Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

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‘La mia gioventù tra partigiani e tedeschi
sui monti di Cosio d’Arroscia. Il mio primo lavoro a Torino dai conti Calvi Di Bergolo’


Classe 1928, 90 anni compiuti, forse l’ultima memoria storica rimasta in Alta Valle Arroscia che ha vissuto gli orrori  dell’ultima guerra mondiale. Lui, Giovanni Gastaldi, natali a Cosio d’Arroscia e, dopo il matrimonio, a Pogli di Ortovero dove è rimasto vedovo e simbolo alla veneranda età: accudisce, con le forze rimaste, la terra, raccoglie la frutta, sale sugli alberi con la scala a pioli. “Anche se da un paio d’anni devo stare molto attento a non cadere, perdere l’equilibrio”. Un figlio, sottufficiale delle Guardie Forestali ora confluite nell’Arma dei carabinieri, una figlia pensionata dell’ospedale San Martino di Genova, una nipote medico chirurgo, con specializzazione, un nipote geometra.

Giovanni Gastaldi, 90 anni, è nato a Cosio d’Arroscia, memoria storica della guerra partigiana, dopo gli anni ’50 si è sposato e vive a Pogli di Ortovero

Chissà quante migliaia di persone transitate lungo la statale Albenga – Pieve di Teco, all’ingresso di Pogli, hanno notato seduto all’esterno di un capannone di lamiere il signor Gastaldi accanto al cartello ‘Vendesi aglio di Vessalico e frutta’. Nella vita ha fatto il garzone, il pastore, autista e cameriere dei conti Calvi Di Bergolo e ha conosciuto le famiglie nobili del Piemonte, l’avvocato Gianni Agnelli giovane e aitante.

Forse pochi immaginano che questo campagnolo vecchio stampo custodisce con la memoria di un giovanotto molte pagine della storia partigiana e di guerra sui monti mai finite sul taccuino del giornalista che non è un esperto di storia locale. Alla Resistenza e ai partigiani liguri sono stati dedicati  libri, frutto di meticolose ricerche. “Una signora me ne aveva lasciato uno, c’erano tanti nomi…non ho più voglia di leggere e dopo qualche mese l’ho restituito, raccontava di partigiani…..”

Gastaldi, cognome assai comune in Valle Arroscia. Uno zio prete a Nava: “Era il fratello di mio papà ed ha avuto l’iniziativa di erigere il monumento agli alpini con l’attigua chiesetta… a Cosio d’Arroscia sono 18 gli alpini Caduti in Russia e in loro ricordo avevamo piantato 18 alberelli che poi sono cresciuti….nella  mia borgata, San Rocco, vivevano quattro famiglie Gastaldi, ora non c’è nessuno con questo cognome. In paese ci sono altri Gastaldi, ma non siamo parenti….della mia leva che sappia viveva  ancora un altro paesano, non so se in vita e lucido. Io non mi posso lamentare, ho qualche problemino ad una gamba, solo da pochi mesi in casa ho il saltuario aiuto di una brava badante dopo averne mandato via un’altra che non faceva per me….dopo la morte di mia moglie che aveva cinque zie, mi sono sempre arrangiato …ora vado più spesso, almeno a pranzo, al ristorante da un compaesano”.

Giovanni Gastaldi nonostante la veneranda età e qualche acciacco ad una gamba cura la terra e vende

Giovanni Gastaldi, dopo il matrimonio, per 40 anni ha fatto l’autotrasportatore in proprio: “Ho comprato un ’42 Fiat nuovo  ed ho sempre portavo ogni bel di Dio. Dai laterizi alla terra, dal fieno, alla paglia, al letame, alle patate. Per tre anni impegnato con chi realizzava il campo da golf di Garlenda…ricordo la ditta Migliorini di Millesimo, pagavano come un banco, 30-40 dipendenti, ma non volevano meridionali per una brutta esperienza  con una banda della camorra…”.

Gastaldi ha lasciato Cosio nel 1950 all’età di 22 anni. Destinazione Torino. Alle dipendenze  dei conti Calvi Di Bergolo.  Proprietari  del Castello di Montemagno (Asti), di tenute agricole in provincie di Salerno (olive) e Lecce (vigne). Un’esperienza di vita, di lavoro, di testimonianze significative. “Ricordo come fosse ieri – continua il racconto di Gastaldi –  quando la contessa Patrizia Calvi diede incarico ad un avvocato di recarsi nelle due proprietà, da laggiù arrivavano notizie strane…l’avvocato tornò e diede un consiglio ” lasciate perdere tutto, rinunciate a quei terreni perchè ormai sono in mano a mafiosi e rischiate davvero la pelle….così è stato, i conti Calvi non ci hanno più messo piede, almeno fino a quando io sono rimasto con loro e credo anche dopo. Per me è stato un periodo davvero intenso e ricco di soddisfazioni, la contessa Calvi mi voleva un bene dell’anima, ero sempre presente alle feste nella villa di Torino e nel Castello…incontravo tanti nobili, gente importante anche del mondo politico di allora….ricordo benissimo l’avvocato Agnelli quando ancora non abitava in collina…un giro di bella gente…e tutta la servitù  dei conti era soddisfatta”.

Gastaldi da giovanotto ha conosciuto personalmente anche l’avv. Gianni Agnelli

Cosa è rimasto impresso della guerra al ‘giovanissimo’ Gastaldi ? “Avevo si e no 14 anni, una sera sono arrivati tedeschi  e alcuni siamo fuggiti verso Mendatica, percorrendo la strada. Ad un certo punto ci siamo resi conto che ci avevano quasi raggiunto, ci siamo salvati perchè loro erano usi avanzare sparando anche quando non vedevano nessuno; un modo per farsi strada…Un’altra volta sono rimasto due ore con il fucile puntato alla gola, nel ‘casone’ dei Boschetti i partigiani avevano nascosto una pila di armi ricoperta da una coltre di fine…Forse qualcuno aveva fatto la spia ed i soldati tedeschi erano convinti di trovare uomini e bottino…credo che se avessero sorpreso sia partigiani e trovato armi ci avrebbero ucciso come hanno sempre fatto…”.

Signor Gastaldi che idea si è fatto, con il senno dei poi, della lotta partigiana, dei fascisti, dei nazisti. “Non voglio giudicare, a 12 anni facevo il garzone a Nava da Settimo Roassino, un figlio camionista per Latte Alberti, pascolavo poche mucche e qualche capra da solo, il padrone si dedicava  al commercio di legname ed era un ottimo cacciatore di lepri. …Un giorno mi trovavo nei tecci di Cosio in località Fontana Fredda, accudivo tre mucche. Dopo l’8 settembre giravano  tanti sbandati. Sono arrivati quattro o cinque partigiani…. Ho capito che la loro intenzione era di prendersi una bestia, ucciderla e mangiare. Si è fatto avanti uno e l’ho sfidato ‘ prenditi la bestia se hai il coraggio…lui aveva la mano sul grilletto….ebbene il destino della vita ha voluto che l’ho incontrato 40 – 42 anni dopo a Sanremo. L’ho riconosciuto…mi ha dato cena e da bere”.

In giro, nei paesi di montagna, c’erano partigiani, anche fascisti e manco a dirlo soldati tedeschi. Un episodio l’ha scosso: “A Fontanafredda si cucinava patate e castagne. Si sono presentati dei militari tedeschi e cercavano i nemici…non ho esitato ad offrire latte e patate, in buone maniere ha cercato di fargli capire che non aveva nulla da dire o da nascondere…e quella volta la passai liscia.

Gastaldi e i suoi ricordi di vita: per 40 anni camionista in proprio

Un’altra volta invece a Fontanafredda eravamo rimasti in tre, io,  Giuse e Attilio. Ci siamo trovati circondati da decine e decine di tedeschi, anche in quella occasione erano certi di trovare quelli che loro chiamavano ‘banditi, banditi’. E volevano sapere dove si nascondevano e se li avevamo visti. Per fortuna i partigiani si erano accorti del pericolo e si erano allontanati, forse lasciando qualche traccia. Sta di fatto che  i tedeschi hanno preso Giusi e Attilio, legati e portati via. Poi ho saputo che li avevano rinchiusi nella prigione di Oneglia dove si trovavano un’ottantina di reclusi. E’ accaduto che, travestiti da fascisti, cinque partigiani  sono penetrati in carcere, hanno eliminato, non so bene in che modo, le guardie  e liberato tutti. Mi raccontò l’episodio il coetaneo e compaesano Giuse Scarato.”

Ricorda la Resistenza partigiana ? “Tanti i ricordi, sono ancora vivo posso dire di essere nato sotto la buona stella. Ho incontrato partigiani liguri e piemontesi. Sia prima, sia dopo l’8 settembre. Ho in mente la cappelletta di Dova, in località Creste di Dova, raggiungibile dalla località di Isole con mulattiera. Si erano fermati a dormire parecchi partigiani, al comando del tenente Martinengo…un aereo a  bassa quota ha lanciato banconote…anche in quella circostanza non tardò l’arrivo dei tedeschi, ma funzionò benissimo la vedetta e dopo aver circondato l’area convinti di trovare qualcuno restarono con un pugno di mosche in mano. Successivamente seppi che in quella chiesetta si erano riuniti molti capi partigiani liguri e piemontese”. Un summit si direbbe oggi.

Gastaldi testimone di uccisioni ? “ Io ? Credo di no….a Nava mi trovavo con uno dei fratelli Fiorello, erano parecchi, non so se sia in vita qualcuno della famiglia, i tedeschi lo presero e lo portarono via gli uccisero subito il cavallo…allora giravano molte spie….Io sono stato risparmiato dai partigiani pur avendo lavorato con altri uomini del paese al servizio dei tedeschi. Una giorno alla settimana eravamo costretti a lavorare per loro, si scavano fosse in alcune altipiani di Cosio… servivano ai soldati per ripararsi, nascondersi”.

Oltre all’episodio della baionetta puntata alla gola, un altro momento che non si dimentica ? Gastaldi: Gli americani, o forse gli inglesi, bombardavano con gli arei, mitragliavano per colpire i tedeschi. Li osservavo  scendere in picchiata, a motore spento su Nava, zona del forte centrale, poi riprendevano quota verso Ponti di Nava, Viozene, quindi tornavano sulla piana di Nava. Ho avuto la bella idea di imbracciare un fucile, allora di armi e munizioni nascoste ce n’erano tantissime, e sparare ad un areo, credendo di non colpirlo. Invece il colpo è andato a segno, non ha provocato danni gravi. Sta di fatto che si è messo a virare sempre più basso e mitragliare a lungo. Ho fatto in tempo a ripararmi sotto un grande albero, sono scampato, ma quanta paura!”.

Come ricorda l’agricoltura quando è venuto ad abitare a Pogli di Ortovero ? GastaldiTutti o quasi lavoravano la terra, io ho iniziato molto più tardi, quando ho deciso di vendere il camion. Comunque ricordo benissimo le piantagioni di pesche,  albicocche, cachi, patate, ma anche tante, tante fragole. Con mia moglie si coltivava terreni con 400 – 500 piante da frutto, c’era chi ne aveva più di mille. Ora ho sono rimaste  due o tre famiglie, coltivano soprattutto piantine in vaso. Di pesche, nonostante la sagra, non ce ne sono quasi più. C’era la famiglia Rinaldi, brava gente, se ne sono andati dal padreterno uno dopo l’altro, lavoratori e onesti. Io passo il tempo, mio figlio mi da una mano quando può, un nipote è geometra. C’è ancora chi pianta zucchine e pomodori, come primizie, a prezzi remunerativi. Io ho la patente e guido. Da giovane andavo a dorso di mulo o del cavallo, si impiegava tre ore da Cosio alla cappelletta di Dova, cavalcava anche mio zio prete quando c’era di dire Messa….Che tempi !…..Se i giovani sapessero….se avessero vissuto come noi…la guerra e la fame non avrebbero tanti grilli in testa”.

Luciano Corrado


L.Corrado

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