Michele Ferrero era l’uomo più ricco d’Italia (23,4 miliardi di dollari) e il 30° al mondo. Ora nelle statistiche si legge il nome della vedova. Quante cose forse non abbiamo ancora letto e sono davvero affascinanti ? A Loano pernottava saltuariamente il compianto figlio Pietro. A Loano vive William Salice, inventore dell’ovetto Kinder, già braccio destro di Michele Ferrero. Ha lavorato nell’azienda di Alba per 47 anni. Salice, nella città rivierasca, ha dato vita alla attivissima Fondazione Calor Youf Life. La vedova Ferrero, Maria Franca Fissolo, è oggi la quinta donna più ricca del mondo. Tra gli italiani più ricchi del pianeta (ottavi in Italia ) figurano anche Paolo e Gianfelice Rocca, lontane origini a Loano, oltre che benefattori.
Dal profondo del cuore di milioni di italiani (io sono uno di questi che dal 1964 spalma con il cucchiaino la Nutella a colazione) sicuramente ricordano e ringraziano il Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana Michele FERRERO, deceduto sabato 14 febbraio 2015. Era nato a Dogliani il 26 aprile 1925. Nella biografia pubblicata sul sito it.wikipedia.it si legge: ” Nasce da Pietro Ferrero e Piera Cillario, entrambi figli di contadini. Pietro ha diverse esperienze lavorative a Dogliani, ad Alba fino a Torino, con una pasticceria nella centralissima via Berthollet. Il salto nella grande città sembrava riuscito, ma la guerra nel 1942, spinge Pietro e sua moglie Piera a tornare ad Alba, dove decide di aprire un laboratorio in via Rattazzi. Nella capitale delle Langhe comincia così la storia della Ferrero.
Nei dieci anni successivi alla costituzione formale dell’azienda Ferrero, che avviene il 14 maggio del 1946, la crescita costante e veloce dell’industria continua grazie al lavoro di Michele che, a soli 20 anni, collabora alla sua conduzione. Alla morte del padre avvenuta il 2 marzo 1949, la direzione passa a lui, allo zio Giovanni e alla vedova Piera. Dal padre Pietro impara l’arte e la creatività, dallo zio Giovanni coglie l’importanza dell’organizzazione commerciale e dalla madre Piera il senso della struttura aziendale. A 32 anni Michele si trova a guidare l’azienda in piena fase di sviluppo. Michele Ferrero ha saputo anticipare i bisogni del consumatore e creare nuove categorie di prodotto. Il 2 giugno 1971 viene nominato Cavaliere del Lavoro. Secondo Forbes, nel 2014 è stato l’uomo più ricco d’Italia (23,4 miliardi di dollari) e il 32° al mondo. Dopo una lunga malattia, Michele Ferrero muore nel pomeriggio del 14 febbraio 2015 a Montecarlo all’età di 89 anni.
La gestione dell’azienda di famiglia
Dopo la fondazione del 1946, Michele Ferrero è l’artefice dello sviluppo dell’azienda, realizzando tanti nuovi prodotti oggi acquistati da milioni di consumatori in tutto il mondo e aprendo stabilimenti produttivi e di rappresentanza in molte nazioni europee: Ferrero Germania e Ferrero Francia sono tra i primi esempi di internazionalizzazione dell’industria nazionale e, successivamente, esportando i prodotti il marchio Ferrero oltreoceano, dall’Australia (1974) all’Ecuador (1975). E’ lui l’inventore dei più famosi prodotti Ferrero: da Nutella (1964) a Mon Chéri (1956), da Tic Tac (1969) a Ferrero Rocher (1982), fino ad arrivare alla linea Kinder che oggi rappresenta circa il 50% del fatturato Ferrero. In Italia nei primi anni Settanta l’azienda investì molto in pubblicità televisiva nel primo spazio appositamente creato il Carosello. A fine anni Settanta, periodo dei sequestri di persona per estorsione, manda i due figli Pietro e Giovanni a studiare a Bruxelles. Pietro è morto in Africa per infarto, podista per hobby, a Loano era solito pernottare, con la scorta e identità di ‘copertura’, al G. H. Garden Lido. Prima di lasciare l’albergo era solito complimentarsi con l’allora giovane direttore, anni 90. Felice di trovare in camera la ‘buona notte’ con la marca Ferrero.
I due figli faranno presto ritorno, pronti a entrare nell’attività del Gruppo, che apre stabilimenti in Italia e nel mondo. Quando Michele Ferrero lascia la carica di amministratore delegato, va a vivere a Montecarlo, dove ha sede un’altra società del Gruppo Ferrero, Soremartec (Société de recherche de marketing et technique), i cui compiti vanno dall’innovazione del prodotto al rinnovamento dei sistemi di produzione, fino ai test di mercato. Grazie alla continua espansione territoriale e di prodotto, oggi Ferrero è uno dei principali gruppi dolciari a livello mondiale: con oltre 34.000 collaboratori è presente in 53 Paesi, ha 20 stabilimenti produttivi, di cui 3 operanti nell’ambito delle imprese sociali in Africa e Asia e 9 aziende agricole. Per volontà di Michele Ferrero nel 1983 è nata la Fondazione Ferrero, con sede ad Alba. Essa ha il duplice obiettivo di prendersi cura degli ex-dipendenti Ferrero e di promuovere iniziative culturali e artistiche.
Nel suo logo compaiono i tre verbi che la caratterizzano: “Lavorare, Creare, Donare“. Nel 2005 ha creato le Imprese Sociali Ferrero: esse sono già attive in India, Sud Africa e Camerum, e sono delle vere “imprese”, basate su una concezione prettamente imprenditoriale, che agiscono però con uno spirito “sociale”, poiché sono finalizzate da un lato a creare posti di lavoro nelle aree meno favorite dei Paesi emergenti, e dall’altro a realizzare progetti e iniziative per promuovere l’educazione e la salute dei bambini nelle aree in cui sono situati gli stabilimenti.
La terza generazione
Dal 6 giugno 1997 alla guida dell’azienda subentrano ufficialmente i figli Pietro e Giovanni Ferrero che diventano gli amministratori delegati. Nell’aprile 2011 il figlio Pietro muore in Sudafrica per un infarto mentre si allenava in bicicletta. Dopo la prematura scomparsa, il fratello Giovanni è al vertice del Gruppo come unico amministratore delegato.
L’Onorificenza di Cavaliere del lavoro
Il 2 giugno 1971 viene nominato Cavaliere del lavoro con la seguente motivazione: Amministratore Delegato della P. Ferrero & C. S.p.A. con sede legale in Alba (Cuneo) e direzione generale a Pino Torinese, della quale è stato fondatore nel 1946, unitamente ai genitori ed allo zio, Cavaliere del Lavoro Giovanni Ferrero.
L’impulso personale dato da Michele Ferrero, dopo la morte dei fondatori, da quando egli aveva appena 24 anni, ha fatto sì che l’azienda ricopra un posto preminente in Italia per la quantità di produzione e di notevole importanza all’estero per la diffusione sempre crescente dei suoi prodotti. Il Gruppo Ferrero dimostra la sua vitalità e la sua importanza con i seguenti dati: 8 miliardi di capitale sociale circa 120 miliardi di fatturato di Gruppo circa 9.000 dipendenti, 3 stabilimenti di produzione in Italia: Alba, Pozzuolo Martesana ed Avellino, 2 stabilimenti di produzione all’estero: Stadt Allendorf in Germania e Viller Ecalles in Francia, 7 consociate estere per la vendita dei prodotti e precisamente: Ferrero GmbH (sede Francoforte), Ferrero France (sede Parigi), Ferrero Benelux (sede Bruxelles), Ferrero Ltd. (sede Londra), Ferrero Scandinavia A.B. (sede Malmoe), Miralbana A.S. (sede Rapperswill, Svizzera), Ferrero USA-Canadà (sede Toronto).
Dal 1955 è Consigliere dell’Associazione Industriali Dolciari Italiani. Nel 1969 gli fu assegnata la massima onorificenza tedesca del settore alimentare-dolciario e precisamente il “Goldener Zuckerhut” >.
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Due ali di operai, vestiti con le divise della Ferrero, ad attendere il feretro davanti alla chiesa di San Lorenzo, ad Alba. Quattro maxischermi allestiti nelle vie del centro. Piazza del Duomo gremita. Si contano 10mila persone. E, all’arrivo del carro funebre un lungo applauso da parte della folla. Mercoledì Alba ha salutato Michele Ferrero scomparso a Monaco all’età di 89 anni. La salma tumulata nella tomba di famiglia, accanto a quella del figlio Pietro. A rendere omaggio all’imprenditore anche il direttore del Corriere Ferruccio de Bortoli, il presidente del Coni Giovanni Malagò, il presidente della Regione Piemonte Sergio Chiamparino, il sindaco di Torino Piero Fassino, dall’ambasciatore Paolo Fulci e il premier Matteo Renzi, arrivato in elicottero.
“Cosa dire? Ci sono forse parole per esprimere lo smarrimento, il dolore, il riserbo per la scomparsa di Michele? No. Ha reso pensabile l’impensabile”. (Giovanni Ferrero al termine del funerale del padre. L’ultima volta che l’hanno visto in pubblico è stato nella Cattedrale di Alba, per il funerale del figlio Pietro. Ai vecchi collaboratori continuava a ripetere: “Che disgrassia“, che disgrazia [Aldo Cazzullo, Cds 15/2/2015]. Il figlio Giovanni, Ceo del gruppo, è riuscito a comunicare al padre la notizia dello storico sorpasso della Nestlé poche ore prima che si spegnesse dopo una lunga malattia. “Bravo, erano anni che aspettavo questo momento – è stato il commento di papà – . Prendi una bottiglia, che dobbiamo brindare” “Era un campione assoluto del capitalismo e non solo di quello italiano. Uno degli ultimi grandi che hanno ricostruito l’Italia dopo la guerra e l’hanno trasformata nel decimo paese industriale del mondo” (Stefano Cingolani).
“La Prima volta che entrai in una panetteria-.pasticceria per vendere la crema alle nocciole che faceva mio padre, il negoziante mi chiese brusco: “Cosa vuole?”. Non ebbi il coraggio di offrirgli il prodotto. Comprai due biove di pane e uscii. Andò così in altri due negozi. Nel quarto lasciai la merce in conto vendita. Tornai il giorno dopo: l’avevano venduta tutta” (il discorso di Natale del 2013 ai suoi collaboratori) [Aldo Cazzullo,
Il giorno prima della sua morte la Ferrero ha superato la Nestlé, diventandola terza industria dolciaria al mondo nel mercato del cioccolato. Secondo le classifiche della rivista americana Forbes, ha lasciato
un patrimonio personale di 23,4 miliardi di dollari (20,5 miliardi di euro) che ne facevano il 32° uomo più ricco del mondo e il primo d’Italia (storico sorpasso nel 2008 a Silvio Berlusconi che guidava la classifica dal 1996, quando aveva sfilato il primato a Gianni Agnelli).
“Quella dei Ferrero è una vita da formiche, più che da cicale. Niente vita mondana, nessuno scandalo, nessuno scoop. Troppo normale per essere vera? Se lo è chiesto anche Forbes quando ha chiamato nell’ufficio di Alba per comunicare la vittoria della classifica. Dall’altro capo del telefono pare che abbiano commentato con un serafico ‘Not bad’ (mica male). (Fabrizio Goria) “Dall’umiltà nasce la sua genialità. Poi certo c’era una grandissima cultura imprenditoriale. Teniamo presente che da ragazzino ha sofferto cos’era la povertà delle langhe negli anni 30. Se non si inquadra la realtà di allora non si capisce che a 28 anni ha creato due fabbriche, di cui all’estero. Un pioniere e un prodigio. Basti pensare che la Ferrero era un’azienda internazionale che usciva dai confini dell’Europa, che lui diceva essere “un fazzoletto”, già nel ’65”.
IL BRACCIO DESTRO VIVE A LOANO –
Wiliam Salice, braccio destro di Ferrero, si è trasferito da anni a Loano dove ha dato vita alla COLOR YOUR LIFE fondazione. Salice ricorda: “Visitava i supermercati in incognito. Per me era come un padre, un genio umile”.Salice ha lavorato 47 anni nell’azienda Ferrero e ha contribuito alla creazione di tutti quei prodotti che hanno reso dolcemente felice l’infanzia, e non solo, delle passate e presenti generazioni a partire dagli anni ’60. E’ stato lui l’inventore dell’ovetto Kinder.
“La storia di queste generazioni che rigorose e riconoscenti si passano i nomi di battesimo come in una staffetta, incomincia con l’agricoltore Michele (classe 1856) a Viaiano Soprano, frazione che da Farigliano scende al Tanaro, nel Cuneese. Michele ha nel 1898 un figlio, Pietro, che di fare il contadino non ha voglia e con il fratello Giovanni va a Dogliani: garzoni di panettiere e pasticciere. Sentono la voglia di provare, creare. E verrà il matrimonio di Pietro, con Piera Cillario, anche lei figlia di contadini (figura che sarà venerata dal figlio e dai nipoti): nel 1925 nasce Michele, chiamato come il nonno. Pietro e Piera aprono negozio a Torino, poi lui tenta un’avventura in Somalia per vendere panettoni, torna a Torino, grandi vetrine, poi guerra e bombe e la fuga ad Alba, i primi barattoli di cioccolata, anteprima della Nutella, il negozio sulla via Maestra” (Marco Neirotti) [Sta 7/3/2008].
Il 2 marzo 1949, alle 16,30, Pietro Ferrero muore per un attacco cardiaco, a 51 anni. Dell’attività si occupa Giovanni Ferrero, il fratello, fiero del suo servizio nei carabinieri, delle bande rosse sui pantaloni, e fiero di quella “pasta Gianduja” che diventerà la Nutella. Con lui il nipote Michele, 24 anni, l’ex bambino e ragazzino dell’avventura torinese stroncata dal conflitto mondiale (Marco Neirotti).
Poi era arrivato lui, Michele Ferrero. Per la verità, già i suoi si erano fatti conoscere, per via di quei camion della ditta che giravano le contrade e lasciavano alle drogherie dei paesi panetti marroni striati di bianco: erano artigiani di genio che stavano facendo il salto verso l’industria con i piedi di piombo e tanti sogni.
“Quando dicono “Michele è un genio”, rispondo facendo finta di aver capito altro: ” Sì, è vero, di secondo nome faccio Eugenio, la mia mamma mi chiamò Michele Eugenio“. Meglio fare così, altrimenti finirei per crederci e per montarmi la testa” (a Mario Calabresi nel 2010) [La Stampa 19/2/2015].
“Quello che amo di più? Certo la Nutella, ma il Mon Chéri è il prodotto degli inizi, quello che mi emoziona ricordare. Era l’inizio degli Anni Cinquanta e andammo in Germania, perché avevo pensato che il mercato del cioccolato dovesse guardare a Nord, dove lo consumano tutto l’anno. Quando siamo arrivati era il dopoguerra, un Paese ancora pieno di macerie con i segni del conflitto, triste, depresso, in cui gli italiani erano visti malissimo. Ci consideravano traditori, malfattori e infidi, convincerli a comprare qualcosa da noi era una missione quasi impossibile. Cominciai ad andare dai distributori con l’idea di vendere cioccolatini in pezzo singolo, con dentro il liquore e la ciliegia. Mi dicevano che bisognava fare delle scatole, non degli incarti singoli, perché solo quelle si potevano mettere sugli scaffali dei negozi e quelle si vendevano. Io rispondevo che stavano mesi sugli scaffali e le persone le compravano solo per le grandi occasioni, per fare regali. Io invece pensavo a qualcosa che risollevasse il morale, che addolcisse ogni giorno la vita dei tedeschi; c’era il cioccolato, la ciliegia e c’era il liquore che scaldava in quell’epoca fredda e con scarsi riscaldamenti. Qualcosa che avesse una carta invogliante, elegante, lussuosa, di un rosso fiammante, che desse l’idea di una piccola festa ad un prezzo accessibile a tutti. Insistetti finché non trovai un uomo intelligente che si fece conquistare dalla mia idea. La Valeria tedesca aveva bisogno di essere confortata, di sentirsi bene ogni giorno, di potersi fare un piccolo regalo: poteva funzionare tra fidanzati, tra marito e moglie e non c’era bisogno di aspettare feste o ricorrenze. Poi un impegno faci mettere enormi cartelloni pubblicitari in ogni grande stazione della Germania, con un immenso mazzo di fiori che non sfioriva mai. Per Natale mi misi d’accordo con la Fiat e al centro delle dieci maggiori stazioni piazzai in bella mostra una topolino rossa che avrebbe premiato i vincitori di un concorso legato al Mon Chéri. Fu un successo travolgente e l’anno dopo facemmo le cose ancora più in grande e mettemmo in palio dei diamanti” (Michele Ferrero a Mario Calabresi nel 2010) [La Stampa 19/2/2015].
“Pensi che ancora oggi noi ritiriamo tutto il nostro prodotto di cioccolato all’inizio dell’estate, per evitare che si sciolga, per evitare che la Valeria resti delusa e trovi qualcosa che non è all’altezza. Per evitare che ci associ con qualcosa di sciolto, di rovinato, con qualcosa che non vale la pena comprare. Per questo il trimestre estivo è il nostro periodo peggiore e per questo la missione che tanti anni fa ho dato ai miei figli è quella di colmare il vallo estivo, di inventare prodotti che diano alla nostra produzione e al nostro fatturato un’uniformità tutto l’anno” (a Mario Calabresi nel 2010).
Michele governò l’improvvisa fortuna e fece fabbriche nei quattro continenti, ma un pensiero speciale lo ebbe sempre per il posto dov’era nato. Conosceva le facce, le fatiche, i dolori della sua gente. Sapeva anche che, per un contadino che aveva fatto sempre il contadino andare in fabbrica per bisogno era una resa.
E allora, senza fare teorie sul rapporto industria-territorio, senza impancarsi a costruttore di nuovi modelli sociali, semplicemente capì che bisognava andargli incontro e lasciarli stare dov’erano, nei loro paesi. Lui li avrebbe mandati a prendere ogni giorno con la corriera, all’orario dei turni e li avrebbe riportati a casa (Sergio Soave).
Molto amato dai dipendenti e in genere dagli albesi, amava distribuire le gratifiche di persona, talora infilate nel taschino (Aldo Cazzullo).
Ragioniere, rifiutava le lauree honoris causa, rispondendo che “basta il buon senso“. In privato era anche più severo: “Mi raccomando pochi laureati”; “pì a studiu, pì ven stupid” Leggendaria la sua capacità di lavoro: il giorno preferito per le riunioni è sempre stato la domenica. Un’altra frase ricorrente era “vag ‘n chimica“, vado nei laboratori, dove faceva notte in camice bianco con i collaboratori più stretti ad assaggiare cioccolato e a provare decine di varianti.
Seguiva di persona ogni cambiamento nella formula della Nutella, più riservata del Sacro Graal, e la ricerca dei nuovi prodotti, dai Rocher al Grand Soleil. “Ricordatevi: ca piasa a madama Valeria“, che piaccia alla signora Valeria, simbolo della casalinga media. Alla fine affidava ai suoi uomini un pacchettino con le diverse varianti: “Ca lu lasa tasté a sua fumna” (lo faccia assaggiare a sua moglie); il verdetto della signora sarebbe stato decisivo [Aldo Cazzullo, .
“Il mio segreto? Fare sempre diverso dagli altri, avere fede, tenere duro e mettere ogni giorno al centro la Valeria. La Valeria è la mamma che fa la spesa, la nonna, la zia, è il consumatore che decide cosa si compra ogni giorno. E’ lei che decide che Wal-Mart sia il più grande supermercato del mondo, che decreta il successo di un’idea e di un prodotto e se un giorno cambia idea e non viene più da te e non ti compra più, allora sei rovinato. Sei finito senza preavviso, perché non ti manda una lettera dell’avvocato per avvisare che taglia il contratto, semplicemente ha deciso di andare da un’altra parte, di non comprarti più” (Michele Ferrero a Mario Calabresi nel 2010).
I Ferrero, di Alba, la famiglia più ricca d’Italia, da Michele alla vedova Maria Franca Fissolo ed il figlio Giovanni. Fissolo è anche la quinta donna più ricca al mondo, davanti alla vedova di Steve Jobs, Lauren Powell Jobs. In Italia seguono Del Vecchio di Luxotica con 21 miliardi e Silvio Berlusconi che arretra al 179 esimo posto (nel pianeta) con 7, 4 miliardi.
Gilberto Costanza
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