La sua ‘dimora’ è a Finalpia, il luogo di lavoro ed esposizione preferita il lungomare di Finalmarina, ma nella stagione invernale raggiunge Loano e la passeggiata di levante dove confluiscono anche i turisti di Borghetto S. Spirito. Ha 64 anni, ne dimostra qualcuno di più. L’hobby che gli da da vivere è la realizzazione di modellini di biciclette di ogni modello ed ogni età. La sua ‘fabbrica’ ne può produrre fino a 8 – 10 al giorno. Da 20 anni è l’unico lavoro, di biciclette pare ne abbia realizzato alcune decine di migliaia che vende ai passanti a 5 € l’una.
“Mi chiamo Mille, sono slavo, sono fuggito ai tempi della guerra civile con la famiglia, il nome è molto diffuso dalle nostre parti, in Croazia sopratutto”. Mille non ha lo status di profugo, non l’ha chiesto, dice di aver la residenza e di non essersi mai rivolto ai servizi sociali. E’ una persona tranquilla, di poche parole. Dalla sua postazione di lavoro, solitamente le panchine, rimane muto. Non invita i passanti a comprare, curvo ad intrecciare con le mani e pinzette fili di ferro multicolore. “Ho imparato l’arte quando in patria ho perso il lavoro e con la famiglia siamo fuggiti in Italia, non chiedo l’elemosina, vivo onestamente di ciò che riesco a vendere. Va a periodi, uno, tre, cinque, dieci modelli. Dipende. A volte niente”. A Finalmarina la sua presenza fa parte ormai della scenografia, si sposta a volte da un punto all’altro. Preferisce stare lontano da altri ‘ambulanti di colore’ che espongono la loro merce. “Mai avuto problemi – dice – , io faccio i fatti miei”.
Parla italiano abbastanza bene, la voce flebile, dall’accento difficile intuire la nazionalità. Qualche problema, invece, per le condizioni di salute. Un paio di interventi chirurgici ad una gamba. E soprattutto la brutta avventura vissuta il 24 settembre 2000 a Loano. “Mi trovavo nei giardini prospicienti il camposanto centrale, seduto su una panchina a riposare. Si è avvicinato un tizio, ha detto qualcosa, d’improvviso mi ha preso per il collo e mentre cercavo di difendermi sono stato colpito da 14 coltellate, al torace, alla spalla, alle braccia, alle gambe. Urlavo e qualcuno ha chiamato la Croce Rossa, soccorso e portato in ospedale, oltre due mesi di ricovero”. Che fine ha fatto l’aggressore, il mancato omicida ? “So che era stato preso, messo in carcere e poi ho saputo che è stato trovato morto sotto il ponte a Imperia”. Mille di più non sa, se il processo c’è stato lui non c’era.
“Di Finale proprio non posso lamentarmi, io rispetto tutti e tutti mi vogliono bene, vivo solo, senza pretese, alla buona, non ho mai chiesto la carità, preferisco pane e cipolle. Sono ceco di un occhio, ho tre figli, due maschi, vivono a Magnago, ogni tanto ci sentiamo, vengono a trovarmi, io vado qualche volta lassù, ho nipotini. Però alla fin fine torno volentieri a Finale, loro hanno preso le abitudini degli italiani, i bambini sono vispi e bisogna tenerli d’occhio; una volta uno si era allontanato senza che mi accorgessi ed ha rischiato di finire sotto un’auto. Ai nostri tempi, in Croazia questo rischi non c’erano”.
Mille quando il tempo lo permette trascorre le giornate fabbricando modellini di biciclette, nella stagione estiva Finale è il suo ‘mercatino’ preferito, d’inverno dice che a Loano c’è più movimento per via dei turisti che soggiornano a Borghetto. “Sento che un po’ tutti si lamentano, la vita è sempre più cara, per me va bene così, mi accontento di poco, a tavola e nel vestire. Non mi va di passare per barbone anche se io li rispetto, ogni tanto qualcuno si avvicina e racconta le sue traversie. Io ho le mie, ho abbandonato la mia terra e qui ho trovato gente ospitale. Non do fastidio a nessuno, vino ne devo bere poco anche se ogni tanto un bicchierino tiene su il morale”.