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Savona si specchia a scuola: insofferenza all’Islam? Razzismo strisciante e la religione


A proposito della polemica sulla preghiera islamica a scuola apparsa su Il Secolo XIX di lunedì 15 febbraio, vale la pena di fare il punto della situazione. Partiamo da un dato di fatto: i corsi di alfabetizzazione per adulti sono frequentati anche da studenti musulmani, che si portano dietro le loro usanze e le loro tradizioni, abluzioni comprese. Ma, si risponde, la scuola italiana è laica e quindi dovrebbero essere bandite le manifestazioni religiose in orario curricolare, come ribadisce la sentnza del TAR dell’Emilia-Romagna citato nell’articolo.

 

Però, si può ribadire, la scuola italiana è anche aperta a tutti (articolo 34 della Costituzione) e, soprattutto, nella scuola italiana si svolge ogni settimana un’ora di IRC, che vuol dire Insegnamento Religione Cattolica, tenuto da un insegnante autorizzato dal vescovo. Quindi: laica sì, ma fino ad un certo punto.

A scendere un po’ più profondamente nel merito della questione ci si accorge che la querelle nasce, in sostanza, dal fatto che in alcune ore della settimana nell’Istituto Comprensivo di Via Caboto convivono studenti delle primarie e adulti dei corsi di alfabetizzazione. La questione, in realtà, sembra nascere dalle difficoltà dei genitori di spiegare un’usanza e una tradizione diversa da quella cattolica ai loro figli, e si risolverà con una semplice variazione di orario e con il consiglio di Zargar Zahoor Ahmad, presidente ligure della comunità islamica, di riservare preghiere e abluzioni all’orario extrascolastico. Ma la diffidenza resta, e vale la pena di chiedersi se qualche forma di razzismo più o meno strisciante sia presente tra gli studenti savonesi.

A prima vista, sembrerebbe di no. Nelle scuole savonesi, ed in particolare negli istituti tecnici e professionali, gli studenti di religione islamica ormai sono numerosi, e finora hanno convissuto con i coetanei di casa nostra senza grandi problemi. Molti di loro, del resto, professano il loro credo molto blandamente, come del resto i loro compagni cattolici. Al massimo, può accadere che all’inizio dell’ora di religione l’aula si svuoti: capita di vedere classi in cui su 20 allievi solo tre o quattro frequentano l’IRC. Gli altri se ne vanno in giro per la città (se hanno l’autorizzazione dei genitori) o stanno nei corridoi a chiacchierare, causando al massimo qualche grattacapo al docente incaricato dell’insegnamento alternativo alla religione cattolica.

Ma, raschiando sotto la superficie, qualche intolleranza spunta fuori. Più di uno studente di casa nostra, sotto sotto, ha paura dell’Islam: i professori se ne sono accorti dopo il 13 novembre, quando, nelle discussioni post – attentati al Bataclan, alcuni allievi hanno detto senza mezzi termini che era ora di rimandare gli “Islam” al loro paese. Di solito, l’insofferenza è più strisciante, causata o mascherata da screzi giovanili. Le ragazze islamiche tendono a far gruppo tra loro, e più di una porta il velo anche a scuola. Qualche compagno italiano sopporta a denti stretti la situazione, (anche se le piccole musulmane non fanno niente di diverso dalle loro coetanee cristiane): di solito ci si limita a chiamare “Isis” le ragazze col velo, ma ogni tanto i litigi ci sono, Si comincia con una battuta, poi con un’offesa; la ragazza reagisce, tira addosso al provocatore la prima cosa che le capita sottomano, le altre ragazze musulmane difendono la compagna a gran voce… Si finisce spesso e volentieri davanti al preside. Quindi: niente (o per ora niente) polemiche sulle abluzioni e preghiere alla Mecca, ma l’insofferenza c’è. Diventerà razzismo?

 


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