Quando iniziò l’avventura, rivelatasi azzeccata, di aprire redazioni distaccate (Savona, Imperia, Sanremo, Chiavari, La Spezia, uffici di corrispondenza ad Albenga e Sarzana) Il Secolo XIX vendeva nelle edicole 90 mila copie, in due anni con la direzione di Piero Ottone passò a 110 mila e via via fino al periodo d’oro di 180 mila copie la domenica e il giorno della Befana per l’estrazione della Lotteria Italia. L’edizione di Savona toccò 23 mila copie all’epoca del processo Guerinoni – Geri, per assestarsi a 17 mila copie. Della ‘vecchia squadra’ se ne sono andati Armando Moreschi, Gino Pellosio, Nanni De Marco, Enrico Fabbri, Salvatore Gallo; al giornale sono ancora in servizio Nicola Stella e Claudio Caviglia. Leggi anche l’Associazione Giornalisti Liguri censura il presidente Preziosi (Genoa).
Al di là delle tensioni che quotidianamente si vive nelle trincea delle redazioni distaccate, Savona era il fiore all’occhiello in quanto a diffusione e raccolta pubblicitaria, numero di redattori, dopo Genova. Colleghi, ma anche squadra di amici. E alcuni di loro hanno meritato la carriera all’interno del giornale: Angelini, Basso, Caviglia, Muda, Stella, Sangalli. Oggi, sembra un altro secolo, non solo la crisi delle copie, l’avvento del web. Il Secolo XIX che non raggiunge le 45 mila copie vendute tra tutte le edizioni. E’ cambiato il ‘clima d’amicizia’, quella sana goliardia che rendeva più umano un lavoro di stress, sempre in corsa per il fuori sacco, chiusure da rispettare, ricerca della foto. Si è pure ammainata la bandiera della ‘gara’ alla notizia, a chi arrivava prima, lotta al ‘buco’, la sana concorrenza con La Stampa. E come ignorare la falcidia di redattori in ossequio alla razionalizzazione dei costi e all’accoppiata Secolo XIX – La Stampa, infine l’abbraccio al ‘grande fratello polo’ con Espresso – la Repubblica. Uniti per vincere ? Con l’egemonia e la ‘normalizzazione’.
“Fare un giornale appartiene al tempo stesso a due categorie della vita: è un mestiere ma è anche una passione. Un esercizio rigoroso in costante ricerca di equilibrio tra realtà e progetto, tra cronaca ed ambizione, per la comunità, per la città, il Paese o il mondo. Fare l’editore di un quotidiano sembra quasi un paradosso, richiede la cultura del lungo periodo e la capacità di anticipare i tempi…”. Storie sacrosante raccontate da John Elkann. E per Carlo De Benedetti “la democrazia ha bisogno di giornalismo di qualità”. Con i precari ? I sottopagati ? “Se muore l’editoria di informazione – ha ricordato – , non muore solo un settore industriale: muore una funzione essenziale dei sistemi democratici”. E se si tiene per il collare chi scrive difficile immaginare la ‘verità di stampa’, la libertà di informare senza condizionamenti. E alla fin fine i risultati nella nostra Liguria si sono già visti. Meno testate e meno concorrenza, appiattimento. I lettori non gradiscono e chi non legge si diletta nell’immensa fabbrica della disinformazione di Facebook.