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Statuto Alta Valle Arroscia. Diffide e secondo ricorso al Capo dello Stato per la legalità


Non c’è pace per lo Statuto dell’Unione dei Comuni dell’Alta Valle Arroscia. Non demordono, a Pieve di Teco, i due consiglieri di opposizione. Ci sono contestazioni in 7 comuni (su 11) da parte dei rappresentanti della minoranza, un secondo ricorso è stato inoltrato al presidente della Repubblica. Un contenzioso, un groviglio poco consono al confronto democratico. Il rischio che tutto vada a discapito della comunità. Senza essere capaci di trovare un punto di incontro. Forse a qualcuno fa comodo tenere i toni alti ? Oppure siamo di fronte all’incapacità di chi dovrebbe essere punto di riferimento. Le prime conseguenze operative: manca la tesoreria, istituti di credito diffidenti e proprio il sindaco del Comune capofila, Alessandri, lancia l’allarme, ma senza mea culpa.

Tempi di vivaci contrasti nel Comune  pievese mentre i confratelli della  ‘Venerabile Arciconfraternita Segreta della Buona Morte ed Orazione di Pieve di Teco’, prendono parte alle processioni, in attesa del Venerdì Santo del Cristo Morto.  Ma in valle non si litiga per scaramanzia (foto Il Secolo XIX)

A tutti i sindaci dell’Alta Valle Arroscia ( Acquila d’Arroscia, Armo, Borghetto d’Arroscia, Cosio d’Arroscia, Mendatica, Montegrosso PL. Pieve di Teco, Pornassio, Ranzo, Rezzo, Vessalico) è pervenuta la lettera firmata  da Renzo Brunengo, capogruppo, ex sindaco, già presidente della Comunità Montana e dal collega Alberto Molinari. La conclusione parla di “ulteriore denuncia ai vari enti pubblici,  per riportare la legalità nella istituenda  Unione dei Comuni…rifiutando ogni strumentalizzazione in un ambiente talmente degradato democraticamente  per cui ogni dissenso è visto come intralcio”. Parole forti che nulla hanno a che vedere con l’agone politico capace della gazzarra. Parrebbe di capire che ci siano aspetti  talmente laceranti da non consentire più il civile confronto tra chi riveste cariche pubbliche, nei rispettivi ruoli previsti dalla Costituzione e dalle norme in vigore.

Renzo Brunengo consigliere comunale a Pieve di Teco

Nel documento i consiglieri Brunengo e Molinari non usano perifrasi, giri di parole. Addebitano al segretario comunale  e dell’Unione dei Comuni, dr. Marco Gunter, un atteggiamento assai discutibile nell’esercizio del suo ruolo. Scrivono: ” Alla nostra richiesta  di conoscere la data certa  di entrata in vigore  dello Statuto nella sua prima formazione, il segretario afferma  che la pubblicazione è avvenuta  a partire dal 29 dicembre 2015…si deduce  che l’entrata in vigore …trascorsi i 30 giorni,,,è a fine gennaio 2016, con la conseguenza che gli atti antecedenti a tale data sono tutti nulli.  Trattasi di diverse delibere di giunta e di consiglio, compresa l’approvazione  del bilancio di previsione 2015, assunte lo scorso anno.”

Incalzano Brunengo e Molinari: ” Non è comprensibile la risposta del segretario che, oltre che contraddittoria, è palesemente fuorviante di fronte all’evidenza  di delibere assunte senza alcun potere inducendo in errore i componenti degli organi deliberanti”.  E’ possibile che ciò accade senza che l’autorità di controllo (ma esiste e funziona ?) possa porvi rimedio ? E’ probabile che all’uomo qualunque possano apparire questioni di lana caprina, ma gli addetti ai lavori, gli amministratori pubblici più consapevoli e sensibili sanno che non siamo di fronte ad una tombola. Oggi chi è in maggioranza potrebbe trovarsi in minoranza domani e subire ingiusti soprusi da chi è al potere.  Secondo i due firmatari “ci sono delibere che poggiano sul nulla giuridico, ma che vengono utilizzate per i loro effetti giuridici ed  amministrativi, con grave danno per tutta la comunità amministrata”.

Alberto Molinari consigliere comunale a Pieve di Teco

Il clima che si respira, al di là della sostanza, si può leggere in queste righe: “ Il segretario dell’Unione ( Gunter) è diffidato ad affermare che i consiglieri di minoranza per loro specifica volontà hanno rinunciato a fare parte del Consiglio dell’Unione come consiglieri…è un grave travisamento dei fatti; i consiglieri di minoranza  hanno sempre voluto partecipare secondo quanto previsto dalla legge, non quanto imposto, in modo illegittimo, dal sindaco di Pieve di Teco. Per questo  è stato inoltrato un primo ricorso al Capo dello Stato….rileviamo pertanto la grave responsabilità dello stesso segretario dell’Unione nell’aver lasciato intendere ai sindaci che tutto fosse regolare”.  C’è altra carne al fuoco che lascia increduli e pone seri interrogativi.  Prosegue la lettera – denuncia: “ Non risponde al vero l’affermazione del segretario – vedi lettera –  secondo cui nove comuni avrebbero già approvato una nuova versione  dello Statuto senza  alcuna riserva  o rilievo circa la legittimità procedimentale, nè da parte dei consiglieri, nè da parte dei segretari. Risultano agli atti, invece,  molte contestazioni sulla procedura e sul merito, in ben sette Comuni, sia ad opera di consiglieri di opposizione, sia di maggioranza tanto che è stato inoltrato un secondo ricorso al Capo dello Stato”.

Se non sono rose e fiori, il contenuto della missiva non può lasciare nell’indifferenza con l’aiuto della cortina o il velo di silenzio che spesso caratterizza la vita di piccolo centri. Chi è chiamato in causa farebbe cosa saggia evitare ulteriori polemiche con un puntuale e documentato chiarimento. Non c’è solo in campo la legalità, c’è la dignità della persona, il suo rapporto con l’etica pubblica, la credibilità.

 


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