Oggi, Aldo, sei accolto tra i cori della Chiesa trionfante, tu che fra noi hai coltivato il canto sacro, traducendo in modo incomparabile i vari sentimenti che la liturgia suscita nell’anima.
Con il canto gregoriano, a preferenza di ogni altra forma di canto sacro, come ci insegnò il can. don Antonio Borzacchiello, popolo di Dio e coro dei leviti, cantammo le lodi di Dio, attorno alla cattedra del vescovo Quinzio con i suoi successori di venerata memoria, la ieratica figura di mons. Raffaele De Giuli, il santo e dotto mons. Gilberto Baroni, il cultore della divina Scrittura mons. Alessandro Piazza, sino alla diade Oliveri-Borghetti…
Aldo, mi piace riannodare quegli anni di Seminario con un verso del ligure – come te – Montale, che in una sua poesia in Satura inizia così: ” Avevamo studiato per l’eternità “.
Vorrei, carissimo Aldo, per aiutare a intuire, forse racchiudendo l’indizio di un senso, quelle esperienze, fra lo stormo leggero delle fronde del cortile del Seminario di allora, quasi fosse una promessa di felicità.
O forse, al contrario, quel tremolio della luce, quei passi affrettati, fossero il presagio di una ancora sconosciuta via crucis donataci in quell’economia misteriosa di Dio.
Quei versi – ricordi? – alla fine della Ginestra: “ E piegherai/ sotto il fascio mortal non renitente/ il tuo capo innocente “.
Ecco, ” il tuo capo innocente ” è o può solamente essere ciò che resta di quella inappagata promessa di felicità?
” Non vivono fino alla morte se non quelli che restano fanciulli tutta la vita “: non vi sentite ( miei venticinque lettori ) un’eco evangelica?
Concluderò, per noi chiesa militante, con Charles Péguy:” Egli ha messo nelle nostre mani, nelle nostre deboli mani, la sua speranza eterna, nelle nostre mani passeggere, nelle nostre mani peccatrici. E noi, noi peccatori, non metteremo la nostra debole speranza nelle sue mani eterne? “( Dal Portico del mistero della seconda virtù ).
O, per dirla con Von Balthasar, ” non si è mai parlato così cristiano” : Alleluja Amen Alleluja
Arrivederci.
Il tuo compagno di Seminario, Michele Di Giuseppe
IL RITORNO DI MONS. CAN. MARIO RUFFINO AD ALBENGA:
DIRETTORE DEL ‘REDEMPTORIS MATER’ – CENTRO SCOLASTICO
Ordinato sacerdote il 5 luglio 1964 don Mario Ruffino ha celebrato l’ultima Messa, domenica 16 settembre, nella Colleggiata Basilica minore di San Giovanni Battista a Oneglia. In una chiesa affollata il ‘parroco’ – per raggiunti limiti di età va in pensione – ha lasciato un messaggio: “La croce non è un supplizio, ma è una scala per salire più in alto.” Dopo 23 anni e a due dalla lettera di dimissioni inviata al vescovo Borghetti, il sacerdote è stato destinato a dirigere il centro scolastico ‘Redemptoris Mater‘ di Albenga. All’inizio del nuovo anno scolastico.
Il 3 settembre 2012 la Scuola Primaria, la Scuola Media e il Liceo “Redemptoris Mater” si erano trasferiti nel Nuovo Polo Diocesano di Via Leonardo da Vinci, 34, ad Albenga. Una sede ampia e funzionale, finemente rifinita, progettata nel rispetto delle norme di sicurezza più avanzate e particolarmente curata nell’ottica del risparmio energetico. La sua architettura richiama i luoghi della paideia classica e le sue aule sono dotate dei nuovi strumenti tecnologici che consentono lo sviluppo della didattica più innovativa.
Monsignor Ruffino è anche canonico emerito della Cattedrale di Albenga dove potrà ora presenziare, abitando nella cittadina. C’è da dire che fino a non molto tempo fa c’è chi riteneva che fosse rimasto amministratore parrocchiale alle Cascine di Imperia. Ma il vescovo ha preferito il distacco netto anche per dare la possibilità al nuovo parroco, mons. Ennio Bezzone, della basilica di San Giovanni Battista di operare senza possibili indugi. Farà il suo ingresso domenica, 30 settembre, alle 16.
Si aggiunga che il commiato di don Ruffino è quello di una personalità che ha segnato positivamente la comunità parrocchiale, sia in termini pastorali, sia con un concreto impegno nel mondo giovanile, nella realizzazione di opere di bene e rinnovamento delle strutture immobiliari della parrocchia stessa. Un sacerdote della ‘vecchia guardia’ al quale tutti riconoscono una forte personalità, il decisionismo del fare, non essere stato aggregato alla schiera di chi in diocesi ha creato problemi finendo magari nel tritatutto nei media, o peggio di inchieste giudiziarie e processi. Un parroco che nella stagione estiva curava con successo la comunità giovanile in quel di Alto (CN), dove le cerimonie religiose, all’aperto,nel giardino attiguo al Castello, venivano seguite e frequentate dalla presenza di genitori e famiglie imperiesi.
“Lascio con dolore – ha ancora detto nell’ultima Messa – la comunità parrocchiale, ma non è un distacco, affronto il cambiamento e la nuova missione con serenità ed immutato impegno”. Parole di fronte agli occhi lucidi dei bambini del coro, delle catechiste, i ragazzi e le ragazze del Movimento la Baracca, le associazioni, le Confraternite, fedeli ed autorità cittadine. Presente il vice sindaco Giuseppe Fossati con la fascia tricolore e che ha letto il saluto del sindaco Claudio Scajola.