Se sono rose fioriranno. Per mons. Antonio (Tonino) Suetta, a 51 anni il più giovane vescovo d’Italia, ammirato, osannato dai fedeli e dai mass media, è arrivato il primo appuntamento con la giustizia terrena, “In nome del popolo italiano…”. Quale ‘editore’ di Riviera 24 della Diocesi di Ventimiglia- Sanremo ha licenziato il direttore Frabrizio Tenerelli e il redattore Mario Guglielmi che alla notizia fu colto da collasso, neo padre di un bimbo di 5 mesi. Due giudici del lavoro del tribunale di Imperia hanno dichiarato la nullità dei licenziamenti: “discriminatori e ritorsivi”, disponendo il reintegro al lavoro e la condanna agli arretrati. trucioli.it è stato l’unico strumento di informazione che, sia prima della nomina a vescovo, sia dopo, non si era allineato alla massa di giullari, descrivendo un libero ‘curriculum’ senza autocensura. Non è questione di orgoglio, semmai di tristezza e serena riflessione. (Leggi….).
A poco più di un anno dall’ordinazione a vescovo, nel Duomo di Oneglia, presenti molte autorità ricordano le cronache dell’epoca, in prima fila l’ex ministro Claudio Scajola che fece la Santa Comunione, il presidente della Provincia di Imperia Luigi Sappa, il collega di Savona Angelo Vaccarezza, il sindaco Carlo Capacci. Per monsignor Suetta è stato un susseguirsi di esposizioni mediatiche, soprattutto alla Rai Regionale ( 15 presenze), di gran lunga superata dalla provincial- popolare Imperia TV ( 66 presenze ed almeno 16 ore di trasmissioni, tra dichiarazioni e interviste, più volte messe in onda). Nulla di male, sia chiaro, semmai la riflessione sulla scelta giornalistica degli spazi, ma soprattutto del pensiero unico, senza il contraddittorio, l’altra campana, l’approfondimento. Le interviste in abiti da ‘camerieri’. Alla fin fine forse non giova neppure a chi detiene il potere materiale e episcopale. Essere beneficiati dalla ‘ buona stampa’ può essere utile, ci sono dei limiti. Perché si rischia di commettere ‘passi falsi’, sentirsi troppo sicuri di se stessi, onnipotenti, magari intoccabili.
Ben altra sorte hanno vissuto sulla loro pelle Tenerelli e Guglielmi. Silenzio pressoché assoluto, un’ingiustizia che gridava vendetta davanti a Dio e agli uomini almeno sul piano dell’uguaglianza e della completezza d’informazione.
Oggi due giudici hanno sentenziato “in nome del popolo italiano….la giustizia è uguale per tutti…”. E’ vero siamo al primo scalino di un possibile percorso giudiziario che prevede altri gradi di giudizio, seppure l’immediata esecutività. La vicenda dei due giornalisti imperiesi trattati, per quanto emerge, senza troppi scrupoli cristiani, esplose ai primi di ottobre 2014. In un paio di giorni finì nel dimenticatoio mediatico. La ‘società civile’ rimase sostanzialmente muta. Non si scandalizzò. Non ci furono pubbliche prese di posizione, per quanto ne sappiamo. Né da forze politiche e pubblici amministratori, né da organismi sindacali, se non casi isolati e personali. Avevamo letto l’efficace articolo a firma di Loredana Demer – sotto riproposto -. Ma l’iniziale tam tam sulla motivazione dello staff del vescovo appariva convincente, se non condivisibile nella strategia e nella forma. Dopo sei anni di crisi crescente dell’editoria ligure e italiana (vedi il caso clamoroso della fusione La Stampa – Il Secolo XIX, con cure da cavallo nella razionalizzazione dei costi), una provincia fanalino di coda in Liguria per disoccupazione, chiusure di aziende, disastro di bilanci di molti enti pubblici, società partecipate e società private (poche eccezione), l’allarme debiti della Curia rappresentato dall’attivismo di monsignor Suetta ebbe l’effetto del ‘sonnifero’.
Non pare avessero fatto molta presa, sui fedeli e sull’opinione pubblica, la tesi di Tenerelli, da oltre 20 anni nel settore: “ Ci hanno licenziato per non aver accettato un ricatto, bell’esempio di una Chiesa che valorizza le espressioni lavoro e famiglia. Hanno violato entrambe. Per ripianare i debiti l’azienda diocesi lascia a casa due persone, ma acquista in leasing Ipad per tutti ed aggiunge in organico una terza persona”.
La versione dell’editore vescovile è stata che il siluramento era “esclusivamente dovuto a motivi economici, bilanci in roso, con la necessità di una ristrutturazione per salvare l’azienda e dover interrompere l’attività della sola emittente radiofonica…”. Eppure Tenerelli e Guglielmi pur lavorando per il sito web Riviera 24 erano stati assunti con la mansione di “tele- radiogiornalisti”. In alternativa, come emerge dalla carte processuali, al contratto a tempo indeterminato, sarebbe stato loro proposto una collaborazione coordinata, da dipendenti Co.co.co., assai diffusa negli ultimi anni tra corrispondenti di quotidiani e collaboratori fissi delle redazioni distaccate . E’ pure emerso che all’origine dei licenziamenti non vi fossero effettive ragioni economiche, ovvero la necessità di sopprimere l’attività dell’emittente radiofonica: “…trattasi di una motivazione insussistente al momento del licenziamento stesso, in quanto la radio era stata ceduta nel mese d luglio e nelle stessa lettera (di licenziamento) viene evidenziato che Tenerelli e Guglielmi fossero già impiegati nella redazione della testata on line“. In merito alle difficoltà di bilancio la sentenza fa rilevare l’acquisto di nuovi strumenti di lavoro e l’assunzione di nuovo personale.
C’è infine una stoccata da segno indelebile, con possibile il ricorso in appello, o ancora in Cassazione, ma la sentenza resta esecutiva. A meno che – e non sarebbe la prima volta che accade – il datore di lavoro rifiuti di dare seguito al provvedimento e si affidi a ricorsi e contro-ricorsi. “Viene evidenziata in maniera netta, a fronte della mancanza di ragioni oggettive, il carattere ritorsivo del licenziamento risultante dalla lettera di intimazione, costituito dal rifiuto di accettare l’accordo di collaborazione proposto ai due giornalisti…Il licenziamento è da ritenersi discriminatorio, determinato esclusivamente da motivi di ritorsione e quindi nullo”. (l.c.)
LEGGI IL COMUNICATO DELL’ASSOCIAZIONE GIORNALISTI LIGURI
Sanremo – La società “Nuova Radio Amicizia srl“, appartenente alla diocesi di Ventimiglia-Sanremo (attualmente retta dal vescovo Antonio Suetta), a capo del quotidiano online “Riviera24″, è stata condannata dal Giudice del Lavoro, di Imperia, al reintegro di due lavoratori licenziati o, in alternativa, al pagamento di una somma risarcitoria per il licenziamento, considerato non soltanto INGIUSTO, ma anche RITORSIVO. I fatti risalgono al 30 settembre scorso, quando il direttore della testata, Fabrizio Tenerelli e il redattore, Mario Guglielmi, vengono posti di fronte a un aut-aut: rinunciare al proprio contratto per restare collaboratori o essere licenziati. I due giornalisti chiedono soluzioni alternative, ma alla fine la società non accetta ed entrambi vengono, come promesso, lasciati a casa. Il contratto da collaboratore, tra l’altro, considerato dai due giornalisti pieno di “trappole” – trasmesso pochi giorni prima della eventuale firma – conteneva una clausola che prevedeva il versamento di una quota dello stipendio a saldo di un patto di non concorrenza, a fronte del quale Tenerelli e Guglielmi si impegnavano, un domani che fossero stati lasciati a casa, a non fare concorrenza al giornale. Una soluzione che collideva con il preteso cambiamento contrattuale imposto per via di ristrettezze economiche. Agli occhi dei due lavoratori sembrava, infatti, che la società meditasse quasi quasi di voler spogliare del contratto i due giornalisti, per poi lasciarli a casa, assicurandosi da una parte che non avrebbero fatto concorrenza e dall’altra che non avrebbero potuto neppure far causa, essendo stati loro stessi a rinunciare al contratto. Per quanto riguarda Tenerelli, la sentenza è stata emessa dal giudice Enrica Drago; per Guglielmi dal giudice Roberto De Martino. I due giornalisti sono stati difesi dall’avvocato Pier Paolo Guglielmi, di Ventimiglia; Riviera24 è comparsa in giudizio difesa dallo studio Biolè di Genova e dagli avvocati Andrea Artioli ed Enza Dedali, di Sanremo. Assistenza ai due giornalisti è stata prestata dall’Associazione Ligure dei Giornalisti.