre 600 mila. E allora, olé! Il ciuco fa retromarcia con faccia tosta senza finire dietro la lavagna per la vergogna… Quel Ministero decisamente porta male. Due anni fa la professoressa Fornero dalla lacrima sospesa di fronte alla telecamera, divenuta famosa per la stupidata che il lavoro non è un diritto, con la riforma delle pensioni ha creato il problema degli esodati.
Anche in questo caso la cifra buttata là era che riguardava poche decine di migliaia di persone per le quali sarebbero stati trovati i correttivi. In realtà le vittime del tradimento di Stato erano più di 280.000. Oplà! Nessuna vergogna: la colpa dell’errore veniva scaricata sul malfunzionamento dello scambio di informazioni con l’INPS. Delle due l’una: o aveva sbagliato la Ministra, oppure aveva sbagliato il Presidente dell’Inps. Invece, per il solito miracolo italiano della consustanzialità del potere con la poltrona, nessuno si è dimesso, nessuno ha pagato e tutto è continuato come prima, ragli compresi. Non era bastata la retromarcia del decreto salva Roma respinto dal Presidente della Repubblica e ringoiato tutto intero dal Governo che dopo averlo approvato all’unanimità in Consiglio dei Ministri aveva addirittura ottenuto su di esso anche la fiducia del Parlamento. Poco importa che il Presidente del Senato abbia fatto la figura del capoclasse imbelle, incapace di tenere una scolaresca indisciplinata. Il Primo Ministro non ha fatto una piega e nessuno ha pagato per questa colossale gaffe politica e mancanza di dignità.
Mentre l’Italia intera affoga nella pantomima dell’IMU si, Imu no, Imu ridotta, Imu rinominata, Imu inglobata, mini Imu, Trise, Tasi e Iuc, con i Comuni che a pochi giorni dalla scadenza sono nel caos amministrativo e non sanno che pesci pigliare, ci mancava pure l’ennesima figuraccia di richiedere retroattivamente a 90.000 insegnanti, che guadagnano mediamente 1.300 euro al mese, la restituzione di 150 euro al mese erogati per tutto il 2013 quali scatti di anzianità.
Che manifestazione di asineria da parte di ministri che non riescono a valutare in anticipo le conseguenze negative di certi provvedimenti, che peccano di superficialità e di imprecisione nei calcoli, nelle previsioni, nella valutazione della situazione e delle ricadute politiche, economiche e sociali e che come altri loro colleghi non sanno cosa combinano gli asinelli dei loro recinti….
La giustizia sembra che stia per arrivare a colpire con una pesante pena di reclusione un altro asino che seppur elevato al rango di ministro dello sviluppo economico credeva che una casa di fronte al Colosseo potesse essere comprata per la metà del prezzo di mercato, mentre a sua insaputa un benefattore pagava la differenza nel retrobottega del notaio.
Qualche mese fa un altro esponente del Governo, con la responsabilità della sicurezza interna, recitava le bugie di Pinocchio che si trasformava in ciuchino! Riferiva in Parlamento su una cosa che non sapeva (sono state sue parole) mentre un ambasciatore straniero gli sequestrava da sotto il naso con un’organizzazione para militare una donna con bambina rispedite in patria. Pagava il conto per lui il Capo di Gabinetto che ora ha deciso di vuotare il sacco.
Un’altra asina di Governo faceva comunella con la famiglia di un latitante credendo di stare nel paese dei balocchi e non a capo del Ministero della Giustizia, mentre una sua collega intercettata si esprimeva in toni scurrili e arroganti. Non un alito dal Colle che non si stanca però di richiamare gli italiani a fare la loro parte.
C’è ancora da meravigliarsi se l’OCSE prevede che l’Italia, paese con un tasso di disoccupazione del 13% e disoccupazione giovanile del 41,6%, governato da una mandria di somari, con parlamentari che non sanno scrivere le leggi, che non capiscono quello che votano, con una classe dirigenziale di burocrati ottusi ed inamovibili che elaborano regolamenti ancora peggiori delle leggi che vorrebbero disciplinare, con amministratori famelici come lupi che rubano al paese, con dirigenti che truffano le aziende a partecipazione pubblica, scivoli al 15 mo posto nell’economia mondiale?”
Previsto dalle Indicazioni nazionali per le scuole di ogni ordine e grado come uno degli assi e dei terreni comuni della formazione di base, l’insegnamento di Cittadinanza e Costituzione è però una materia-chimera, un mostro, un esperimento, con facce e caratteristiche diverse a seconda di chi la insegni. Introdotta nella scuola statale da Aldo Moro, nel 1958 è diventata materia curricolare, subendo negli anni trasformazioni continue nell’intitolazione, nei contenuti e nella collocazione. E se Moro chiedeva di «trovare senza indugio un adeguato posto nel quadro didattico della scuola… al fine di rendere consapevole la nuova generazione delle raggiunte conquiste morali e sociali che costituiscono ormai sacri retaggio del popolo italiano», e Luigi Sturzo avvertiva: «Se (la Costituzione) cade dal cuore del popolo… se non entra nella coscienza nazionale, anche attraverso l’insegnamento e l’educazione scolastica, verrà a mancare il terreno sul quale sono fabbricate le nostre istituzioni e ancorate le nostre libertà», a chiarire il compito della scuola in proposito è stato di recente il presidente Giorgio Napolitano: «È importante che la Carta Costituzionale venga sistematicamente insegnata e analizzata nelle scuole italiane, per offrire ai giovani un quadro di riferimento indispensabile per costruire il loro futuro di cittadini, consapevoli dei propri diritti e dei propri doveri». In quell’anno (2008), al ministero si stava lavorando a un disegno di legge che assegnava a questo compito un monte ore annuale di 33 ore. Ma la previsione è poi scomparsa
Negli ultimi 50 anni, la materia si è chiamata «Educazione civica», affidata per due ore mensili al docente di storia; nel 1979 lo studio della Costituzione venne relegato alla terza classe della scuola media. E poi: nel 1985 (ministro Falcucci) si chiamò «Educazione alla convivenza democratica» e venne inclusa nella materia «Studi sociali», accanto alla Storia e alla Geografia. Nel 1996 (ministro Lombardi), la norma che prevedeva l’insegnamento di un’ora mensile di «Educazione civica e cultura costituzionale» non entrò in vigore per la caduta del governo Dini, mentre trovarono spazio le altre educazioni (alla salute, all’ambiente, alla pace, all’intercultura), esplose nella scuola come risposte alle emergenze di fine secolo. Il ministro Berlinguer (1998) varò lo «Statuto delle studentesse e degli studenti».
La Moratti nel 2003 propose l’«Educazione alla convivenza civile» nella scuola primaria. La sistemazione attuale fu voluta dal ministro Gelmini, che con la legge 169 del 2008 tentò la sintesi tra il termine internazionalmente accreditato di «Cittadinanza» e i documenti del fondamento istitutivo della Repubblica italiana. Oggi non è una «materia» (o «disciplina», in gergo ministeriale), con un quadro orario definito, ma «una sorta di filo rosso che attraversa le discipline, un insegnamento rimesso a docenti di area letterario-umanistica», spiega Carmela Palumbo, a capo della Direzione generale per gli ordinamenti scolastici del Miur.
Quando venne introdotta, ci fu un ampio dibattito su quale collocazione trovarle e in quale ambito. I sostenitori dell’autonomia della disciplina (che tradotto significa insegnanti ad hoc, formati appositamente, con ore dedicate) si sono dovuti scontrare con i tagli di spesa. Che forse hanno contribuito non poco a creare nei ragazzi un senso di smarrimento e di scarsa confidenza con le istituzioni. Oggi se ne parla nelle ore di storia (nelle primarie se ne occupa la maestra di ambito storico-letterario; dove c’è, alle superiori è affidata al prof di diritto) e il voto confluisce nella valutazione per questa materia. I testi su cui studiare sono solo «consigliati», oppure si trovano appendici e sezioni di approfondimento nei libri di storia. VISTA la proposta di legge di iniziativa popolare “insegnamento di educazione alla cittadinanza come materia autonoma con voto, nei curricula scolastici di ogni ordine e grado” promossa con il sostegno dell’ANCI; CONSIDERATO che detta proposta di legge depositata presso la Corte di Cassazione il 14 luglio 2018, Si comunica che presso l’urp e possibile firmarela PROPOSTA DI LEGGE d’iniziativa della deputata MURA – Istituzione dell’insegnamento dell’educazione civica nella scuola primaria e secondaria – Presentata l’11 novembre 2015.
Alla buon’ora la Proposta di Legge viene riesumata dopo tre anni, anche perché le istituzioni si sono accorti che l’istruzione italiana è ora precipitata dal 15° al 24° posto nelle classifiche mondiali. A occupare la pole position della top 25 sono tutte scuole provenienti dall’area asiatica: medaglia d’oro alla Corea del Sud, seguita da Giappone e Singapore. Tra i primi dieci posti si segnalano i sistemi scolastici dei Paesi nordeuropei come Finlandia, Regno Unito, Paesi Bassi e Irlanda, oltre a Polonia e Canada. Ai gradini centrali troviamo molte altre nazioni europee (come Germania, Danimarca, Belgio, Svizzera, Repubblica Ceca). Il quattordicesimo posto è occupato dagli Usa, mentre gli ultimi tre da Francia, Svezia e Italia. A svantaggiare il nostro Paese sono alcuni parametri come la scarsa considerazione degli insegnanti e l’investimento sulla scuola. Un ultimo posto causato direttamente dal poco valore che riveste il ruolo di educatore e dalla carestia di investimenti destinati all’istruzione e all’educazione. Tutti parametri che in Italia da tempo vengono ormai sistematicamente trascurati.
Ecco ciò che è risultato dall’indagine svolta poco tempo fa dall’ Economist Intelligence Unit e dalla casa editrice Pearson, analizzando e confrontando i sistemi scolastici di 50 Paesi. Un esito questo che rispecchia la precaria situazione delle nostre scuole e che si allinea con quel quadro di problematiche che le numerose proteste hanno evidenziato. L’analisi, svolta sulla base di 60 indici comparativi, ha valutato i risultati di alcuni test svolti da studenti-campione. Si sono considerate le capacità cognitive dei ragazzi e le loro conoscenze raggiunte a studi terminati, rapportando il tutto anche con il loro grado di integrazione nel mondo del lavoro.
É un peccato trovare la nostra Nazione al 24° posto con soli 0,14 punti ben lontani dalle capolista Finlandia e Corea del Sud e i loro rispettivi punteggi di 1,26 e 1,23: questi due Paesi, così diversi tra loro, vantano validi metodi d’istruzione. In Finlandia e Corea l’istruzione e la cultura sono considerate fondamentali anche nell’ottica dei vantaggi economici che da esse possono derivare. Purtroppo la scuola italiana è stata in questi ultimi anni bersagliata e sbriciolata da continui tagli e riforme sconclusionate, sebbene sia uno dei pochi settori che davvero possono salvare uno Stato dalla crisi. Una riforma sconclusionata è stata quella relativa alla Geografia. L’8 Novembre 2017 la sentenza di un tribunale reintegra la grande esclusa:La geografia non è più una materia di serie B: dovranno insegnarla prof competenti. Tra le materie che consideriamo secondarie – cioè escludendo italiano, matematica, storia e inglese , questa è quella che più ci serve nella vita, e più ci evita di fare colossali figuracce fantozziane. Sì, perché se a quarant’ anni non riesci a enunciare il terzo principio della termodinamica, non sai tradurre a prima vista Cicerone, pensi che Anassimene e Anassimandro siano due calciatori dell’ AEK Atene o non sei in grado di distinguere un capitello di ordine dorico da quello di ordine ionico, alla fine “chissenefrega”.
Ma se devi partire per un viaggio e inizi a balbettare sugli stati sudamericani – per non parlare delle capitali europee e ancora peggio delle province italiane – o non sei in grado di distinguere le distanze perché sei convinto che tra Milano e Napoli ci saranno sì e no 200 km e organizzi una vacanza a Udine perché è una città fighissima bagnata dal mare, ecco la situazione si fa decisamente imbarazzante. Già, questione di geografia. Che a scuola è sempre stata vissuta dagli studenti come una materia quasi di cazzeggio [] e che, un anno e mezzo fa, con l’ entrata in vigore della Buona scuola, era stata ridimensionata consentendo agli abilitati in italiano e scienze di insegnarla negli istituti tecnici e professionali pur in assenza di requisiti e abilitazione. Ora, invece (e per fortuna), la geografia torna ai geografi.
Evviva. Perché dopo le proteste degli insegnanti ed esperti della materia, il Tar del Lazio ha dato ragione ai docenti abilitati: a insegnare geografia potranno essere soltanto loro e non anche i prof di italiano e scienze, che sono specializzati in altre discipline (a questo punto, il Miur – Il Ministero dell’ istruzione, dell’ università e della ricerca – dovrà tenere conto del parere dei giudici oppure ricorrere al Consiglio di stato, spostando in avanti il problema). Giusto ridare credibilità a una delle discipline più bistrattate nel corso delle ultime riforme della scuola. Perché in quasi tutti gli indirizzi degli istituti tecnici e professionali, la materia è stata tagliata di netto o fortemente ridimensionata dalla riforma Gelmini, destino cui sono andati incontro quasi tutti gli indirizzi dell’ istituto tecnico industriale (ora istituti tecnici del settore tecnologico) e gli indirizzi professionali (come quelli dei Servizi socio-sanitari) in cui si studiava la geografia in alcune sue articolazioni (economica o turistica). Al liceo, invece, il taglio è passato attraverso un improbabile accorpamento tra storia e geografia al biennio che ha dato luogo alla geostoria, cui persino gli editori di libri scolastici hanno fatto fatica ad adeguarsi.
Ora si torna all’ antico e allora chissà che le nuove generazioni – che hanno sempre più voglia e necessità di viaggiare e fuggire dall’ Italia – capiscano l’ importanza della geografia. Che ci aiuta ad essere disinvolti cittadini del mondo, ma anche ad evitare imbarazzanti gaffes. Come quelle pubblicate sul sito SOS Geografia, una raccolta di strafalcioni famosi. Qualche esempio? Beppe Grillo, 28 ottobre 2017: Lagos è una delle più grandi città al mondo, la capitale della Nigeria, 5 milioni di abitanti, il centro dell’ Africa. È considerata una delle capitali dove si vive meglio al mondo. Se guardate le fotografie è pazzesca, sembra Las Vegas: verde, spiagge, palme. Già, peccato che nel 1991 la capitale della Nigeria sia stata spostata da Lagos ad Abuja e che Lagos sia una delle città dove si vive peggio al mondo.
E ancora. Il 19 ottobre 2017 l’ eurodeputata Pina Picierno, in treno con Renzi a Termoli per la campagna del PD Destinazione Italia, ha twittato: Oggi sono in Abruzzo, sul Treno di #DestinazioneItalia. Faremo tappa a Pescara, San Salvo e Termoli. Amici abruzzesi, vediamoci. Già, Termoli però si trova in provincia di Campobasso, cioè in Molise che dal 1963 è una regione separata dall’ Abruzzo. Ovviamente le figuracce si fanno ad ogni livello. Anche a quelli più alti. Sì, perché il 21 settembre 2017, durante un intervento alle Nazioni Unite, Donald Trump si è inventato un nuovo stato africano: il Nambia. E nessuno ha mai capito se si riferisse allo Zambia, alla Namibia oppure al Gambia di Alessandro Dell’Orto.
Sempre più strepitosa e incredibile. Si parla ovviamente di Luigi Di Maio, il vicepremier grillino, che questa volta cade in modo catastrofico sulla geografia. In visita a Bari dopo la questione Ilva, al fianco del governatore pugliese Michele Emiliano, chiede: “Con Matera cosa state facendo?”. Evidente l’imbarazzo di Emiliano, che si avvicina al grillino, nasconde la bocca con la mano e borbotta qualcosa. A quel punto, la faccia di Di Maio è da antologia: ha appena compreso di aver fatto l’ennesima figuraccia. Già, si dà il caso che Matera non sia in Puglia, ma in Basilicata.
Riportiamo a fondo articolo la Proposta di Legge della deputata MURA. Il documento di indirizzo elaborato dal ministero prevede percorsi specifici per ogni ordine e grado: il concetto di famiglia, scuola e gruppo, e i modi di agire corretti, nella scuola dell’infanzia; prime nozioni su Costituzione e convivenza, diritti dell’uomo, tutela del paesaggio, rispetto delle regole, nella primaria; Costituzione e diritti umani alle medie; Costituzione con uno sguardo all’attualità al liceo, insieme a promozione del volontariato, del fair play, dell’educazione stradale e della tutela dell’ambiente. L’ampliamento a temi che vanno oltre il classico ambito dell’educazione civica va nel senso del «pieno sviluppo della persona umana» che la Costituzione prevede all’articolo 3, sostiene Corradini. Che ricorda che «si va a scuola non solo per prendere un titolo di studio e trovare un lavoro, ma per diventare una persona umana, un cittadino, un lavoratore. E in questo percorso è importante rendersi conto di avere diritti inviolabili e di dover esercitare doveri inderogabili».
Occasione preziosa per affrontare anche temi come bullismo, violenza domestica e questioni di genere, la «formazione civile» dovrebbe educare la personalità dei ragazzi in tutte le dimensioni. «Argomenti come il bullismo vanno ricondotti a temi fondamentali, da trattare in termini sociologici, ma non è escluso che la scuola si apra anche a un taglio pedagogico», dice Palumbo. E se il confine tra cosa insegnare e cosa tener fuori è difficile da tracciare «è perché la nostra Costituzione è un documento ampio e completo, tutela i nostri diritti e l’ambiente, le istituzioni e la salute».
Tra quello che «non è», Palumbo ricomprende le «generiche “educazioni”»: finanziaria, assicurativa, alimentare, alla guida sicura, o ai principi base del Pronto Soccorso, «talvolta impropriamente rimessi a competenze scolastiche».
Che cos’è dunque? «Un insegnamento, cioè qualcosa che ha a che fare con conoscenze, competenze, cultura». Fulcro, la Carta Costituzionale, da integrare negli argomenti di studio: non come un monumento del passato o una tavola della legge, ma come perno che regge la convivenza civile, una risorsa per orientarsi e una matrice di valori. E poi il cittadino con i suoi diritti, doveri e prerogative, anche in una dimensione europea. «E il fatto che oggi si fatichi a capirne le ragioni è un po’ il sintomo della difficoltà che abbiamo a prendere contatto con il nostro Dna democratico», sostiene Corradini. Che ha da poco pubblicato il volume «La Costituzione nella scuola. Ragioni e proposte» (Erickson, 2014), in cui parla della Costituzione con affetto: non un vecchio oggetto vecchio, ma una meravigliosa «macchina d’epoca», di cui è fondamentale recuperare e trasmettere ai giovani il valore storico e la meraviglia.
Alesben B.
“Onorevoli Colleghi! Fino a qualche decennio fa in Italia, nelle scuole medie e superiori, era previsto l’obbligo di insegnare l’educazione civica. Una materia introdotta nel 1958 da uno dei padri della Repubblica, Aldo Moro, e soppressa inopinatamente a partire dall’anno scolastico 1990/1991. Per il grande statista democristiano il rispetto per gli altri e per la cosa pubblica era essenziale perché un ragazzo potesse diventare un buon cittadino. L’introduzione di una materia specifica nei programmi della scuola pubblica nasceva dalla constatazione che i diritti e i doveri di ogni cittadino all’interno della società, indicati nella Costituzione, rappresentano una vera e propria bussola per i comportamenti di tutti, a partire dalle nuove generazioni. Quella bussola deve essere orientata in primo luogo all’interno del sistema scolastico, con lo studio di una materia specifica che aumenti nei giovani la consapevolezza di far parte di una comunità in cui il rispetto delle regole è condizione essenziale per vivere in maniera ottimale. L’abolizione dello studio dell’educazione civica non fu l’effetto di una riforma della scuola statale, ma l’inizio di una stagione buia caratterizzata dal taglio dei finanziamenti al comparto scolastico. I numerosi tentativi di reintrodurre questa materia essenziale nei programmi scolastici sono falliti anche quando l’obiettivo sembrava essere a portata di mano. Come è stato osservato da autorevoli studiosi, le motivazioni addotte all’epoca a supporto dell’eliminazione dell’ora di educazione civica furono veramente incoerenti o comunque, prive di significato. Si disse semplicemente che nella società ormai «evoluta» (…) «l’insegnamento di ciò che è o dovrebbe essere il comportamento di ogni singolo cittadino nei confronti della nazione che abita, a cominciare dallo studio approfondito di cosa sia la nazione, le sue istituzioni e la Costituzione che ne è il libretto di istruzioni fondamentale», non fossero prioritari. Oggi, a distanza di oltre venticinque anni da quella decisione, riemerge forte la necessità che la scuola – ovviamente in stretto collegamento con le famiglie, alle quali la Dichiarazione universale dei Diritti umani del 1948, (articolo 26, paragrafo 3) garantisce la priorità nelle scelte educative dei figli – dia ai giovani italiani gli strumenti per essere dei buoni cittadini insegnando loro in primo luogo i princìpi fondamentali che informano la Carta costituzionale. Con questa proposta di legge, riprendendo l’intuizione originaria di Aldo Moro, si prevede di reintrodurre l’educazione civica come materia obbligatoria all’interno dei programmi della scuola pubblica. L’obiettivo è quello di sviluppare la dimensione della cittadinanza negli studenti italiani, nel rispetto dei princìpi sanciti dalla legge 13 luglio 2015, n. 107. Lo studio dell’educazione civica, nell’ambito del sistema nazionale di istruzione e formazione, è inteso come processo formativo attraverso il quale si acquisiscono diritti e doveri del cittadino, in quanto appartenente a una comunità, nonché la consapevolezza di diventare soggetti attivi e protagonisti della vita pubblica sulla base dei princìpi stabiliti dalla Costituzione, dalle norme dell’Unione europea e dal diritto internazionale (articolo 1).
L’idea di comunità si è ormai allargata e, per quanto possa essere forte il legame di identità con il proprio territorio di origine e con le proprie radici, i giovani di oggi vedono se stessi proiettati in una dimensione sovranazionale: la cittadinanza europea è, infatti, uno degli elementi di novità dello studio della «nuova» educazione civica, che prevede, oltre lo studio delle istituzioni e delle norme europee, anche l’insegnamento dei princìpi di solidarietà, cooperazione, amicizia e rispetto tra i popoli, sia quelli che risiedono nell’Unione europea sia quelli che il vecchio continente è destinato a ospitare in futuro a causa di processi migratori di portata storica. La proposta di legge, formata da cinque articoli, si inserisce in un quadro di riforme che intende ridefinire nuovi modelli di convivenza civile, in un patto intergenerazionale. Se si vuole dare un nuovo impulso alla società italiana occorre partire proprio dall’educazione civica dei nostri bambini, dei nostri ragazzi, dei nostri giovani. Occorre cioè seminare fin dall’infanzia quei germi culturali capaci di formare cittadini rispettosi delle regole, attenti alla crescita socio-economica del Paese, stimolati ad aprirsi alla comparazione con altre realtà nazionali, invogliati alla mobilità interna e internazionale, consapevoli che il merito dovrà essere l’unico parametro di valutazione per la crescita culturale e professionale.
L’articolo 2, prevedendo l’obbligo dell’insegnamento della materia nelle scuole primarie e secondarie, stabilisce la sua articolazione su un orario di almeno due ore settimanali, fatta salva l’autonomia delle singole istituzioni scolastiche di stabilire programmi, modalità e tempi dell’attività didattica in relazione alle particolari esigenze legate alla tipologia degli studenti e del territorio o dello Stato dal quale essi provengono. Lo studio dell’educazione civica, oltre alla normale didattica in aula, deve comprendere un’attività di ricerca e di sperimentazione extrascolastica, anche attraverso viaggi di istruzione e visite all’estero volti a far conoscere l’importanza delle istituzioni europee, della loro storia e del loro funzionamento.
L’insegnamento dell’educazione civica prevede anche una formazione specifica dei docenti abilitati (articolo 3). Un decreto, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge, stabilirà i criteri per lo svolgimento delle attività di aggiornamento dei docenti referenti per l’insegnamento dell’educazione civica e le competenze minime dei medesimi docenti, nonché le modalità di riconoscimento delle competenze stesse. Per garantire la formazione del personale docente di educazione civica, la norma finanziaria (articolo 4) prevede l’istituzione di un fondo presso il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, con una dotazione pari a 2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016, 2017 e 2018.”